Global risks report del Wef: il principale rischio è il fallimento della transizione climatica

La transizione “disordinata" verso il net zero non deve essere una scusa per rallentare l’azione climatica

[12 Gennaio 2022]

Il Global Risks Report 2022 pubblicato dal  World Economic Forum (Wef) in collaborazione con Marsh McLennan, SK Group e Zurich Insurance Group, evidenzia i timori di una transizione disordinata verso il net zero  ma avverte che «Il fallimento dell’azione climatica è il rischio numero uno per il  prossimo decennio. I rischi più documentati associati al fallimento dell’azione climatica sono i rischi fisici, come l’aumento della frequenza e della gravità delle condizioni meteorologiche avverse».

Il rapporto Wef  evidenzia che «Indubbiamente la crisi climatica è la più grande minaccia a lungo termine che l’umanità deve affrontare. Ma stanno ottenendo maggiore attenzione anche i rischi legati alla transizione verso un futuro net zero. Una transizione disordinata aggraverebbe questi rischi, impattando sulla capacità delle organizzazioni di condurre affari, provocando volatilità economica e destabilizzando il sistema finanziario».

Gli altri 9 più grandi pericoli che corre l’umanità nei prossimi 5 – 10 anni  sono:  eventi meteorologici estremi, Perdita di biodiversità; Erosione della coesione sociale; Crisi del livello di vita; Malattie infettive; Danni ambientali antropici; Crisi delle risorse naturali; Crisi del debito; Confronto geoeconomico e il Wwf fa notare che ben 5 . sono ambientali.  Per i Wwf, «L’ultimo Global Risks Report del World Economic Forum rivela che le imprese e i responsabili politici si stanno finalmente svegliando sui rischi reali rappresentati dal cambiamento climatico e dalla perdita di biodiversità. Questo è il risultato di un nuovo “eco-risveglio”. Ed è il motivo per cui i titoli dei giornali e i messaggi sui social media sono abitualmente dominati da storie di incendi, siccità, eventi meteorologici estremi, scarsità di risorse, perdita di fauna selvatica. La pandemia globale in corso ha accentuato questa nuova consapevolezza di fragilità. Mentre i leader mondiali si preparano per i colloqui sulla biodiversità di quest’anno in Cina, è fondamentale che agiscano sulle preoccupazioni della società e che finalmente riconoscano lo stretto collegamento tra il cambiamento climatico, la distruzione della natura e il nostro attuale modello di produzione e consumo. Devono anche passare dalla risposta alle pandemie alla loro prevenzione, adottando un approccio One Health che riconosca come la salute delle persone sia strettamente legata a quella degli ecosistemi e degli animali. Stiamo finalmente cominciando a capire che solo assicurando un clima stabile e un mondo naturale sano saremo in grado di costruire un futuro più sicuro, prospero ed equo per l’umanità. Ora è il momento di impegnarsi e di agire».

Il World Economic Forum dà un giudizio positivo dei risultati della COP26 Unfccc di Glasgow, dove i  governi si sarebbero resi conto della necessità di un’azione urgente e aggressiva con l’annuncio di vari ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni e aggiunge he  La necessità di una maggiore urgenza è sottolineata dal passaggio a obiettivi a più breve termine come il dimezzamento delle emissioni entro il 2030 per raggiungere il net zero entro il 2050». Ma nonostante l’ottimismo, il rapporro prende atto che i nuovi impegni presi alla COP26 «Continuano a non raggiungere l’obiettivo di 1,5° C stabilito nell’accordo di Parigi. Invece, portano il mondo verso un riscaldamento di 2,4° C  e anche gli scenari più ottimistici raggiungono solo gli 1,8° C. C’è molto lavoro da fare e il tempo è poco. Mancano solo otto anni alla fine di questo decennio e, a meno che i governi e le imprese non intraprendano rapidamente un’azione per il clima tangibile ed efficace nei prossimi 12 – 18 mesi, ci sarà una pressione per affrettarsi ad attuare azioni più avanti nel decennio, potenzialmente con una serie di nuove politiche – e forse duri interventi a livello di economia – per rispettare le loro scadenze».

Un passo importante sarà l’introduzione  di meccanismi per stabilire un prezzo reale del carbonio e ora disponiamo di linee guida contabili chiare per gli scambi di emissioni tra paesi. Il frapporto ricorda che «Ci sono voluti 6 anni di discussioni, ma il regolamento di Parigi, le linee guida per l’attuazione dell’accordo di Parigi, è stato finalmente concordato a Glasgow. Questo include l’articolo 6 che stabilisce per i Paesi un quadro per lo scambio di crediti di carbonio attraverso le Nazioni Unite e consentirà l’accesso al mercato a tutti i Paesi che desiderano attrarre investimenti verdi attraverso il mercato globale del carbonio». Ma il Wef sottolinea che «I cambiamenti richiederanno l’introduzione di nuove politiche economiche e nuove normative che influiscano non solo sul lato dell’offerta, ma anche sulla distruzione della domanda di beni e servizi ad alta intensità di carbonio. E’ probabile che queste misure di distruzione della domanda includano il reindirizzamento dei sussidi dai combustibili fossili alle tecnologie low-carbon e l’introduzione di nuovi regolamenti edilizi che richiedano l’uso di materiali da costruzione low-carbon».

Il timore è che i necessari cambiamenti rapidi, ma assunti tardivamente, lascino alle imprese e alle società poco tempo per adattarsi e possano causare grossi problemi.  Il ritardo delle scelte politiche darà meno tempo anche per sviluppare e finanziare le infrastrutture e le tecnologie verdi necessarie.

Secondo il Global Risks Report 2022, «Per rimanere in linea con questi obiettivi, le riduzioni delle emissioni potrebbero persino dover diventare più profonde. Invece di sperimentare una transizione graduale verso un mondo a zero netto, rischiamo una transizione caotica – o “disordinata”. Ovviamente, una transizione disordinata colpirà probabilmente più duramente i settori ad alta intensità di carbonio e le loro catene di approvvigionamento. Ad esempio, nel solo settore dei combustibili fossili entro il 2050 potrebbero andare persi più di 8 milioni di posti di lavoro.  Ci si può anche aspettare un impatto sui trasporti, sull’agricoltura e sulle industrie pesanti, solo per citarne alcuni. Come in altre rivoluzioni industriali, se i loro modelli di business saranno incompatibili con un futuro net zero, potrebbero scomparire intere industrie».

Una transizione disordinata avrà implicazioni economiche e sociali di vasta portata e il Wef è convinto che «In termini di impatto della transizione verso il net zero, gli attuali picchi dei prezzi dell’energia sono solo la punta dell’iceberg. Se i governi esercitano troppa pressione sugli investitori affinché disinvestano dalle compagnie dei combustibili fossili in modo precipitoso, questo produrrà solo vincoli di approvvigionamento, instabilità dei prezzi dell’energia e una riduzione della sicurezza energetica, che creerà rischi geopolitici. Come ha dimostrato la crisi finanziaria globale, le chiusurei in un settore possono diffondersi rapidamente nell’intera economia e innescare un intervento politico. Questo influenzerà i mezzi di sussistenza degli individui e sconvolgerà i mercati del lavoro».

Qual è allora la risposta per assicurarci di ridurre il riscaldamento globale senza subire rischi della transizione net zero? Il Wf risponde che «Dal punto di vista aziendale, è meglio presumere che la transizione sarà disordinata. Il concetto di “transizione ordinata” sembra molto improbabile data la portata dei cambiamenti tecnologici, economici e sociali necessari per la decarbonizzazione, soprattutto se il greenwashing o lo stallo degli impegni ritarderanno la transizione. Anche le precedenti rivoluzioni industriali sono state altamente dirompenti e disordinate».

La pensa così anche Peter Giger, group chief risk officer di Zurich Insurance Group, che ha commentato: «Stiamo entrando in un nuovo tipo di rivoluzione industriale e i leader devono adattare o addirittura trasformare le loro attività per entrare a far parte del futuro net zero ed evitare di risentirne negativamente».

E il Wf ammonisce: «Aspettarsi che i governi mettano in atto le normative giuste in modo tempestivo è un gioco attendista pericoloso. E’ probabile che ci ritroveremo con uno scenario “troppo poco, troppo tardi”. È meglio trarre lezioni dalle transizioni precedenti. Ad esempio, i perdenti della transizione digitale hanno aspettato che il cambiamento avesse un impatto su di loro, piuttosto che guidare il cambiamento stesso. Invece, bisogna vedere una transizione disordinata e dirompente – come in tutti i periodi di cambiamento – come un’opportunità. Anche durante la pandemia di Covid-19, le imprese agili, innovative e piene di risorse hanno prosperato. Molte  ci hanno aiutato ad adattarci alla pandemia producendo vaccini e dispositivi di protezione individuale che salvano vite, fornendo strumenti di comunicazione a distanza e servizi di consegna a domicilio che ci aiutano a continuare la nostra vita durante il lockdown. Le aziende devono essere imprenditori innovativi e visionari. Stiamo entrando in un nuovo tipo di rivoluzione industriale e i leader devono adattare o addirittura trasformare le loro attività per entrare a far parte del futuro net zero ed evitare di risentirne negativamente».

Come esempio delle contraddizioni che stiamo vivendo il rapporto cita quello di molti governi che si sono impegnati a eliminare gradualmente i motori a combustione interna ma che poi non attuano con la velocità trichiesta l’introduzione dei punti di ricarica per i veicoli elettrici e, quindi, potrebbe esserci una transizione disordinata ai veicoli elettrici. Ma anche qui c’è un’opportunità per le imprese: «Le charging companies dedicate potrebbero vincere enormi contratti per le infrastrutture, le società di servizi pubblici potrebbero utilizzare i punti di ricarica per aumentare la domanda di elettricità pulita, le compagnie petrolifere potrebbero aggiungere punti di ricarica ai loro distributori, anche le case automobilistiche e gli investitori hanno un’opportunità. Tutto questo presuppone che i veicoli elettrici diventeranno il veicolo pulito preferito. Altre case automobilistiche potrebbero trovare soluzioni tecnologiche che sbloccano l’opportunità commerciale di utilizzare combustibili diversi, come l’idrogeno».

Ma il rischio più grande è l’inazione e il rapporto evidenzia che «I rischi di una transizione disordinata non possono essere usati come pretesto per rallentare il viaggio verso il net zeroo. Al contrario, più aspettiamo, più è probabile che ci troveremo ad affrontare una transizione disordinata. E se non interveniamo, i danni causati dalle emissioni ininterrotte e, in definitiva, le conseguenze a lungo termine dei cambiamenti climatici saranno ancora più catastrofici dei potenziali rischi della transizione». Se non vengono intraprese azioni di mitigazione per combattere il cambiamento climatico, l’economia mondiale potrebbe perdere fino al 18% del PIL.

Anche se una transizione disordinata appaia inevitabile, per il rapporto Wef non è troppo tardi per rendere la strada almeno più agevole: «I governi e le imprese possono ancora compiere passi coraggiosi per valutare i rischi che corrono e quindi agire per guidare una transizione innovativa, di successo e inclusiva che protegga le economie e i posti di lavoro. I governi devono introdurre politiche climatiche ambiziose che sostengano con l’azione i loro Nationally determined contributions  (NDC). Per consentire alle imprese e agli investitori di pianificare i cambiamenti futuri, questa azione climatica deve essere intrapresa in modo trasparente e coerente. I governi devono collaborare con le imprese, in particolare con i settori ad alta intensità di carbonio, per introdurre incentivichiari per investire in tecnologie a zero emissioni e per incoraggiare un cambiamento nei comportamenti dei consumatori che crei una distruzione della domanda di prodotti e servizi ad alta intensità di carbonio. La rimozione dei sussidi ai combustibili fossili e l’introduzione del prezzo del carbonio sarebbero un ottimo primo passo».

Poi, anche un rapporto che parla soprattutto di imprese, si accorge che c’è anche una grossa questione di giustizia sociale e avverte che «Dobbiamo anche garantire che nessuno venga lasciato indietro. Le politiche che accelerano la riqualificazione dei lavoratori nei settori ad alta intensità di carbonio, come l’industria dei combustibili fossili, sono solo un esempio. Si creeranno nuove opportunità: entro il 2050, 42 milioni di persone potrebbero essere impiegate nelle energie rinnovabili rispetto agli 11 milioni del 2018. Dobbiamo garantire che le persone abbiano le competenze per cogliere queste opportunità».

Il Global Risks Report 2022 conclude: «La strada per il net zero non sarà perfetta. La transizione verso il net zero rappresenta una significativa minaccia a breve termine per la stabilità finanziaria ed economica, ma offre anche grandi opportunità. Ma alla fine, tocca a noi. Come individui, comunità e aziende dobbiamo adottare misure per adattarci e prepararci ai cambiamenti che verranno. Per essere pronti a cogliere le opportunità. Si spera che i governi creino una transizione graduale e ordinata verso il net zero. Ma è meglio essere preparati e allacciarci tutti la cintura per una corsa accidentata».