Greenpeace, la crisi climatica resta fuori da tv e giornali italiani

Sturloni: «Il giornalismo ha un ruolo cruciale e una grande responsabilità, ma occorre liberare la stampa e la televisione dal ricatto economico delle aziende dei combustibili fossili»

[18 Aprile 2023]

Riassumendo in un unico rapporto le analisi periodiche condotte durante lo scorso anno, Greenpeace pubblica oggi uno studio sull’atteggiamento tenuto verso la crisi climatica dai principali media italiani, nel corso dell’intero 2022.

Condotto dall’Osservatorio di Pavia, lo studio ha esaminato da gennaio a dicembre 2022 come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e da un campione di programmi televisivi di approfondimento (Unomattina, Cartabianca, L’aria che tira, Otto e mezzo/In onda).

I risultati mostrano che il numero di articoli pubblicati dai principali quotidiani italiani in cui si parla di crisi climatica si attesta intorno a una media di appena 2 articoli al giorno; un dato identico al numero medio di pubblicità dedicate all’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche.

L’influenza del mondo economico emerge anche dall’analisi dei soggetti che hanno più voce nel racconto mediatico della crisi climatica: al primo posto si trovano infatti i rappresentanti dell’economia e della finanza (16%), che superano politici e istituzioni internazionali (15%), esperti (13%) e associazioni ambientaliste (13%). I politici e le istituzioni nazionali si fermano all’11%, a conferma del sostanziale disinteresse della politica italiana verso la crisi climatica.

In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha dunque stilato la classifica per l’anno 2022 dei principali quotidiani italiani, valutati mediante cinque parametri: solo Avvenire raggiunge la sufficienza (3 punti su 5); scarsi i punteggi di Repubblica (2,4), Corriere (2,2) e La Stampa (2,2); chiude la classifica Il Sole 24 Ore (2,0), il quotidiano che risente della maggiore influenza da parte delle aziende inquinanti.

Non fanno meglio i telegiornali di prima serata, che hanno parlato esplicitamente di crisi climatica in meno del 2% delle notizie trasmesse.

Anche i programmi di “approfondimento” hanno dedicato un’attenzione sporadica al tema –  in 218 delle 1.223 puntate monitorate (18%) –, incentrata sulla narrazione degli eventi meteo estremi più che sulla spiegazione di una crisi ormai strutturale.

«Il giornalismo ha un ruolo cruciale e una grande responsabilità, ma occorre liberare la stampa e la televisione dal ricatto economico delle aziende dei combustibili fossili che, con le loro “generose” pubblicità infarcite di greenwashing, inquinano anche l’informazione e ostacolano con ogni mezzo la transizione energetica verso le rinnovabili», commenta Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia.

Nel frattempo, il faro puntato dall’associazione ambientalista sui media continuerà a restare acceso: il monitoraggio proseguirà infatti anche nel 2023, nell’ambito della campagna di Greenpeace Italia “Stranger Green” contro il greenwashing e la disinformazione sulla crisi climatica.