Il caldo record e prolungato in Siberia è dovuto al cambiamento climatico

I cambiamenti climatici hanno aumentato di almeno 600 volte le possibilità di ondate di caldo prolungate

[16 Luglio 2020]

Secondo lo studio “Prolonged Siberian heat of 2020” pubblicato su World weather attibution da un team internazionale di ricercatori guidato dal Met Office britannico, «Il recente prolungato caldo in Siberia da gennaio a giugno 2020 sarebbe stato quasi impossibile senza l’influenza del cambiamento climatico causato dall’uomo»,

La rapid attribution realizzata da eminenti scienziati climatici britannici, francesi, tedeschi, olandesi, russi e svizzeri ha anche scoperto che le temperature in Siberia sono state di oltre 2° C più alte di quanto sarebbero state se gli esseri umani non avessero influenzato il clima rilasciando emissioni di gas serra.

Al Met Office ricordano che «Le temperature in Siberia sono state ben al di sopra della media dall’inizio dell’anno. Una nuova temperatura record per l’Artico, 38° C, è stata registrata nella città russa di Verkhoyansk il 20 giugno, mentre le temperature complessive della Siberia sono state superiori di oltre 5° C rispetto alla media da gennaio a giugno».

Per misurare l’effetto del cambiamento climatico su queste temperature record, gli scienziati hanno utilizzato una grande quantità di simulazioni al computer per confrontare il clima odierno, con circa 1° C di riscaldamento globale, con il clima come sarebbe stato senza l’nfluenza antropica, utilizzando gli stessi metodi rapidi e per gli studi peer-reviewed del passato.

La  nuova analisi ha dimostrato che «Senza un cambiamento climatico indotto dall’uomo, Un caldo prolungato come quello che la Siberia ha sperimentato da gennaio a giugno di quest’anno, sarebbe avvenuto solo meno di una volta ogni 80.000 anni , rendendolo quasi impossibile in un clima che non fosse era stato riscaldato dalle emissioni di gas serra. I cambiamenti climatici hanno aumentato di almeno 600 volte le possibilità di caldo prolungato».

Gli scienziati hanno fatto notare che anche con il clima attuale un caldo così prolungato è improbabile: «Si possono prevedere condizioni così estreme meno di una volta ogni 130 anni. Ma senza rapidi tagli delle emissioni di gas serra, rischiano di diventare frequenti entro la fine del secolo».

Il caldo estremo in Siberia ha provocato incendi diffusi e giganteschi, con 1,15 milioni di ettari bruciati alla fine di giugno, che hanno emesso circa 56 milioni di tonnellate di CO2, più delle emissioni annuali di alcuni Paesi industrializzati come la Svizzera e la Norvegia, e ha anche accelerato lo scioglimento del permafrost  e a maggio è crollato un serbatoio di gasolio costruito sul terreno ghiacciato, causando uno dei peggiori disastri petroliferi mai avvenuti nella regione. Gli scienziati avvertono che «I gas serra rilasciati dagli incendi e dallo scioglimento del permafrost – nonché le diminuzioni della riflettività del pianeta a causa della perdita di neve e ghiaccio – riscalderanno ulteriormente il pianeta».

Come se non bastasse, in Siberia l’ondata prolungata di caldo e collegata anche all’enorme aumento di una specie di falene che le cui larve mangiano le conifere.

Il principale autore dello studio, Andrew Ciavarella, Senior Detection and Attribution scientist al Met Office, sottolinea che «I risultati di questa ricerca rapida – che i cambiamenti climatici hanno aumentato di almeno 600 volte le probabilità di un caldo prolungato in Siberia – sono davvero sbalorditivi. Questa ricerca è un’ulteriore prova delle temperature estreme che possiamo aspettarci di vedere più frequentemente in tutto il mondo in un clima globale in fase di riscaldamento. E’ importante sottolineare che una frequenza crescente di questi eventi di caldo estremo può essere moderata riducendo le emissioni di gas serra».

Secondo Olga Zolina, del PPShirshov Institute of Oceanology di Mosca e del CNRS Institut des Géosciences de l’Environnement e una delle principali autrici del rapporto IPCC AR6, «Questo studio dimostra che non solo l’entità delle temperature è stata estremamente rara ma anche il tempo modelli che la hanno causata. Stiamo continuando a studiare come gli incendi che hanno bruciato molte migliaia di ettari potrebbero anche influenzare il clima mentre le fiamme eruttab vano fumo  cenere nell’atmosfera».

Friederike Otto, direttore ad interim dell’Environmental Change Institute di Oxford, e co-responsabile dell’iniziativa World Weather Attribution, aggiunge che «Questo studio dimostra ancora una volta quanto il cambiamento climatico sia un game changer climate change rispetto alle ondate di caldo. Dato che le ondate di caldo  sono di gran lunga gli eventi meteorologici estremi più mortali nella maggior parte del mondo, devono essere prese molto sul serio. Dato che le emissioni continuano ad aumentare, dobbiamo pensare a costruire la resilienza al caldo estremo in tutto il mondo, anche nelle comunità artiche, cosa che sarebbe sembrato assurda non molto tempo fa».

Sonia Seneviratne del Dipartimento di Scienze dei sistemi ambientali dell’ETH di Zurigo (D-USYS) e principale autrice di numerosi rapporti dell’IPCC, conclude: «Questi risultati mostrano che stiamo iniziando a sperimentare eventi estremi che non avrebbero avuto quasi nessuna possibilità di accadere senza l’impronta umana sul sistema climatico. Ci resta poco tempo per stabilizzare il riscaldamento globale a livelli ai quali i cambiamenti climatici rimarrebbero nell’ambito dell’Accordo di Parigi. Per una stabilizzazione a 1,5° C del riscaldamento globale, che implicherebbe ancora più rischi di tali eventi estremi di caldo, dobbiamo ridurre le nostre emissioni di CO2 di almeno la metà entro il 2030».

Hanno collaborato allo studio anche Daniel Cotterill e Peter Stott del UK Met Office; Sarah Kew, Sjoukje Philip, Geert Jan van Oldenborgh del KNMI; Amalie Skålevåg, Philip Lorenz del DWD; Yoann Robin di Météo France;  Mathias Hauser, e Flavio Lehner dell’ETH Zurigo