I nuovi obiettivi climatici dell’Ue non sono sufficienti. Le reazioni delle associazioni ambientaliste

Greenpeace: «I governi dell'Ue si aggrappano all'ordine mondiale fossilizzato». Wwf: accordo deludente. Friends of the Earth: l’Ue ora deve eliminare i combustibili fossili

[11 Dicembre 2020]

L’accordo raggiunto dal Consiglio europeo a Bruxelles per un taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 – uno dei più ambiziosi nel mondo – non piace a Greenpaece European Unit  perché  «Rivela una riluttanza dei governi a seguire la scienza e affrontare le cause profonde dell’emergenza climatica».

Sebastian Mang, consulente per la politica climatica dell’Ue di Greenpeace, ha sottolineato che «I governi lo definiranno senza dubbio storico, ma l’evidenza mostra che questo accordo è solo un piccolo miglioramento rispetto ai tagli alle emissioni che l’Ue dovrebbe già aver ottenuto. Dimostra che la convenienza politica ha la precedenza sulla scienza climatica e che la maggior parte dei politici ha ancora paura di affrontare i grandi inquinatori. Senza ulteriori azioni, il nuovo obiettivo climatico dell’Ue consentirà alle compagnie petrolifere e del gas di sopravvivere, non trasformerà il modo in cui ci spostiamo e il modo in cui produciamo il nostro cibo abbastanza velocemente da battere l’emergenza climatica, lasciando coloro che sono più vulnerabili e meno responsabili a pagarne il danno».

Greenpeace, che insieme alle altre associazioni ambientaliste chiedeva un taglio del 65%, sottolinea che  «L’obiettivo netto significa solo una riduzione di appena il 50,5% delle emissioni reali da parete di settori inquinanti come l’energia, i trasporti e l’agricoltura industriale, facendo affidamento sulle foreste influenzate dal clima per assorbire abbastanza carbonio per raggiungere l’obiettivo del 55%. Sulla base delle misure e degli obiettivi climatici esistenti, l’Ue dovrebbe già ridurre le emissioni del 46% nel 2030. Gli scienziati avvertono che per evitare una catastrofe climatica l’Ue deve ridurre le emissioni molto più velocemente di quanto accadrebbe con un obiettivo del 55%. Per aumentare le possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5° C ed evitare i peggiori effetti del degrado climatico, Greenpeace sostiene una riduzione minima del 65% delle emissioni dell’Ue dai settori inquinanti entro il 2030».

Poi c’è il problema della giustizia climatica e Greenpeace European Unity ricorda che «Un recente rapporto di Oxfam mostra che la metà più povera degli europei ha ridotto le proprie emissioni di quasi un quarto dal 1990, mentre le emissioni del 10% più ricco continuano ad aumentare. Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite rivela anche che l’1% più ricco del mondo è responsabile di più del doppio delle emissioni del 50% più povero, dimostrando che affrontare la disuguaglianza è una parte essenziale dell’azione climatico.

Ieri, all’inizio dei lavori del Consiglio europeo, gli attivisti di Greenpeace avevano lanciato una mongolfiera di 27 metri, raffigurante il pianeta Terra ,  con la scritta EU: What planet are you on?!

Anche per il Wwf l’accordo europeo sul clima è deludente e «In contraddizione con le indicazioni della comunità  scientifica, che ha dimostrato che sarebbe necessaria una riduzione effettiva delle emissioni del 65% entro il 2030 per evitare i maggiori rischi del riscaldamento globale».

Il Wwf rileva che, «Poprio quando l’Ue ha maggiormente bisogno di una forte azione sul clima, i leader hanno diluito la scienza con la politica. Invece di disegnare e plasmare una transizione socialmente giusta verso un futuro sostenibile, a zero emissioni di carbonio, i leader confondono le cifre aggiungendo concetti come “nette” per ridurre ulteriormente l’obiettivo già  basso del 55%».

Il Panda rivolge un appello ai ministri europei dell’ambiente che si riuniranno il 17 dicembre: «Hanno la possibilità  di salvare parte della reputazione dell’Ue in materia di clima, garantendo che la legge sul clima dell’Ue includa una revisione quinquennale dell’obiettivo climatico, allinei le altre politiche agli obiettivi e istituisca un organo consultivo indipendente di esperti per esaminare i piani climatici dell’Ue».

Quanto all’Italia, il Wwf dice che «Deve prevedere da subito ulteriori innalzamenti del target, la situazione climatica è troppo grave per non prepararsi da subito, ma lo consiglia anche l’interesse economico e industriale di un target sfidante, che faciliti gli investimenti».

Il Wwf ricorda che «L’Ue deve finalizzare il suo nuovo obiettivo e presentare all’ONU il suo Piano climatico aggiornato (“Contributo determinato a livello nazionale” o NDC) entro la fine di quest’anno, secondo l’Accordo sul Clima di Parigi del 2015.  A livello globale, l’azione per il clima sta prendendo sempre più piede, e molti Paesi hanno giù  presentato i loro NDC aggiornati. Con il vertice sul clima COP26 rinviato al 2021, l’Onu, Regno Unito, la Francia, il Cile e l’Italia ospiteranno insieme un evento globale sul clima il 12 dicembre 2020, il quinto anniversario dell’accordo di Parigi, nel quale i Paesi presenteranno i loro piani climatici. Avremmo sperato di più dall’Europa, in quella occasione».

Per Colin Roche, coordinatore giustizia climatica per Friends of the Earth Europe, «I leader dell’UE potrebbero darsi una pacca sulle spalle per aver finalmente concordato un nuovo obiettivo climatico, ma questo è ancora molto lontano dalla vittoria di cui il clima ha bisogno. I nostri leader devono andare oltre per fornire la giusta quota di azione globale dell’Europa per ridurre il carbonio e mantenere l’accordo raggiunto a Parigi cinque anni fa. Nel frattempo, se questo nuovo obiettivo vuole essere significativo, la nuova spesa per le infrastrutture dell’Ue pianificata deve eliminare tutti i combustibili fossili ora».

La decisione dell’Ue arriva in tempo per poter comunicare il suo maggiore contributo all’accordo di Parigi sul clima al  “Climate Ambition Summit” che si terrà online il 2 dicembre, in coincidenza con il quinto anniversario della firma dell’Accordo di Parigi e Meena Raman, di Sabahat Alam Malaysia/Friends of the Earth Malaysia e Third World Network, ricorda che «Per troppo tempo, l’incapacità del mondo ricco di onorare i propri impegni sul clima in modo significativo ai sensi dell’UN Climate Convention  è stata una storia di promesse non mantenute. Ogni celebrazione del momento di Parigi suona vuota e sa di un ulteriore sforzo per gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica. La verità è che il Nord del mondo è molto lontano dal fare la sua giusta parte, non solo per la riduzione delle emissioni, ma anche per consentire un adattamento adeguato, affrontare perdite e danni nei Paesi poveri e fornire finanziamenti reali per il clima».

Anche Friends of the Earth è delusa perché «L’obiettivo del 55% concordato include risparmi “netti” controversi che deriverebbero dai pozzi dei suoli e delle foreste, indebolendo l’obiettivo» e si lamenta che l’accordo fa riferimento «al diritto degli Stati membri di decidere il proprio mix energetico e di scegliere le tecnologie più appropriate … come il gas».

Commentando dal Mozambico il quinto anniversario della firma dell’accordo di Parigi, Dipti Bhatnagar, coordinatore del programma internazionale per la giustizia e l’energia climatica di Friends of the Earth International, ha concluso: «Sebbene l’accordo di Parigi non riesca a soddisfare le esigenze della giustizia climatica e della scienza climatica, la sua firma è stata importante per dimostrare l’unità globale e l’urgente necessità di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi. Ma 5 anni dopo, troviamo il nostro mondo impantanato in una maggiore disuguaglianza, crisi più profonde di crescente disoccupazione, progetti sui combustibili fossili e salvataggi per le aziende più inquinanti. Chiediamo un cambiamento di sistema, sistemi di energia rinnovabile di proprietà comunitaria e diritti per le popolazioni indigene e le comunità in prima linea, in modo che possano continuare a proteggere gli ecosistemi che nutrono noi e il pianeta».