Il Sahel è un microcosmo dei rischi globali: in soli 5000 Km si concentrano cambiamenti climatici, guerre e Covid-19

Azione contro la fame: conseguenze nefaste per popolazioni già affamate

[22 Ottobre 2020]

Il 20 ottobre, il segretario generale dell’Onu António Guterres, intervenendo alla conferenza di alto livello sulla crisi in corso nel Sahel, ha detto che «Il mondo deve agire ora per invertire la situazione nella regione centrale del Sahel, in Africa, dove i bisogni umanitari sono a un punto di rottura».

Secondo le Agenzie Onu «I bisogni nella regione di confine tra Mali, Burkina Faso e Niger hanno raggiunto livelli record a causa dell’aumento della violenza, dell’insicurezza e ora della pandemia Covid-19, creando una delle crisi umanitarie in più rapida crescita al mondo» e per questo chiedono 2,4 miliardi di dollari per fornire assistenza nel 2021.

Guterres ha sottolineato che «Dobbiamo invertire questa spirale discendente con una rinnovata spinta per la pace e la riconciliazione.  E dobbiamo fare spazio per l’assistenza umanitaria vitale e gli investimenti nello sviluppo e nelle persone».

Un allarme condiviso dall’ONG Azione contro la fame: «In questo vasto territorio situato nell’Africa sub-sahariana, dopo la cosiddetta “stagione della fame” – che ha generato elevati livelli di scarsità nel periodo compreso tra giugno e settembre – prende sempre più forma, con dati preoccupanti, la piaga dell’insicurezza alimentare».

Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame, spiega che «Tra siccità, desertificazione, conflitti e, ora, Covid-19 temiamo non solo un collasso delle strutture sanitarie ma anche conseguenze nefaste sui già allarmanti livelli di malnutrizione»,  Per questo l’organizzazione chiede alla comunità internazionale di non abbassare la guardia sulla regione.

Il Sahel centrale è una delle regioni più povere del mondo e la situazione umanitaria è notevolmente peggiorata negli ultimi due anni. Secondo fonti Onu, la violenza tra gruppi armati, la povertà diffusa e gli impatti del cambiamento climatico hanno portato 13,4 milioni di persone, metà delle quali bambini, a non poter sopravvivere senza assistenza e circa 7,4 milioni di persone stanno ora affrontando una fame acuta, mentre quasi 1,6 milioni sono  sfollati, soprattutto bambini (65%),donne e ragazze, e il  75% di loro non ha un riparo e ha un accesso molto  limitato ai servizi sanitari: attualmente sono chiuse 133 strutture e 156 operano al minimo..

Azione contro la fame ricorda che «In questa fascia di terra lunga oltre cinquemila chilometri, del resto, la siccità ha già messo a dura prova le sorti di popolazioni che dipendono, per lo più, dall’agricoltura e dall’allevamento. Le riserve alimentari, così, non sono mai sufficienti a soddisfare i bisogni e l’inevitabile contrazione dell’offerta genera un significativo aumento dei prezzi. La mancanza di pascoli adeguati, anch’essi colpiti dalla siccità, rende, inoltre, difficile la sopravvivenza del bestiame. Il Covid-19 ha peggiorato la crisi umanitaria e alimentare: i sistemi sanitari, d’altra parte, rischiano di essere ulteriormente “sotto scacco” (0,5 medici ogni 1.000 abitanti nella regione)». Recentemente, il confinamento e altre misure per prevenire la diffusione del Covid-19 hanno spinto altri 6 milioni di persone nella povertà estrema.

Secondo l’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs Onu (Ocha), quest’anno circa 24 milioni di persone (metà delle quali bambini) hanno avuto e hanno bisogno di una qualche forma di assistenza: è il numero più alto mai registrato. Nell’intero Sahel ci sono più di  4,5 milioni di sfollati interni (un milione in più che nel 2019) e quasi 10 milioni di bambin rischiano la malnutrizione acuta. La chiusura delle scuole, a causa della violenza e delle misure di isolamento per il Covid-19, colpisce, di fatto, un’intera generazione.

Garroni evidenzia che «La missione (di Azione contro la fame) sta intervenendo nelle regioni dell’Est, del Centro-Nord e del Nord del Sahel con l’obiettivo di rispondere, in modo adeguato, alle esigenze delle popolazioni più vulnerabili colpite dal conflitto. I nostri team sono impegnati nell’ambito di programmi che forniscono un aiuto rapido, in regime di emergenza, agli sfollati interni e alle famiglie, con particolare riferimento all’acqua, ai servizi igienico-sanitari e all’igiene. Azione contro la Fame, infine, pone una particolare attenzione, come sempre, ai bambini sotto i cinque anni e alle donne in gravidanza o in allattamento che, in questa, situazione sono evidentemente più colpiti dalla deflagrazione, contemporanea, di emergenze».

Guterres ha ammonito: «Il Sahel è un microcosmo di rischi globali a cascata che convergono in un’unica regione. E’ un segnale di allarme per tutti noi che richiede attenzione e una risoluzione urgente».

All’evento di alto livello sul Sahel centrale è stato organizzato da Danimarca, Germania, Unione europea e Onu, Guterres ha rammentato ai partecipanti il ​​suo appello per un cessate il fuoco globale durante la pandemia di Covid-19, definendolo «Cruciale per la popolazione della regione.  Abbiamo anche bisogno di molti più aiuti umanitari. Non sono una soluzione alla violenza, ma salvano vite. Mentre le agenzie delle Nazioni Unite e le agenzie non governative sono sul campo e hanno protetto e salvato milioni di vite, un finanziamento migliore consentirebbe loro di fare di più».

Per quanto riguarda il futuro, difficile da intravedere dal disperato Sahel, il Capo dell’Onu ha detto che «Le soluzioni a lungo termine arriveranno attraverso lo sviluppo sostenibile, il buon governo e le pari opportunità per tutti, in particolare i giovani. Non accadrà dall’oggi al domani, Ma possiamo evitare che la crisi diventi più letale e costosa in futuro. Dobbiamo agire e agire ora».

La tavola rotonda ministeriale umanitaria si è conclusa con 24 governi e donatori istituzionali che hanno promesso oltre 1,7 miliardi di dollari per aumentare gli aiuti umanitari nel Sahel centrale. Il finanziamento sosterrà circa 10 milioni di persone con cibo, servizi sanitari, acqua e igiene, alloggi, istruzione e protezione.

Mark Lowcock, coordinator degli affair umanitari dell’Onu, ha concluso. «C’è un enorme potenziale nel Sahel centrale, ma le persone e il progresso sono frenati da conflitti, cambiamenti climatici, governance debole e disuguaglianza di genere. Possiamo aiutare a cambiare la situazione con un maggiore sostegno internazionale, che sia meglio bilanciato tra sicurezza, soccorso di emergenza e sviluppo a lungo termine. E investire nelle donne e ragazze è la cosa migliore che possiamo fare per andare avanti».