Impatti evidenti della siccità sulla produzione agricola globale

Variazioni dei calendari di coltivazione, migrazione di colture, impiego di nuove varietà ei sistemi d’irrigazione

[15 Luglio 2022]

Lo studio “Complex drought patterns robustly explain global yield loss for major crops”, pubblicato su Scientific Reports da  Monia Santini,  Sergio Noce, Marta Antonelli e Luca Caporaso  della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) «Fornisce una valutazione più completa ed esauriente su come la siccità, con la sua struttura complessa – data dalla combinazione di diverse sue proprietà – sia correlata in maniera robusta agli impatti negativi sulle rese agricole, su scala globale».

I ricercatori hanno analizzato l’intensità e la frequenza delle anomalie climatiche e delle rese agricole per il periodo 1981-2016, considerando diverse scale temporali, per esempio condizioni di siccità che si verificano con diverse durate o in momenti diversi nel corso dell’intera stagione di coltivazione, e attraverso l’uso di due indicatori standardizzati che hanno permesso di confrontare fra loro colture, Paesi e anni.

La Fondazione CMCC ricorda che «Mais, riso, soia, grano rappresentano una quota importante della produzione agricola mondiale, e sono fondamentali nel dibattito sulla sicurezza e sostenibilità di cibo, terra, acqua ed energia. Queste colture, fra le più importanti su scala globale, sono al centro di un acceso dibattito legato ai loro usi: importanti fonti di cibo per la popolazione umana, sono anche utilizzate per produrre mangimi per gli animali d’allevamento. Tale competizione ha alimentato la discussione sulla loro impronta ambientale, legata allo sfruttamento di terra e acqua, alle emissioni di gas serra prodotte per la loro coltivazione, e sulle sinergie tra diete sostenibili e sane.Le stesse colture rappresentano inoltre fonti di energia da biomassa per la produzione di biocarburanti (biodiesel: mais, riso, grano; bioetanolo: soia), fattori cruciali per gli obiettivi di mitigazione definiti dall’Accordo di Parigi, una produzione che attualmente rappresenta il 13% delle terre coltivate globali e che va a impattare sulle aree che potrebbero essere destinate alla produzione agricola per sfamare la popolazione. Mentre esistono molte evidenze sugli effetti della variabilità climatica sulla produzione di queste colture, finora le diverse proprietà in grado di caratterizzare un fenomeno complesso come quello della siccità – durata, frequenza, intensità (magnitudo) e distribuzione nel tempo (timing) – sono state prese in considerazione quasi sempre separatamente, spesso per un periodo limitato lungo la stagione di coltivazione, o per aree geografiche specifiche e circoscritte».

La Santini, direttrice della Divisione scientifica Impacts on Agriculture, Forests and Ecosystem Services (IAFES –  CMCC), spiega che «Con il nostro studio, siamo andati a vedere con dei test statistici se si potevano identificare delle corrispondenze ricorrenti tra episodi di siccità e perdite di resa. Per prima cosa abbiamo condotto un’analisi basata sulla classificazione di anomalie – sia positive che negative rispetto alla media di lungo periodo – nella resa e nella disponibilità di acqua nel suolo in seguito al regime pluviometrico. Nella seconda parte dello studio siamo quindi andati a vedere se c’erano delle relazioni tra i gradi di siccità e di perdita di resa (da moderato, a elevato, fino a estremo)».

I risultati dello studio dimostrano la forte dipendenza di alcune di queste colture dal fenomeno della siccità quando esaminata secondo diversi aspetti: «Il grano (sia invernale che primaverile), la soia e la stagione principale di coltivazione del mais rivelano una più alta suscettibilità delle rese per condizioni di siccità più articolate di quelle precedentemente valutate in letteratura. La seconda stagione del mais e il riso presentano risultati più incerti. Nel caso del riso, come anche altri lavori scientifici confermano, la variabile chiave sembra essere rappresentata dalla temperatura: le precipitazioni hanno un peso minore per una coltura fortemente irrigata come il riso, il cui soddisfacimento della richiesta idrica non dipende pertanto direttamente dalla pioggia, ma soprattutto dall’irrigazione e quindi dalla disponibilità di risorsa dai corpi idrici. Ricordiamo infatti che lo studio si è basato esclusivamente sui dati climatici vista la scarsa disponibilità di informazioni sulle effettive applicazioni irrigue a scala globale».

Dallo studio viene fuori che «Nel complesso, Europa meridionale e orientale, Americhe e Africa sub-Sahariana presentano una suscettibilità elevata per più colture, con Europa orientale, Medio Oriente e Asia Centrale che si rivelano regioni critiche per le colture risultate più vulnerabili, in particolare per il grano. Infine, i risultati mettono in evidenza come ci sia elevata significatività che le perdite di resa per grano e soia peggiorino quando si passa da siccità moderate a estreme, relazione non sempre scontata e quantificata».

La Santini evidenzia che «Quello che abbiamo realizzato è un’analisi esclusivamente statistica, senza voler stabilire una relazione tra rese, siccità e altri parametri climatici, senza cioè voler arrivare alla messa a punto di un nuovo modello. Con il nostro studio abbiamo cercato invece di fornire una visione più ampia, generale e onnicomprensiva del problema della siccità, integrando e completando le già ampie conoscenze presenti in letteratura a livello di corrispondenze tra scarsità idrica e perdite di resa, limitandoci non soltanto a un periodo della stagione di crescita, o ad analizzare una sola proprietà della siccità, ma andando a considerare tutti i suoi aspetti – i suoi quattro attributi -, per guardare il fenomeno in tutta la sua complessità. Per far questo ci siamo avvalsi di alcuni indicatori standardizzati, che ci hanno permesso di confrontare fra loro colture, anni, Paesi: ci interessava una visione globale e più robusta sul problema per portare un po’ più avanti le attuali conoscenze».

Studi sul passato come quello della Fondazione CMCC, potrebbero essere molto importanti  per fare anche valutazioni sul futuro, sulla base delle variazioni attese per i quattro attributi della siccità, anticipando e prevenendo i maggiori impatti dei cambiamenti climatici.

La Santini conclude: «Nel complesso, la nostra analisi generale potrebbe fornire informazioni cruciali sugli impatti della siccità sulla produzione agricola mondiale per alcune colture chiave, alla base di sicurezza alimentare ed energetica globali. Il riconoscimento del carattere complesso della siccità associato alle perdite di rese agricole globali, potrebbe favorire lo sviluppo di sistemi di allerta precoce e di supporto alle decisioni più completi, sulla base di previsioni climatiche di breve termine, e di proiezioni climatiche di lungo termine, per esempio per identificare la probabilità di rese più basse sulla base dei futuri andamenti della siccità in tutti i suoi aspetti. L’approccio utilizzato in questo studio può inoltre contribuire a supportare lo sviluppo dell’agricoltura e le sue relative tecniche di gestione, nel contesto di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, come variazioni dei calendari di coltivazione, o attuazioni di altre misure come la migrazione delle colture, l’impiego di nuove varietà, l’utilizzo ulteriore di sistemi d’irrigazione».