Il dramma del Po: nonostante le piogge resta in secca

ANBI: la critica condizione idrica dell’ex grande fiume si trascina da dicembre 2020. Intanto, al sud si susseguono aventi alluvionali

[26 Gennaio 2023]

Secondo il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, «E’ il Piemonte, il paradigma della preoccupante sofferenza idrica, che permane nell’Italia settentrionale a dispetto di condizioni meteo, che inducono ad una diversa percezione, giustificata invece per l’Italia centro-meridionale. Nella principale regione del Nord Ovest decrescono i livelli di tutti i corsi d’acqua (la Sesia registra un calo del 50% in una settimana), ma è il Po a meglio rappresentare l’immagine di una crisi idrologica, che pare senza fine. L’ex Grande Fiume ha attualmente una portata inferiore a quella dello scorso anno; a Torino, questo deficit si attesta attorno al 50%, ma in altre stazioni di rilevamento supera addirittura l’80%, prolungando tale condizione anche in Lombardia ed Emilia Romagna dove, a Piacenza, registra nuovi minimi storici!»

Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (ANBI) ricorda che «La critica condizione idrica del fiume Po si trascina da Dicembre 2020 e condiziona l’economia agricola, nonchè l’agroalimentare della principale food valley italiana e riconosciuta eccellenza mondiale: la Pianura Padana – E’ necessario un nuovo approccio nell’affrontare una situazione di crisi dall’accelerazione inattesa, che la caratterizza come ormai endemica: bisogna tesaurizzare ogni goccia d’acqua, aumentando la permanenza sul territorio di apporti idrici sempre minori. E’ indispensabile una nuova cultura, che metabolizzi come i cambiamenti climatici stiano determinando la fine dell’abbondanza idrica sul Nord Italia e quindi sia necessario creare le condizioni infrastrutturali per garantire omogenee riserve idriche al Paese, pena l’abbandono di qualsiasi prospettiva di autosufficienza alimentare».

Anche l’Adige ristagna a livelli più bassi del 2022 in Veneto, dove è in calo la portata del Bacchiglione, ma è quella della Livenza a registrare il decremento più vistoso: -86 centimetri in una settimana. In Lombardia, cala l’Adda, il cui livello è il più basso in anni recenti (siccitosissimo 2017 compreso). Secondo ARPA Lombardia, la neve caduta (ora sono calcolati 951,9 milioni di m3 contro una media di Mmc. 1644,7) ha lievemente rimpinguato le riserve idriche, cresciute di quasi il 6% sul 2022, ma inferiori alla media del periodo di ben il 47,2%.

A godere significativamente delle precipitazioni è invece la piccola Valle d’Aosta (mediamente 55 centimetri di neve con punta in Valtournanche, dove ne sono caduti cm. 129), con la Dora Baltea che, secondo i dati del Centro Funzionale Regionale Valle d’Aosta, ha una portata quasi 5 volte superiore alla media storica di gennaio.

In Emilia Romagna, l’area appenninica romagnola è una delle zone maggiormente colpite dall’ondata di gelo e neve, abbattutasi sull’Italia centro-meridionale. Cresce il fiume Reno, così come Savio e Lamone registrano portate sopra la media; i flussi negli alvei di Secchia, Enza e Trebbia segnano invece una netta battuta d’arresto.

E nel nord Italia continuano a soffrire anche i grandi laghi: i loro livelli restano abbondantemente sotto media, anche se il  Verbano ha superato per la prima volta dopo molti mesi lo zero idrometrico. ANBI sottolinea che «I volumi trattenuti dagli altri bacini lacustri continuano a calare con Benaco e Sebino addirittura sotto le quote del 2022 (l’acqua presente nel lago di Garda è addirittura dimezzata rispetto ad un anno fa)!»

Scendendo al centro, in Toscana, nonostante significative piogge (mm.133 a Vagli di Sotto) e nevicate (60 centimetri sull’Abetone) calano sorprendentemente le portate del fiume Arno, ma soprattutto del Serchio, che si riduce di oltre il 60%.

Invece, eExploit pluviometrico (mm.130 a Senigallia) sulle Marche, dove i fiumi si sono gonfiati, facendo temere nuovi eventi alluvionali: vistose e repentine crescite di livello negli alvei di Potenza, Esino e del suo affluente Sentino. In una settimana, i volumi trattenuti nei principali invasi marchigiani sono cresciuti di 7 milioni di metri cubi e nevicate abbondanti hanno interessato tutta la regione (monte Bove, cm. 115).

Anche in Umbria, neve e pioggia hanno fatto alzare i livelli dei fiumi e finalmente anche del lago Trasimeno, che dopo mesi si allontana dal livello di criticità.

Come per la neve in Abruzzo (circa 1 metro su molte località), nel Lazio le piogge hanno rivitalizzato i corpi idrici: in crescita il Tevere, Aniene (+ 40%), Liri e Garigliano, così come il lago di Nemi (+ 10 centimetri).

Mente il nord invoca la pioggia, in Campania è stata una settimana difficile: “bombe d’acqua” con circa 100 millimetri di pioggia in 24 ore hanno provocato alluvioni nel Casertano e nel Beneventano con lo straripamento dei fiumi Calore, Sarno e Volturno, il cui livello è cresciuto di oltre 6 metri in 2 giorni. L’altezza del Garigliano ha toccato  8,58 metri, un  anno fa era a 1,38 metri.

L’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale segnala la repentina crescita dei volumi trattenuti dalle dighe di Basilicata: + 114 milioni di m3 in 7 giorni (fonte, mentre la settimana scorsa c’è stato anche un cospicuo incremento di + 48,39 milioni di m3 nei bacini della Puglia dove i livelli di torrenti come il Carapelle e il Radicosa sono saliti di 1 metro e mezzo in poche decine di minuti.

Il direttore generale di ANBI, Massimo Gargano, conclude: «Il riapparire di eventi alluvionali che, seppur circoscritti, hanno comportato ingenti danni, ripropone l’altra faccia di una difficile gestione idraulica, cui si può dare risposta solo attraverso investimenti multifunzionali, trasformando una minaccia in risorsa  I progetti per invasi, laghetti e bacini di espansione, previsti dai Consorzi di bonifica ed in attesa d finanziamento, rispondono a questa esigenza, contenendo l’acqua in eccesso per utilizzarla nei momenti di bisogno».