Il caso del ciclone Freddy e la climate intelligence al lavoro (VIDEO)

Si potrà predire la nascita di un ciclone in una determinata area?

[24 Aprile 2023]

Freddy è stato il ciclone tropicale più intenso in termini di energia rilasciata e il terzo più mortale mai registrato nell’emisfero australe, con impatti distruttivi in Madagascar, Mozambico, Zimbabwee e soprattutto Malawi

Freddy ha avuto un comportamento piuttosto particolare: si è sviluppato vicino alla costa occidentale dell’Australia all’inizio di febbraio 2023 e poi ha attraversato l’Oceano Indiano meridionale,  raggiungendo la costa orientale dell’Africa in poche settimane. Prima ha colpito il Madagascar, poi è approdato sulla costa del Mozambico.

I ricercatori spiegano che «Solitamente, i cicloni sono alimentati dal calore e dall’energia dell’oceano, quindi perdono intensità quando toccano terra e tendono a dissiparsi. Insolitamente, invece di dissiparsi dopo l’approdo, Freddy è tornato nell’oceano, dove ha guadagnato più energia e ha invertito la sua direzione, colpendo nuovamente la costa del Mozambico e poi del Malawi. Questo comportamento insolito lo ha reso il ciclone tropicale più lungo mai registrato, con una durata di 38 giorni , battendo il record precedente di 30 giorni di oltre una settimana e percorrendo una distanza totale di oltre 8.000 chilometri».

E’ per questo che Freddy è stato iconosciuto come il ciclone tropicale più intenso mai registrato in termini di energia ciclonica accumulata (ACE), una misura che esprime l’energia rilasciata da un ciclone tropicale durante la sua vita e che fornisce una stima sia dell’intensità del ciclone, che è solitamengte la sua velocità massima, sia della sua durata, dando una misura dell’energia dissipata, che è più rappresentativa dell’attività complessiva del ciclone. Secondo la NASA, «Freddy è il ciclone tropicale con la più alta produzione di ACE mai registrato in tutto il mondo».

Ma tutta questa energia lo ha trasformato in una violenta forza distruttiva che lo ha fatto diventare il terzo ciclone tropicale più mortale mai registrato nell’emisfero australe, dopo il ciclone Idai nel 2019 e il ciclone Flores nel 1973. Ha prodotto piogge straordinariamente abbondanti, venti forti e  inondazioni vaste e prolungate, distruzione di case, raccolti e infrastrutture, soprattutto in Mozambico e Malawi.

Il bilancio delle vittime stimato nell’Africa sudorientale è di centinaia, con il Malawi che ha subito più morti. Il ciclone ha ulteriormente compromesso comunità già alle prese con la diffusione del colera e spesso prive di un sistema sanitario adeguato per rispondere alle emergenze.

Il presidente del Malawi Lazarus Chakwera ha detto che «Il bilancio delle vittime del ciclone Freddy è aumentato drasticamente a più di 1.000 persone» e nella regione ci sono ancora centinaia di dispersi e più di mezzo milione di persone sono rimaste senza casa.

Gli scienziati si chiedono se questi eventi estremi seguono un trend generale al  e se siano causati dal cambiamento climatico? La scienza dell’attribuzione, o attribuzione degli eventi estremi, è un campo relativamente recente della scienza climatica che cerca di determinare quantitativamente se un evento meteorologico estremo è stato causato o peggiorato dal cambiamento climatico o è semplicemente dovuto a variazioni naturali.

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) aveva già avvertito da tempo su previsto aumento di precipitazioni intense, inondazioni, velocità media del vento e cicloni tropicali, con precipitazioni associate più forti, nelle aree dell’Africa sud-orientale e del Madagascar. Ma non è sempre facile determinare chiaramente se il cambiamento climatico svolge  un ruolo cruciale nel verificarsi di un evento estremo e nel caso del ciclone Freddy non sono ancora disponibili analisi rigorose.

Foresight, l’osservatorio CMCC per le politiche climatiche e il futuro, spiega che «Esistono principalmente due modi per eseguire un’analisi di attribuzione per un evento come un ciclone tropicale: Il primo è di tipo statistico: analizzando il numero, la frequenza, l’intensità e gli impatti di eventi estremi come Freddy che accadono nel presente, e facendo un confronto con gli stessi parametri di epoca preindustriale, si può dare una stima del possibile influenza dei cambiamenti climatici su questi fenomeni. Un altro modo è analizzare una particolare tempesta attraverso simulazioni di modelli in diverse condizioni tipiche del passato, del presente e del futuro. Questo indicherà in quale scenario climatico una tempesta sarebbe più probabile».

Enrico Scoccimarro della divisione Climate simulations and prediction del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CSP – CMCC ), evidenzia che, «Al CMCC sono stati condotti molti studi per cercare di comprendere gli effetti del cambiamento climatico sui cicloni tropicali. Da un lato è vero che con un clima più caldo abbiamo un’atmosfera più stabile, e quindi ci aspettiamo meno cicloni tropicali. D’altra parte, però, è anche vero che una maggiore disponibilità di energia nell’oceano porta a tempeste più intense. Inoltre, se capita che una tempesta ritorni nell’oceano, ha maggiori probabilità di rafforzarsi nuovamente e colpire di nuovo la terraferma, e questo è proprio quello che è successo di recente con Freddy».

Un fattore cruciale per la creazione della tempesta perfetta è la stratificazione dell’oceano. I cicloni tropicali sono caratterizzati da un meccanismo di feedback negativo che tende a rallentare e talvolta a dissipare le tempeste. A Foresight  ricordano che «I cicloni assorbono il calore dall’acqua mentre attraversano l’oceano e ne ricavano energia, rendendola più fresca. Oltre alla risalita indotta, in cui gli strati più freddi dal fondo dell’oceano viaggiano verso l’alto, ha luogo anche un processo di mescolamento turbolento degli strati d’acqua. Con meno calore disponibile in superficie, i cicloni più lenti tendono a perdere la loro forza e lentamente svaniscono, mentre le tempeste più veloci e violente tendono a procedere quasi indisturbate».

Scoccimarro fa notare che «Il punto è che questo feedback negativo è più o meno efficiente a seconda della velocità della tempesta e del livello di stratificazione degli oceani. La stratificazione non è la stessa negli scenari climatici passati o futuri, e varia anche nelle diverse aree del mondo. In media, in un clima più caldo, è più probabile che si verifichino tempeste più intense. In un clima cambiato, probabilmente avremo meno tempeste, ma probabilmente saranno molto più intense».

Gli eventi estremi includono non solo i cicloni tropicali, ma anche ondate di calore o inondazioni e il Il progetto CLimate INTelligence (CLINT) – che si concentra sull’Africa sudorientale per l’analisi delle precipitazioni estreme associate ai cicloni – punta a migliorare i metodi di rilevamento e la loro causalità e attribuzione attraverso tecniche di Machine Learninge. Scoccimarro aggiunge: «Stiamo cercando di sviluppare strumenti migliorati per quantificare meglio la quantità di precipitazioni nell’area, in questo caso associata al ciclone Freddy. Questo potrebbe anche essere utile per caratterizzare eventi di inondazioni e siccità sul dominio del fiume Zambesi, che è molto vicino alle aree colpite».

Predire la nascita di un ciclone come Freddy non è semplice, ma ci sono parametri e modelli che possono essere utilizzati per determinare se le condizioni fisiche di un’area in un certo periodo di tempo sono favorevoli. I Genesis potential indexes (GPI) sono formulazioni empiriche che danno una stima del verificarsi di un ciclone tropicale in una cella di 5 gradi di longitudine per 5 gradi di latitudine. Scoccimarro conclude: «Nell’ambito del progetto CLINT, stiamo utilizzando Machine Learning per migliorare questo indice empirico. Cioè, stiamo lavorando per migliorare la correlazione di questo indice e l’effettivo verificarsi di un ciclone in una determinata area, che è fondamentale per consentire una risposta e una preparazione ottimali ai disastri».

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