Gli impegni net zero sono il punto di svolta per l’Accordo di Parigi. Nel 2050 potremmo avere “solo” +2,1° C in più

Ma dipende molto da come si passerà dagli annunci ai fatti e dall’attuazione immediata degli obiettivi a breve termine

[2 Dicembre 2020]

Il rapporto “Paris Agreement turning point – Wave of net zero targets reduces warming estimate to 2.1˚C in 2100 –  All eyes on 2030 targets”, pubblicato da Climate Action Tracker (CAT) – una collaborazione di Climate Analytics e NewClimate Institute – ha calcolato che, mettendo insieme  tutti gli impegni dei vari governi per raggiungere le emissioni net zero annunciati dai vari governi fino a novembre 2020, l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento delle temperature globali entro gli 1,5 gradi centigradi si è avvicinato in maniera impressionante, visto che questi impegni porterebbero a un riscaldamento globale di 2,1° C  entro il 2100.

Nella sua modellizzazione CAT ha incluso anche l’annuncio dato dalla Cina a settembre che intende raggiungere la carbon neutrality prima del 2060, il che, da solo, riduce la precedente stima fatta dal CAT  del riscaldamento globale a fine secolo di 0,2 – 0,3° C.  L’analisi sottolinea che «Ipotizzando la carbon neutrality negli Stati Uniti entro il 2050, come proposto dal presidente eletto Biden, si ridurrebbe il riscaldamento di altri 0,1° C. Anche il Sudafrica, il Giappone, la Corea del Sud e il Canada hanno recentemente annunciato obiettivi net zero. In totale, 127 Paesi responsabili di circa il 63% delle emissioni stanno prendendo in considerazione o hanno adottato obiettivi di zero netto». Tra questi c’è anche l’Italia che però  nel rapporto non è tra i Paesi con le performance politico/legislative migliori.

Ma il CAT avverte che «Mentre gli obiettivi net zero per il 2050 sono lodevoli, i governi devono ora adottare forti target per il 2030 bersagli (nationally determined contributions o NDC) per arrivare ai loro obiettivi net zero e chiudere il  gap di emissioni che resta per raggiungere gli 1,5° C . La scadenza della fine del 2020 per la presentazione di NDC nuovi e aggiornati si sta avvicinando rapidamente. Questi NDC rafforzati sono fondamentali per garantire che i governi possano raggiungere i loro obiettivi di net zero netto di metà secolo. I governi devono anche sviluppare piani di implementazione dettagliati per supportare questi obiettivi».  E il rapporto fa notare che i governi hanno ancora poco spazio e tempo per migliorare i loro obiettivi NDC 2030  rispetto agli impegni presi a Parigi nel 2015 : a novembre 2020, nessun grande Paese emettitore di gas serra aveva presentato un NDC sostanziosamente aggiornato rispetto all’adozione dell’Accordo di Parigi e «Inoltre, le attuali politiche dei governi li collocano su una traiettoria di riscaldamento di 0,8° C superiore alla nostra valutazione ottimistica dell’obiettivo netto zero». Quindi se restano ipotesi e le promesse non si trasformano in azione politica ed economica concreta, nel 2050 il riscaldamento globale sarà comunque catastrofico: 2,9° C, quasi il doppio di quanto auspicato dall’Accordo di Parigi».

I ricercatori CAT dicono di aver adottato un approccio abbastanza conservativo, ma riconoscono che la loro analisi ottimistica deve fare i conti con alcuni importanti problemi e che enti il più grande è che i piani a breve termine per ridurre le emissioni di carbonio entro il 2030 non sono all’altezza del compito. Niklas Höhne, del NewClimate Institute, ribadisce che «I Paesi non hanno ancora adeguato le loro azioni a breve termine per mettersi sulla strada verso l’obiettivo a lungo termine. Gli obiettivi a lungo termine sono più facili: sono lontani. Ma le azioni a breve termine stanno avvenendo in questo momento e influenzano i cittadini, influenzano gli elettori. Ed è per questo che questo è molto più difficile attuarli».

team di ricerca di Climate Action Tracker evidenzia che «E’ chiaro che l’Accordo di Parigi sta guidando l’azione per il clima . Alla vigilia del suo quinto anniversario, un’indagine sulle precedenti valutazioni del Climate Action Tracker mostra che le stime delle temperature per il riscaldamento di fine secolo sono diminuite sia per gli obiettivi che per le proiezioni delle emissioni del mondo reale. Negli ultimi cinque anni, le stime sul riscaldamento di fine secolo per le emissioni nel mondo reale sono diminuite di 0,7° C. La nostra stima della temperatura real-world action, basata su tutte le politiche nazionali adottate (scenario “current policies”) è notevolmente diminuita di 0,7° C dai 3,6° C del 2015 ai 2,9° C di oggi. L’attuazione di nuove politiche, un maggiore utilizzo di energie rinnovabili, un calo nell’utilizzo del carbone e ipotesi di crescita economica inferiori (sia prima che a causa della pandemia) fanno la parte del leone in questo calo».

Le stime del riscaldamento di fine secolo del CAT, stimate a seconda degli obiettivi, sono diminuite di 0,5 ° C  grazie ai nuovi obiettivi net zero netto e in totale di 1,4° C grazie agli impegni di Parigi. 

Climate Action Tracker ha iniziato ad analizzare l’effetto degli obiettivi e degli impegni sul riscaldamento nel 2009. »A quel tempo – spiegano i ricercatori – la nostra stima era di 3,5° C. Il primo grande miglioramento di questa stima si è verificato in vista del vertice di Parigi nel 2015, quando i governi hanno iniziato ad annunciare i loro contributi previsti (INDC). Quando è stato adottato l’Accordo di Parigi, la stima della temperatura del CAT è scesa significativamente a 2,7° C. La nostra stima della temperatura attuale a novembre 2020 è di 2,6° C. Negli anni passati da Parigi a oggi, la stima è aumentata all’indomani dell’abbandono degli obiettivi da parte di Stati Uniti e Russia, per poi diminuire nuovamente, insieme ai trend delle emissioni nel mondo reale«.

Negli ultimi tre mesi hanno visto alcuni sviluppi chiave nelle politiche climatiche: a settembre, il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato all’Onu che la Cina raggiungerà le emissioni nette pari a zero entro il 2060 e che le sue emissioni di gas serra raggiungeranno il picco prima del 2030. Il Giappone e la Corea del Sud hanno entrambi seguito l’esempio del loro ingombrante vicino e concorrente economico, impegnandosi a raggiungere il net zero  entro il 2050. Anche Sudafrica e Canada hanno annunciato loro obiettivi net zero. Ma il cambiamento più drastico ci sarà con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca e il rientro degli Usa nell’Accordi di Parigi: la lotta al cambiamento climatico è un punto centrale del programma elettorale di Biden, che ha promesso di portare gli Stati Uniti alle emissioni net zero entro il 2050 e la nomina di John Kerry a “Inviato speciale per il clima” con importanti incarichi di governo è una mossa che va esplicitamente in questa direzione.

Intervistato da BBC News, Bill Hare di Climate Analytics ha sottolineato che «Ora abbiamo circa il 50% delle emissioni globali coperte da grandi Paesi con un obiettivo zero emissioni entro la metà del secolo. Quando si aggiunge tutto questo, insieme a quello che stanno facendo un sacco di altri Paesi, si sposta la manopola della temperatura da circa 2,7° C a quasi 2 gradi. E’ ancora molto lontano dall’obiettivo dell’accordo di Parigi, ma è uno sviluppo davvero importante».

Mentre ci sono Paesi che entro la fine di quest’anno dovrebbero presentare nuovi piani di riduzione del carbonio per il 2030, come L’Unione europea e il Regno Unito, ce ne sono diversi che sono ancora riluttanti a fissare obiettivi e molti Paesi in via di sviluppo stanno ancora cercando di investire nel carbone. Hare riassume: «Ci sono Paesi che rimangono ancora cattivi protagonisti, tra i quali Arabia Saudita, Brasile, Australia, Russia e pochi altri. E abbiamo anche una pipeline di centrali a carbone nella regione in cui sto lavorando ora in Asia. (Il carbone) Non è collassato, non è sparito. Quindi, sì, c’è molto di cui preoccuparsi. E c’è molto che può andare storto».

Secondo gli osservatori, la risposta dei Paesi alla crisi del Covid.19 è un’enorme opportunità per concentrare la loro spesa a breve termine sulle energie rinnovabili e su una maggiore decarbonizzazione. Maisa Rojas, direttrice del Centro de Ciencia del Clima y la Resiliencia (CR)2 dell’universidad de Chile, è convinta che «La pandemia ha aperto una finestra non solo per convincere i Paesi a delineare il loro obiettivo a lungo termine, ma a incamminarsi davvero sulla strada giusta in modo che possano effettivamente raggiungere l’obiettivo a lungo termine. Coglieremo questa opportunità? La mia impressione è che molti, compresa l’Ue, la stiano sfruttando».