In un anno risparmiato import di materie prime per 16 milioni di euro

Economia circolare, il riciclo dei rifiuti tecnologici fa bene (anche) al clima

Pubblicato il primo Green economy report di Remedia e Fondazione sviluppo sostenibile

[8 Luglio 2016]

Lo sviluppo di un’economia circolare è funzionale alla lotta contro i cambiamenti climatici, e viceversa. A ulteriore dimostrazione di quanto tale assunto sia vincolante, Remedia – fra i principali sistemi collettivi italiani no-profit per la gestione di Raee, rifiuti da impianti fotovoltaici, pile e accumulatori – ha pubblicato il suo primo Green economy report (Ger) che declina il tema della lotta al cambiamento climatico al mondo della gestione dei rifiuti tecnologici: il rapporto, redatto in collaborazione con la Fondazione sviluppo sostenibile, fa il punto sull’impatto del sistema del riciclo dei Raee a livello europeo e italiano.

Nel corso del 2015, Remedia ha gestito oltre 39.800 tonnellate di rifiuti tecnologici, l’88,4% dei quali è stato avviato al recupero di materia ed il 3,1% trasformato in energia; solo l’8,1% è stato destinato allo smaltimento finale in discarica, mentre lo 0,4% a incenerimento. Secondo quanto stimato nel rapporto, solo in Italia il riciclo dei Raee nel 2015 ha permesso di evitare invece l’emissione di circa 550 mila tonnellate di CO2eq, mentre allargando lo sguardo all’intera Europa il computo sale a 2,9 milioni di tonnellate di CO2eq. Al positivo impatto sul clima si associa poi quello – determinante per un Paese come il nostro, dalla grande manifattura ma povero di materie prime – sul risparmio di materiali vergini.

Il nuovo report, dettagliano dunque da Remedia, evidenzia un impatto positivo in termini di performance ambientali misurate non solo attraverso il Carbon footprint (bilancio delle emissioni dei gas serra), bensì anche attraverso altri indicatori quali il Water footprint (bilancio idrico), il Material footprint (bilancio delle risorse) e il Land Footprint (bilancio nel consumo del suolo). Ciò che emerge, in sintesi, è un risparmio di acqua non consumata pari a 659.845 m3, 70.378 tonnellate di risorse non prelevate dall’ambiente e 336 ettari di territorio non sfruttato. In particolare, per quanto riguarda i rifiuti tecnologici raccolti e trattati da Remedia, dal punto di vista dei materiali l’analisi evidenzia nel dettaglio un recupero del 21% di plastica, 20% di vetro, un 6% di altra categoria ed un 53% di metalli. Di questi ultimi la stragrande maggioranza (77,7%) consiste in acciaio e ferro, mentre il piombo è recuperato con un 9,1%, l’alluminio con il 6,3% ed il rame con il 6,2%.

Il recupero di materiali dai rifiuti tecnologici ha ricadute positive non solo sull’ambiente – sottolineano da Remedia – ma in generale sull’economia del Paese: dall’elaborazione della Fondazione sviluppo sostenibile emerge infatti che nell’ultimo anno Remedia ha contribuito a ridurre i costi di importazione di materie prime per un valore complessivamente stimato in circa 16 milioni di euro. Senza contare i benefici economici indiretti dati dagli impatti positivi per le imprese del comparto del recupero: il valore economico distribuito (ossia il totale di costi sostenuti per assicurare l’efficace funzionamento del sistema) è pari a 9,71 milioni di euro, in crescita di circa il 20% rispetto all’anno precedente. Scendendo nel dettaglio, i benefici economici per il paese derivanti dall’attività di Remedia in termini di materiali riguardano il recupero del 16,3% della plastica, l’81,3% dei metalli ed il 2,4% del vetro.

Il 2015 è stato però un anno tutt’altro che facile per l’immissione sul mercato di materiali riciclati. Come testimoniavamo su queste pagine già cinque mesi fa, e come torna a ricordare Walter Rebosio, presidente di Remedia, il «significativo calo dei prezzi delle materie prime dello scorso anno non ha mai ridotto la forte focalizzazione del Consorzio sull’importanza del riciclo», ma certamente ha inciso profondamente sulle dinamiche di mercato del settore.

Come osservava già Danilo Bonato, direttore generale Remedia, un’economia basata sul riciclo «può funzionare in modo efficace e in una prospettiva di lungo periodo solo se si sarà capaci di attribuire il giusto ‘prezzo’ legato all’utilizzo di materie prime vergini da parte dell’industria, che non deve considerare soltanto i costi di produzione, ma anche gli impatti ambientali». Tutto questo, ancora oggi in Italia – dove non esiste un fisco verde che incentivi l’acquisto di prodotti riciclati – non sta accadendo.