Save the Children: «Il futuro dei bambini non può che peggiorare se non agiamo ora!»

Il cambiamento climatico non fa bene ai bambini: saranno colpiti in modo sproporzionato dagli estremi climatici

Studio internazionale: il cambiamento climatico sta già influenzando in modo sproporzionato i bambini

[27 Settembre 2021]

Lo studio “Intergenerational inequities in exposure to climate extremes”, pubblicato su Science da un team internazionale guidato dal climatologo Wim Thiery della Vrije Universiteit Brussel (VUB) dimostra che «I bambini dovranno affrontare aumenti sproporzionati nell’esposizione a eventi estremi nel corso della loro vita, specialmente nei paesi a basso reddito. Con l’attuale politica climatica, i neonati in tutto il mondo dovranno affrontare in media ondate di caldo 7 volte più torride durante la loro vita rispetto ai loro nonni. Inoltre, vivranno in media 2,6 volte più siccità, 2,8 volte il numero di inondazioni fluviali, quasi il triplo delle perdite dei raccolti e il doppio degli incendi rispetto alle persone nate 60 anni fa».

Lo studio è accompagnato dal rapporto “Born in the Climate crisis” di Save the Children che evidenzia a sua volta che «La crisi climatica sta fondamentalmente e irreparabilmente rimodellando il nostro mondo, con gravi conseguenze sui diritti delle generazioni attuali e future. I dati mostrano che sono i bambini e le bambine di molti dei Paesi a basso e medio reddito coloro che continueranno a sostenere il peso del cambiamento climatico. Sarà ancor più grave per i bambini e le bambine che sono già esposti a rischi multipli, come i conflitti e la pandemia da Covid-19, coloro che subiscono disuguaglianze e discriminazioni sulla base di genere, disabilità o altri fattori spesso intersecati. Il futuro dei bambini che già soffrono gli effetti del cambiamento climatico non può che peggiorare se non agiamo ora!»

Thiery  sottolinea che «I nostri risultati evidenziano una grave minaccia per la sicurezza delle giovani generazioni e richiedono drastiche riduzioni delle emissioni per salvaguardare il loro futuro».

Il movimento Fridays for Future, guidato dai giovani di tutto il mondo, ha certamente aumentato drasticamente la consapevolezza sull’importanza della mitigazione del cambiamento climatico per le generazioni future. Oltre agli scioperi delle scuole e alle marce di protesta come quelle di venerdì scorso, ora i giovani stanno anche facendo causa ai loro governi per aver violato i loro diritti fondamentali nell’ambito del United Nations Committee on the Rights of the Child.

Alla VUB fanno notare che «Scientificamente, gli aspetti del cambiamento climatico come la siccità o le ondate di caldo  sono spesso studiati confrontando diverse finestre temporali o livelli discreti di riscaldamento. Tuttavia, questo paradigma dominante nella ricerca sul clima e sull’impatto finora non ha quantificato in che modo le generazioni più giovani subiranno un diverso onere del cambiamento climatico. La ricerca attuale non comprende quindi a sufficienza come il carico del cambiamento climatico differisca tra generazioni e paesi».

Gettando un ponte tra la scienza climatica e la demografia, il team di ricerca internazionale ha quantificato per la prima volta l’esposizione a siccità, ondate di calore, raccolti falliti, inondazioni fluviali, cicloni tropicali e incendi nel corso della vita di un giovane di oggi e ha così calcolato l’esposizione nel corso della vita per ogni generazione nata tra il 1960 e il 2020, e questo per ogni Paese del mondo e per ogni scenario di riscaldamento globale tra 1° C e 3,5° C rispetto alle temperature preindustriali. LO studio ha prodotto una raccolta senza precedenti di simulazioni di impatto del cambiamento climatico e le ha combinate con le future traiettorie della temperatura globale e le informazioni demografiche sull’aspettativa di vita, la densità della popolazione e le dimensioni della coorte e i ricercatori olandesi evidenziano che «I risultati mostrano che per un percorso di riscaldamento globale di 3° C, un bambino di 6 anni nel 2020 sperimenterà il doppio di incendi e cicloni tropicali, 3 volte più inondazioni fluviali, 4 volte più raccolti falliti, 5 volte più siccità e 36 volte più ondate di caldo rispetto a una persona di riferimento che viveva in condizioni climatiche preindustriali. In uno scenario di riscaldamento di 3,5° C, i bambini nati nel 2020 sperimenteranno addirittura 44 volte più ondate di caldo. A temperature superiori a 1,5° C, l’esposizione permanente a ondate di calore, raccolti insufficienti, siccità e inondazioni dei fiumi per le persone nate dopo il 1980 non ha eguali alle condizioni climatiche preindustriali».

Thiery  aggiunge che «Questo significa sostanzialmente che le persone di età inferiore ai 40 anni di oggi vivranno una vita senza precedenti anche negli scenari di mitigazione dei cambiamenti climatici più rigorosi».

Dietro queste cifre  globali si nascondono importanti variazioni regionali: nei Paesi a basso reddito, le giovani generazioni dovranno affrontare gli aumenti di gran lunga più forti con un aumento di oltre 5 volte dell’esposizione complessiva a eventi estremi nel corso della vita. Mentre 53 milioni di bambini nati in Europa e in Asia centrale dal 2016 sperimenteranno circa 4 volte più eventi, 172 milioni di bambini della stessa età nell’Africa sub-sahariana affronteranno un aumento di quasi 6 volte nell’esposizione a eventi estremi nel corso della loro vita, e persino 50 volte più ondate di caldo.

Thiery  spiega ancora:  «La rapida crescita combinata della popolazione e dell’esposizione a eventi estremi nel corso della vita evidenzia un onere sproporzionato del cambiamento climatico per le giovani generazioni nel Sud del mondo. E abbiamo anche forti ragioni per pensare che i nostri calcoli sottovalutino gli effettivi aumenti che dovranno affrontare i giovani».

Con l’Unfccc Youth Summit in programma dal 28 al 30 settembre a Milano e con la COP26 in programma a Glasgow alla fine di ottobre, i negoziati internazionali sul prenderanno forse il necessario slancio e uno degli autori del nuovo Joeri Rogelj, dell’Imperial College London, sottolinea che «Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C invece di seguire gli attuali impegni politici riduce sostanzialmente l’onere intergenerazionale per ondate di calore estreme, incendi, raccolti falliti, siccità, cicloni tropicali e inondazioni fluviali. I risultati dello studio pubblicato su Science e il rapporto di accompagnamento curato dall’ONG Save The Children evidenziano quindi la massima necessità di aumentare le ambizioni e intraprendere un’azione immediata».

Thiery conclude: «I nostri risultati sottolineano l’assoluta importanza dell’Accordo di Parigi per proteggere le giovani generazioni in tutto il mondo. Se riusciremo a ridurre drasticamente le nostre emissioni nei prossimi anni, potremo ancora evitare le peggiori conseguenze per i bambini di tutto il mondo. Allo stesso tempo, emerge un messaggio che fa riflettere i giovani nei Paesi a basso reddito, dove vengono proiettati in modo robusto eventi estremi incredibilmente impegnativi, anche sotto i più rigorosi scenari futuri dell’azione climatica».