Il riscaldamento globale è già responsabile di una morte su tre legata al caldo

I preoccupanti risultati del più grande studio sui caldo di origine antropica e mortalità mai realizzato finora

[1 Giugno 2021]

Nuove stime suggeriscono le regioni più colpite dell’America centrale e meridionale e del sud-est asiatico

Secondo il nuovo studio “The burden of heat-related mortality attributable to recent human-induced climate change”, «Tra il 1991 e il 2018, più di un terzo di tutti i decessi in cui il caldo ha avuto un ruolo era attribuibile al riscaldamento globale indotto dall’uomo». Lo studio, pubblicato su Nature Climate Change da un team internazionale condotto dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine (LSHTM) e dall’Universität Bern nell’ambito del Multi-Country Multi-City (MCC) Collaborative Research Network, è il più grande del suo genere realizzato finora e ha utilizzato i dati provenienti da 732 località di 43 Paesi di tutto il mondo, dimostrando per la prima volta il reale contributo del cambiamento climatico causato dall’uomo all’aumento dei rischi di mortalità a causa del caldo. Nonostante questo, gli autori riconoscono i limiti dello studio, compresa l’impossibilità di includere località di tutte le regioni del mondo, ad esempio gran parte dell’Africa e dell’Asia meridionale, a causa della mancanza di dati empirici.

Alla LSHTM  spiegano che «Complessivamente, le stime mostrano che il 37% di tutti i decessi legati al caldo nei recenti periodi estivi sono attribuibili al riscaldamento del pianeta dovuto alle attività antropiche. Questa percentuale di decessi legati al caldo  attribuiti al cambiamento climatico indotto dall’uomo è più alta in America centrale e meridionale (fino al 76% in Ecuador o Colombia, per esempio) e nel sud-est asiatico (tra il 48% e il 61%)».

Le stime mostrano anche il numero di morti per i cambiamenti climatici indotti dall’uomo che si sono verificati in alcune città: 172 decessi in più all’anno a Roma (32% del totale dei decessi legati al caldo in città), 136 a Santiago del Cile (44,3%), 189 ad Atene (26,1%),  156 a Tokyo (35,6%), 177 a Madrid (31,9%), 146 a Bangkok (53,4%), 82 a Londra (33,6%), 141 a New York (44,2%) e 137 a Ho Chi Minh City (48,5%).

Gli autori dello studio dicono che «I nostri risultati sono un’ulteriore prova della necessità di adottare forti politiche di mitigazione per ridurre il riscaldamento futuro e implementare interventi per proteggere le popolazioni dalle conseguenze negative dell’esposizione al caldo».

La principale autrice dello studio, Ana M. Vicedo-Cabrera, dell’Institute of Social and Preventive Medicine e dell’Oeschger Center for Climate Change Research dell’università di Berna, ha avvertito che «Ci aspettiamo che la percentuale di morti legate al caldo continui a crescere se non facciamo qualcosa per il cambiamento climatico o non ci adattiamo. Quindi finora, la temperatura globale media è aumentata solo di circa 1°C, che è una frazione di quella che potremmo affrontare se le emissioni continuano a crescere incontrollate».

Il riscaldamento globale sta influenzando la nostra salute in diversi modi, come per gli impatti diretti legati agli incendi e alle condizioni meteorologiche estreme, ai cambiamenti nella diffusione delle malattie trasmesse da vettori. Alla LSHTM sottolineano che «Forse la cosa più sorprendente è l’aumento della mortalità e della morbilità associati al caldo. Gli scenari delle condizioni climatiche future prevedono un aumento sostanziale delle temperature medie, con eventi estremi come le ondate di caldo che portano a futuri aumenti del relativo carico sanitario». Tuttavia, finora non era stata condotta alcuna ricerca su come e quanto questi impatti si siano già verificati negli ultimi decenni.

Il nuovo studio si è concentrato sul riscaldamento globale di origine antropica attraverso uno studio di “rilevazione e attribuzione” che identifica e attribuisce i fenomeni osservati ai cambiamenti climatici e meteorologici. In particolare, il team ha esaminato le condizioni meteorologiche del passato simulandole in scenari con e senza emissioni antropiche. Questo ha consentito ai ricercatori di separare dalle tendenze naturali il riscaldamento e il relativo impatto sulla salute legati alle attività umane. La mortalità correlata al caldo  è stata definita come il numero di decessi attribuiti al caldo, che si verificano a esposizioni superiori alla temperatura ottimale per la salute umana, che varia da località a località.

I ricercatori spiegano ancora che «Sebbene in media oltre un terzo dei decessi legati al caldo sia dovuto al cambiamento climatico indotto dall’uomo, l’impatto varia sostanzialmente da una regione all’altra. Le vittime del caldo legate al clima per città vanno da poche decine a diverse centinaia di morti ogni anno, a seconda dei cambiamenti climatici locali in ciascuna area e della vulnerabilità della sua popolazione. E’ interessante notare che le popolazioni che vivono nei Paesi a basso e medio reddito, responsabili di una parte minore delle emissioni antropiche in passato, sono quelle più colpite».

I ricercatori della LSHTM  ricordano che «Nel Regno Unito, il 35% dei decessi legati al caldo potrebbe essere attribuito al cambiamento climatico indotto dall’uomo, che ogni stagione estiva corrisponde a circa 82 decessi a Londra, 16 decessi a Manchester, 20 a West Midlands o 4 a Bristol e Liverpool».

L’autore senior dello studio, Antonio Gasparrini del Department of public health, environments and society e del Centre on climate change and planetary health della LSHTM, conclude: «Questo è il più grande studio di rilevamento e attribuzione sugli attuali rischi per la salute del cambiamento climatico. Il messaggio è chiaro: il cambiamento climatico non avrà solo impatti devastanti in futuro, ma ogni continente sta già subendo le terribili conseguenze delle attività umane sul nostro pianeta. Dobbiamo agire ora».