Greenpeace e ReCommon “chiudono” Intesa San Paolo a Torino

«E’ la banca italiana che più alimenta l’emergenza climatica. Un vero e proprio campione di greenwashing»

[27 Aprile 2021]

Questa mattina attiviste e attivisti di Greenpeace e ReCommon hanno simbolicamente chiuso 11 filiali a Torino di Intesa Sanpaolo – la più grande banca italiana, tra le prima 30 a livello mondiale – accusata di «Investire ancora in gas, petrolio e carbone, principali responsabili della crisi climatica in corso».
Per rispettare le norme di sicurezza anti Covid-19, le due organizzazioni hanno protestato utilizzando anche adesivi raffiguranti persone che denunciano le politiche sbagliate del gruppo torinese, facendo comunque arrivare un chiaro messaggio al gruppo bancario alla vigilia dell’Assemblea dei soci che denunciano Greenpeace e ReCommon, «Si terrà anche quest’anno a porte chiuse, nonostante tanti altri attori finanziari europei abbiano garantito possibilità di partecipazione da remoto».

Il blitz di Greenpeace e ReCommon è avvenuto in contemporanea alla pubblicazione dello studio  “Una banca insostenibile: Intesa Sanpaolo contro il clima, l’ambiente e le comunità” che pone l’accento su tutti i legami finanziari che la banca ha con il settore dei combustibili fossili.

Le due organizzazioni attaccano Intesa Sanpaolo accusandola di greenwashing: «Il gruppo di Corso Inghilterra è riuscito a fare breccia nell’immaginario collettivo come banca sostenibile e al servizio dei territori: niente di più distante dalla realtà. Nel solo 2020 si è esposto nei confronti del settore fossile per 5,4 miliardi (2,7 miliardi di euro di finanziamenti e 2,7 miliardi in investimenti). Intesa ha inoltre preso impegni deboli sul settore del carbone, che rischiano di prolungare i legami della banca perfino con il più inquinante dei combustibili fossili. Tutto questo mentre fornisce un supporto incondizionato a petrolio e gas, soprattutto in relazione allo sfruttamento dell’Artico».

Simone Ogno, campagna finanza e clima di ReCommon, sottolinea che «Nel suo portfolio, Intesa può vantare clienti che alimentano la devastazione della regione artica, già fortemente compromessa dalla crisi climatica, e del Permian Basin negli Stati Uniti, la più importante area di produzione di idrocarburi, vera e propria bomba climatica dei nostri giorni. Ci sono poi investimenti di piccola e media entità in quelle società che, attraverso le proprie infrastrutture fossili, stanno gravando sulle comunità più ai margini negli Stati Uniti e in Canada».
Sempre stamattina, durante un presidio autorizzato davanti al quartiere ufficiale del gruppo Greenpeace Italia, ReCommon, Extinction Rebellion Italia e Fridays for Future Italia hanno consegnato simbolicamente a Intesa San Paolo il premio “Banca nemica del clima numero 1 in Italia”. Le 4 associazioni hanno voluto così sottolineare «La differenza tra le comunicazioni di Intesa – tinte di verde e in apparenza attente all’ambiente – e i fatti, che invece risultano neri come carbone e idrocarburi».
Luca Iacoboni, responsabile energia e clima di Greenpeace, conclude: «Intesa Sanpaolo è un vero e proprio campione di greenwashing. Mentre in Italia si vedono sempre più frequenti e pesanti le conseguenze dell’emergenza climatica sotto forma di alluvioni, siccità e altri fenomeni climatici estremi, la più grande banca nazionale contribuisce ad aggravare la crisi climatica, continuando a investire su gas, petrolio e carbone. Tutto questo mentre riempie tv, giornali e social media di pubblicità “green”, ingannando di fatto prima di tutto i suoi stessi clienti».