II circolo vizioso del bestiame: il cambiamento climatico fa aumentare i parassiti e gli animali malati emettono più metano

Entro il 2050 le emissioni di mucche, pecore e capre potrebbero aumentare dell’82%

[19 Ottobre 2020]

Secondo lo studio “Infectious Diseases, Livestock, and Climate: A Vicious Cycle?”, pubblicato su Trends in Ecology and Evolution da un team di ricercatori statunitensi e canadesi, «Il cambiamento climatico sta influenzando la diffusione e la gravità delle malattie infettive in tutto il mondo e le malattie infettive potrebbero a loro volta contribuire al cambiamento climatico».

I ricercatori guidati da Vanessa Ezenwa dell’Odum school of ecology and department of iInfectious diseases del College of veterinary medicine dell’università della Georgia – Athens e finanziati dal Living Earth Collaborative della Washington University – St. Louis , descrivono come i parassiti possono indurre gli animali a produrre più metano, un gas serra con un effetto sul riscaldamento globale 28-36 volte più potente di quello dell’anidride carbonica. Negli ultimi 10 anni, le concentrazioni atmosferiche di metano sono aumentate rapidamente, con circa la metà dell’aumento che viene attribuito alle emissioni del bestiame.

La Ezenwa spiega che «Ci sono prove che i cambiamenti climatici, e in particolare il riscaldamento delle temperature, stanno influenzando alcune malattie infettive e aumentando la loro prevalenza. Se questo sta accadendo per le malattie del bestiame e, contemporaneamente, una maggiore prevalenza sta innescando un aumento del rilascio di metano, alla fine potremmo avere quello che chiamiamo un circolo vizioso».

Il team di ecologi, veterinari ed esperti di One Health hanno formato un gruppo di lavoro guidato da Amanda Koltz, una biologa della Washington University –  St. Louis, per studiare gli effetti dei parassiti sugli ecosistemi, compresi i loro impatti sul clima.

La Koltz ricorda che «Le malattie infettive hanno un impatto su tutti gli animali, ma la nostra comprensione di come i loro effetti si estendono all’ecosistema più ampio è ancora limitata. Ad esempio, le interazioni parassita-ospite possono modellare la fisiologia, il comportamento e le dinamiche della popolazione dell’ospite. E’ probabile che alcuni di questi impatti abbiano effetti a cascata diffusi sui processi a livello di ecosistema».

Lo studio si è concentrata sul bestiame ruminante – mucche, pecore e capre -, animali sono noti per essere i principali contributori alle emissioni globali di metano, che ospitano anche molti parassiti e agenti patogeni e che rappresentano una parte importante dell’approvvigionamento alimentare globale.

I ricercatori hanno esaminato i dati degli studi sugli ovini che hanno dimostrato che «Gli animali infettati da vermi intestinali producevano fino al 33% in più di metano per chilogrammo di mangime rispetto agli animali non infetti. Il metano viene rilasciato attraverso le normali funzioni corporee dei ruminanti. L’infezione fa anche sì che le pecore crescano più lentamente, aumentando il tempo per arrivare alla loro macellazione e quindi aumentando il metano totale emesso dagli animali infetti».

I ricercatori hanno anche esaminato gli studi sui bovini da latte affetti da mastite, una malattia comune causata da infezioni batteriche, e ne è venuto fuori che «Le vacche con mastite rilasciano fino all’8% in più di metano per chilogrammo di latte prodotto rispetto alle vacche non infette».

Secondo gli autori dello studio, i loro calcoli portano a dire che «Le malattie infettive nel bestiame ruminante potrebbero portare a un aumento considerevole del metano rilasciato nell’atmosfera».

Per esempio, la Fao prevede che dal 2017 al 2050 la produzione mondiale di bestiame aumenterà del 2,7% all’anno e che nello stesso periodo le emissioni di metano aumenteranno di oltre il 20%. Ma dallo studio emerge che quando in questi calcoli si tiene conto degli effetti delle infezioni da vermi parassiti, entro il 2050  le emissioni di metano dal bestiame potrebbero invece aumentare fino all’82%.

Un’altra autrice dello studio, Sharon Dem, direttrice dell’Institute for Conservation Medicine dello zoo di Saint Louis, sottolinea che «Con il consumo umano di carne in aumento da quattro a cinque volte rispetto agli anni ’60 e gli impatti sempre crescenti dei cambiamenti climatici, questo circolo vizioso delle malattie climatiche è un altro esempio dell’interconnessione dei nostri più grandi mali planetari: il cambiamento climatico e le malattie infettive».

I risultati dello studio evidenziano «La necessità di tenere conto delle malattie infettive quando si modellano scenari climatici futuri, per garantire che non sottovalutino le emissioni di metano».

Per quanto riguarda i consumatori, le rivelazioni dello studio aggiungono un peso significativo agli argomenti di chi chiede di ridurre il nostro consumo di latticini e carne ed evidenziano che apportare questi cambiamenti a lungo termine all’allevamento dei ruminanti dipenderà dalla nostra capacità di legare il benessere degli animali ai cambiamenti climatici che ci colpiscono tutti.

Un altro autore dello studio, Aimée Classen, direttore dell’University of Michigan Biological Station, conclude: «Il circolo vizioso tra gli impatti del clima sulle malattie e gli impatti delle malattie sul clima è sorprendente. Il nostro studio evidenzia che gli scienziati devono incorporare sia gli animali che le malattie negli esperimenti e nei modelli utilizzati per prevedere le future emissioni di carbonio».