Entro il 2100, le estati dell’emisfero settentrionale potrebbero durare 6 mesi

La regione mediterranea e l'altopiano tibetano hanno subito i maggiori cambiamenti nei loro cicli stagionali

[12 Marzo 2021]

Secondo il nuovo studio “Changing Lengths of the Four Seasons by Global Warming”, pubblicato su Geophysical Research Letters da un team di ricercatori cinesi, «Senza sforzi per mitigare il cambiamento climatico, nell’emisfero settentrionale le estati che durano quasi sei mesi potrebbero diventare la nuova normalità entro il 2100». Un cambiamento che avrebbe probabilmente impatti di vasta portata sull’agricoltura, la salute umana e l’ambiente.

Negli anni ’50 nell’emisfero settentrionale le quattro stagioni si succedevano secondo uno schema prevedibile e abbastanza uniforme, ma ora il cambiamento climatico sta ora determinando cambiamenti drammatici e irregolari nella durata e nelle date di inizio delle stagioni, che in futuro potrebbero diventare più estremi e rappresentare il nuovo scenario climatico normale.

Il principale autore dello studio, Yuping Guan, oceanografo dello State Key Laboratory of Tropical Oceanography del South China Sea Institute of Oceanology dell’Accademia cinese delle scienze ricorda che già ora «Le estati stanno diventando più lunghe e più calde mentre gli inverni più brevi e più caldi a causa del riscaldamento globale».

Guan è stato ispirato a indagare sui cambiamenti deu cicli stagionali mentre faceva da mentore a uno studente universitario, il coautore Jiamin Wang, e sottolinea: «Più spesso, leggo in alcuni bollettini meteorologici di eventi fuori stagione, ad esempio, la falsa primavera o la neve di maggio e simili».

Per misurare i cambiamenti nella durata e nell’inizio delle quattro stagioni nell’emisfero settentrionale, i ricercatori cinesi hanno utilizzato i dati climatici giornalieri storici dal 1952 al 2011 e hanno definito l’inizio dell’estate come «L’inizio delle temperature nel 25% più calde durante quel periodo di tempo, mentre l’inverno inizia con le temperature nel 25% più fredde». Successivamente, il team ha utilizzato modelli consolidati del cambiamento climatico per prevedere come cambieranno le stagioni in futuro.

Il nuovo studio ha rilevato che «Tra il 1952 e il 2011, in media, l’estate è passata da 78 a 95 giorni, mentre l’inverno si è ridotto da 76 a 73 giorni. Anche la primavera e l’autunno si sono contratti rispettivamente da 124 a 115 giorni e da 87 a 82 giorni. Di conseguenza, la primavera e l’estate sono iniziate prima, mentre l’autunno e l’inverno sono iniziati più tardi».

Una cosa che ci riguarda molto da vicino, visto che «La regione mediterranea e l’altopiano tibetano hanno subito i maggiori cambiamenti nei loro cicli stagionali».

Lo studio avverte che «Se queste tendenze continuano senza alcuno sforzo per mitigare il cambiamento climatico, entro il 2100 l’inverno durerà meno di due mesi e anche le stagioni di transizione primaverili e autunnali si ridurranno ulteriormente».

Guan ricorda che «Numerosi studi hanno già dimostrato che il mutare delle stagioni causa significativi rischi per l’ambiente e la salute. Ad esempio, gli uccelli stanno cambiando i loro modelli di migrazione e le piante stanno spuntando e fiorendo in tempi diversi. Questi cambiamenti fenologici possono creare discrepanze tra gli animali e le loro fonti di cibo, sconvolgendo le comunità ecologiche. I cambiamenti stagionali possono anche devastare l’agricoltura, specialmente quando false primavere o tempeste di neve tardive danneggiano le piante giovani. E con stagioni di crescita più lunghe, gli esseri umani respireranno più polline che causa allergie e le zanzare portatrici di malattie possono espandere il loro raggio di azione verso nord».

Per Congwen Zhu, che studia i monsoni allo State Key Laboratory of Severe Weather and Institute of Climate System dell’Accademia cinese di scienze meteorologiche e che non è stato coinvolto nel nuovo studio. «Questo cambiamento nelle stagioni potrebbe portare a eventi meteorologici più gravi. Un’estate più calda e più lunga subirà eventi di alte temperature più frequenti e intensificati: ondate di caldo e incendi. Inoltre, inverni più caldi e più brevi possono causare instabilità che porta a ondate di freddo e tempeste invernali, proprio come le recenti tempeste di neve in Texas e Israele».

Scott Sheridan, un climatologo statunitense della Kent State University, anche se non ha preso parte allo studio ha detto che «Questo è un buon punto di partenza generale per comprendere le implicazioni del cambiamento stagionale. E’ difficile concettualizzare un aumento della temperatura media di 2 o 5 gradi, ma penso che rendersi conto che questi cambiamenti imporranno cambiamenti potenzialmente drammatici nelle stagioni probabilmente ha un impatto molto maggiore su come si percepisce cosa sta facendo il cambiamento climatico».