Il riscaldamento globale aumenta il rischio di malattie negli animali in tutto il mondo

La maggior delle malattie infettive emergenti ha un'origine selvatica, un motivo in più per attuare strategie di mitigazione per ridurre il cambiamento climatico

[24 Novembre 2020]

Lo studio “Divergent impacts of warming weather on wildlife disease risk across climates”, pubblicato su Science da un team di ricercatori delle università statunitensi della South Florida, del Wisconsin – Madison e di Notre Dame ha confermato che «I cambiamenti climatici possono aumentare il rischio di malattie infettive negli animali, con la possibilità che queste malattie possano diffondersi agli esseri umani».

Lo studio porta numerosi elementi a sostegno di un fenomeno noto come “ipotesi di disallineamento termico”, che ipotizza che il maggior rischio di malattie infettive negli animali adattatisi ai climi freddi  – come gli orsi polari – si verifica con l’aumento della temperatura, mentre il rischio per gli animali che vivono nei climi più caldi si verifica con l’abbassamento delle temperature. L’ipotesi teorizza che gli agenti patogeni prosperino in un range di temperature più ampio rispetto agli organismi più grandi, come gli animali ospiti.

Uno dei co-autori dello studio, Jason Rohr, un biologo che lavora per le università della South Florida e   di Notre Dame, sottolinea che «Capire come la diffusione, la gravità e la distribuzione delle malattie infettive degli animali potrebbero cambiare in futuro ha raggiunto un nuovo livello di importanza in seguito della pandemia globale causata dalla SARS-CoV-2, un agente patogeno che sembra aver avuto origine dalla fauna selvatica. Dato che la maggior parte degli eventi di malattie infettive emergenti ha un’origine selvatica, questo è un motivo in più per attuare strategie di mitigazione per ridurre il cambiamento climatico».

Per realizzare una rappresentazione diversificata degli animali e dei loro agenti patogeni, sia negli ambienti acquatici che terrestri, il team di ricerca ha raccolto in tutto il mondo dati  da oltre 7.000 indagini su diversi sistemi parassiti-ospite negli animali e lo studio ha dimostrato che «Gli agenti patogeni trovati in luoghi caldi hanno prestazioni migliori dei loro animali ospiti durante la stagione fredda, poiché gli animali adattati al caldo reagiscono male. Allo stesso modo, gli agenti patogeni trovati in luoghi freschi prosperano alle temperature calde, mentre gli animali adattati al freddo sono meno tolleranti al caldo».

Per capire in che modo la temperatura influisce sul rischio di malattie degli animali nei diversi climi e come questi modelli variano a seconda delle caratteristiche degli animali e dei patogeni, i ricercatori hanno anche raccolto dati storici puntuali  – per periodo e luogo –  su temperature e precipitazioni e dati climatici a lungo termine. Lo studio ha anche rivelato che «Gli animali a sangue freddo tendevano a fornire un supporto più forte all’ipotesi del disadattamento termico rispetto agli animali a sangue caldo».

Successivamente, per prevedere dove il rischio di malattie infettive degli animali potrebbe avere il maggiore impatto, gli scienziati statunitensi hanno confrontato i loro modelli con le proiezioni del cambiamento climatico globale e da questa analisi emerge che «Il riscaldamento globale probabilmente allontanerà le malattie infettive dall’equatore, con una diminuzione delle malattie infettive degli animali nei tropici di pianura e un aumento negli altipiani dei tropici, nelle regioni temperate e più fredde del pianeta».

Rohr  conclude: «Quando a ciascuna specie patogena è stato assegnato lo stesso peso, gli aumenti previsti di malattie infettive nei luoghi più freddi hanno superato le diminuzioni in luoghi più caldi, suggerendo potenzialmente un aumento netto delle malattie infettive degli animali con il cambiamento climatico. In futuro i ricercatori mirano a valutare se esistono modelli simili per le malattie umane e vegetali, le ultime delle quali potrebbero avere implicazioni per la sicurezza alimentare».