I cambiamenti climatici avranno forti effetti sulle coste della Sicilia sud-orientale

La valutazione della perdita di terre emerse nei prossimi decenni in uno studio dell’Ingv

[29 Marzo 2021]

Secondo lo studio “Relative Sea-Level Rise Scenario for 2100 along the Coast of South Eastern Sicily (Italy) by InSAR Data, Satellite Images and High-Resolution Topography”, realizzato nell’ambito del progetto Pianeta Dinamico che il ministero della ricerca e dell’università (MUR) ha finanziato all’Ingv, e pubblicato su Remote Sensing da un team di ricercatori dell’ all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), e delle università di Bari, Catania, Chieti, LESIA, Observatoire de Paris e Radboud University olandese, «Le coste della Sicilia sud-orientale potrebbero subire una progressiva sommersione, con una perdita presunta di circa 10 kmq di superficie nel 2100, a causa dei cambiamenti climatici del pianeta».

Come confermato dall’ultimo rapporto sulla criosfera dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, che illustra le relazioni tra gas serra, aumento delle temperature globali e aumento del livello marino, negli ultimi anni il riscaldamento climatico globale sta causando la fusione dei ghiacci e l’espansione termica degli oceani. Fenomeni che naturalmente si ripercuotono anche sulle coste della Sicilia.
Uno degli autori dello studio, Giovanni Scicchitano, del Dipartimento di scienze della Terra e geoambientali dell’università di Bari, ricorda che «Sappiamo che dal 1880 in poi il livello marino ha iniziato ad aumentare di 14-17 cm ma oggi sta accelerando e sale alla velocità di oltre 30 cm per secolo. In particolare, se non verranno ridotte le emissioni di gas serra, il livello del mare potrebbe salire anche di 1.1 metri nel 2100 e di vari metri nei due-tre secoli successivi, con conseguente impatto sulle coste. Ma quelle basse e subsidenti, cioè dove la superficie terrestre si muove verso il basso per cause naturali o antropiche, possono accelerare il processo di invasione marina. Per queste ragioni abbiamo realizzato uno studio sugli scenari attesi lungo le coste della Sicilia orientale per il 2050 e 2100».

Si tratta di un’area è ben conosciuta dal team di ricercatori già dai tempi del terremoto di Augusta del 13 dicembre 1990. Grazie a multidisciplinari gli scienziati hanno realizzato scenari accurati degli effetti attesi causati dai movimenti del suolo e dall’aumento del livello del mare lungo la fascia costiera.
Il principale autore dello studio, Marco Anzidei dell’’Ingv spiega; «Abbiamo calcolato le proiezioni dell’aumento del livello marino per differenti scenari climatici e sulla base di vari parametri emessi dall’IPCC o calcolati in questo studio, tra cui l’espansione termica del mare, la fusione dei ghiacci continentali, la concentrazione di gas serra in atmosfera e, infine, i movimenti verticali del suolo. Insieme ai ricercatori Ingv Cristiano Tolomei, Christian Bignami ed Enrico Serpelloni, abbiamo valutato le deformazioni del suolo con dati spaziali,  informazione indispensabile per realizzare mappe ad alta risoluzione delle aree che saranno potenzialmente allagate nel 2050 e nel 2100. Le analisi hanno seguito le metodologie sviluppate nei progetti SAVEMEDCOASTS e SAVEMEDCOASTS-2, coordinati dall’INGV e finanziati dalla Protezione Civile Europea (DG ECHO), che stanno fornendo nuove informazioni sugli scenari attesi nel Mediterraneo nei prossimi anni. Nello studio delle coste della Sicilia orientale abbiamo usato varie tecniche analitiche atte a definire tutte le componenti in gioco nel sollevamento relativo del livello del mare. Abbiamo utilizzato dati satellitari per calcolare la velocità di subsidenza e l’arretramento della costa, dati mareografici per l’andamento del livello marino e modelli digitali ad alta risoluzione della superficie del suolo lungo la fascia costiera, calibrati con campagne di rilievo topografico di alta precisione. Nel calcolo, abbiamo considerato gli effetti della tettonica regionale e della subsidenza utilizzando tecniche spaziali che includono le reti di stazioni GPS permanenti dell’INGV e i dati  provenienti dai satelliti interferometrici Sentinel. Queste analisi ci hanno permesso di valutare gli scenari in sei zone costiere che includono la parte meridionale della piana di Catania, i porti di Augusta e Siracusa, la foce dell’Asinaro, Vendicari e Marzamemi».

Un altro autore dello studio, Carmelo Monaco, del Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’università degli Studi di Catania, aggiunge: «I risultati ottenuti hanno, oltre ad una grande rilevanza metodologica, una particolare importanza in termini di valutazione della vulnerabilità e del rischio delle aree costiere della Sicilia sud-orientale. Nel nostro lavoro abbiamo scelto queste sei aree perché sono di particolare importanza per il territorio regionale: la piana di Catania ad intensa vocazione agricola, i porti di Augusta e Siracusa, di particolare rilevanza commerciale ed industriale e infine Vendicari e Marzamemi, particolarmente rilevanti dal punto di vista ambientale e turistico. I risultati per la piana di Catania indicano che, nell’area compresa tra i fiumi Simeto e San Leonardo, la perdita di territorio al 2100 sarebbe considerevole, con il mare che invaderebbe la zona depressa per diverse centinaia di metri. Nel porto di Augusta alcune aree industriali potrebbero essere coinvolte. Il porto di Siracusa è l’area che più soffrirebbe di un potenziale innalzamento del livello del mare al 2100: secondo le nostre proiezioni, infatti, l’area della foce del fiume Ciane potrebbe essere invasa dal mare per una estensione fino ad 1 km nell’entroterra rispetto l’attuale linea di riva. Le Saline del fiume Ciane, attualmente Riserva Naturale Orientata e che negli ultimi anni hanno già subito un arretramento misurato da dati satellitari di circa 70 metri, verrebbero totalmente sommerse. Sorte simile potrebbe toccare alla Riserva di Vendicari, le cui aree umide potrebbero sparire lasciando sparse isole relitte».

Scicchitano sottolinea che «A questi scenari va aggiunto che, come stimato da vari studi pubblicati negli ultimi anni, in condizioni di riscaldamento globale anche le tempeste potrebbero avere effetti più forti su queste aree costiere, E’ un altro fenomeno che stiamo attenzionando e analizzando. In un recente studio che abbiamo condotto in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania e l’area Marina Protetta del Plemmirio (Siracusa), che esporremo al prossimo congresso dell’European Geophysical Union, abbiamo verificato che negli ultimi anni gli uragani mediterranei, conosciuti come ‘medicane’, hanno colpito le coste della Sicilia sud orientale (si ricordano Quendresa nel 2014 e Zorbas nel 2018) e hanno prodotto effetti più intensi rispetto a quelli generati dalle normali tempeste stagionali avvenute negli ultimi 10 anni».

I ricercatori concludono: «Pertanto, con un livello marino più alto, gli effetti di eventi meteomarini estremi verrebbero amplificati. Sussiste, quindi, la necessità di continuare le ricerche anche in altre aree costiere ma, soprattutto, diviene necessario aumentare la consapevolezza della popolazione sugli effetti attesi. Al contempo, la comunità nazionale ed internazionale dovrebbe dare maggiore attenzione al fenomeno dell’aumento del livello del mare causato dai cambiamenti climatici in corso».