È possibile un Green new deal in ogni Paese del mondo? Sì e conviene. Gli esempi di Europa e Usa

In 143 Paesi si potrebbe ridurre il fabbisogno energetico mondiale del 57%, creare 28,6 milioni di posti di lavoro in più rispetto a quelli persi e ridurre i costi energetici, sanitari e climatici del 91%

[23 Dicembre 2019]

Dieci anni dopo la pubblicazione del loro primo piano per alimentare il mondo con energia eolica, solare e idroelettrica, con il nuovo studio “Impacts of Green New Deal Energy Plans on Grid Stability, Costs, Jobs, Health, and Climate in 143 Countries”, pubblicato su One Earth, un team di ricercatori della Stanford University e dell’università della California Berkeley fornisce un quadro aggiornato delle iniziative che 143 Paesi in tutto il mondo dovrebbero prendere per arrivare a produrre il 100% di energia pulita e rinnovabile entro il 2050.

Le nuove roadmaps proiettano nel futuro la basi utilizzate per la parte energetica del Green New Deal Usa e per altri impegni presi a livello di Stati, città business per arrivare globalmente al 100% di energia pulita e utilizzano gli ultimi dati energetici disponibili per ciascun Paese per fornire indicazioni più precise su come rispettare quegli tali impegni. Il nuovo studio utilizza dati aggiornati su come sta cambiando il consumo di energia di ciascun Paese, analizza i costi più bassi e una maggiore disponibilità di energia rinnovabile e delle tecnologie di stoccaggio, include nuovi Paesi e tiene conto delle infrastrutture energetiche rinnovabili di recente costruzione in alcuni Paesi.

Il team guidato da Mark Z. Jacobson del Department of civil and environmental engineering della Stanford University ha cercato soluzioni di rete stabili a basso costo in 24 regioni del mondo e prevedono che «il passaggio all’energia pulita e rinnovabile potrebbe ridurre il fabbisogno energetico mondiale del 57%, creare 28,6 milioni di posti di lavoro in più rispetto a quelli persi e ridurre i costi energetici, sanitari e climatici del 91% rispetto a un’analisi business-as-usual.

Jacobson, che è anche fondatore dell’ONG Solutions Project, sottolinea che «Ci sono molti Paesi che si sono impegnati a fare qualcosa per contrastare i crescenti impatti del riscaldamento globale, ma non sanno ancora esattamente cosa fare. Come funzionerà? Come accenderà le luci? A dire il vero, molti politici e sostenitori che supportano e promuovono il Green New Deal non hanno una vera idea dei dettagli di come sia il sistema attuale o di quale sarà l’impatto di una transizione: è più un concetto astratto, quindi abbiamo provato a quantificarlo e ad individuare quale potrebbe essere un possibile sistema».

Le roadmap prevedono l’elettrificazione di tutti i settori energetici, una maggiore efficienza energetica che porti a un ridotto consumo di energia e lo sviluppo di impianti eolici, idroelettrici e solari in grado di fornire l’80% di tutta l’energia globale entro il 2030 e il 100% di tutta l’energia entro 2050. I settori energetici comprendono elettricità; mezzi di trasporto; riscaldamento e raffreddamento degli edifici; industria; agricoltura, silvicoltura e pesca e apparato militare.

Secondo i modelli realizzati dai ricercatori, «L’efficienza dei veicoli a celle a combustibile a idrogeno e elettrici rispetto ai veicoli a combustibile fossile, dell’industria elettrificata sull’industria fossile e delle pompe di calore elettriche sul riscaldamento e raffreddamento a fossili, insieme all’eliminazione dell’energia necessaria per l’estrazione, il trasporto, e la raffinazione dei combustibili fossili, potrebbe ridurre sostanzialmente il consumo complessivo di energia. Il passaggio all’eolico, all’idroelettrico e al solare richiederebbe un investimento iniziale di 73 trilioni di dollari in tutto il mondo, ma questo si ripagherebbe nel tempo con le vendite di energia. Inoltre, nel tempo è più economico generare energia pulita e rinnovabile rispetto ai combustibili fossili, quindi l’investimento riduce significativamente i costi energetici annuali. Inoltre, riduce l’inquinamento atmosferico e i suoi impatti sulla salute e richiede solo lo 0,17% della superficie terrestre totale dei 143 Paesi per le nuove infrastrutture e lo 0,48% della superficie terrestre totale a fini della spaziatura, ad esempio tra le turbine eoliche».

Jacobson aggiunge: «Abbiamo scoperto che elettrificando tutto con l’energia pulita e rinnovabile, ridurremmo la domanda di energia di circa il 57%. Quindi, anche se il costo per unità di energia è simile, il costo che le persone pagano in totale per l’energia è del 61% in meno. E questo prima di tenere conto del costo sociale, che include i costi che risparmieremo mitigando il danno per la salute e per il clima. Ecco perché il Green New Deal è un ottimo affare. Si ridurrebbero i costi energetici del 60% e i costi sociali del 91%».

Per quanto riguarda l’Europa, il Green New Deal, costerebbe 6,2 trilioni di dollari ma si ripagherebbe nel tempo con le vendite di energia e a lungo termine creerebbe 2,9 milioni di posti di lavoro a tempo pieno in più rispetto a quelli persi. Un investimento che permetterebbe di salvare 180.000 vite che vanno perse ogni anno in Europa a causa dell’inquinamento atmosferico ed eliminerebbe le emissioni energetiche europee che incidono sul riscaldamento globale.

Un European Green New Deal ridurrebbe il fabbisogno energetico finale del 59,0%, i costi privati dell’energia del 44 % (da 2,08 a 0,67 trilioni di dollari all’anno) i costi per energia, salute e clima rispettivamente di 1,4, 1,6 e 2,7 trilioni di dollari all’anno. Mentre i costi sociali dell’energia calerebbero dell’89%: da 6,39 a 0,67 trilioni di dollari all’anno. Il tutto richiederebbe solo lo 0,19% del territorio europeo, lo 0,93% del quale per mantenere gli spazi tra gli impianti, soprattutto tra le pale eoliche, ma si tratta di territorio che può essere sempre utilizzato a fini diversi, come quello agricolo.

Negli Usa, questa roadmap richiederebbe un investimento iniziale di 7,8 trilioni di dollari per la costruzione di 288.000 nuove grandi pale eoliche (5 megawatt) e 16.000 grandi impianti solari (20 megawatt) su solo l’1,08% del territorio statunitense, con oltre l’85% di questo suolo utilizzato che sarebbe necessario per mantenere lo spazio tra le pale eoliche.  Solo negli Usa questo piano green creerebbe 3,1 milioni di posti di lavoro in più rispetto al business-as-usual ed eviterebbe 63.000 morti premature all’anno causate dall’inquinamento atmosferico. Rispetto all’attuale infrastruttura energetica per i combustibili fossili, ridurrebbe i costi energetici, sanitari e climatici rispettivamente di 1,3, 0,7 e 3,1 trilioni di dollari all’anno.

E Jacobson ricorda che la transizione è già in corso: «Abbiamo 11 Stati, oltre al District of Columbia, Puerto Rico,, e un certo numero di importanti città statunitensi che si sono impegnati per il 100% di energia elettrica rinnovabile. Questo significa che ogni volta che avranno bisogno di nuova elettricità perché una centrale a carbone o un impianto a gas chiude, per sostituirle selezioneranno solo tra le fonti rinnovabili».

Nonostante Donald Trump e la sua banda di negazionisti climatici e petrolieri alla Casa Bianca, Jacobson è convinto che persone, imprese e parlamentari svolgano tutti in ruolo importante nella realizzazione di questa transizione: «Se avessimo appena scritto questo documento e lo avessimo pubblicato e non avesse una rete di supporto di persone che volessero utilizzare queste informazioni, si perderebbe semplicemente tra la polverosa letteratura. Se vuoi che venga approvata una legge, hai davvero bisogno che l’opinione pubblica ti sostenga».

I ricercatori ammettono che, come ogni modello, anche questo ha delle incertezze: «Ci sono incoerenze tra i dataset sull’offerta e sulla domanda di energia e i risultati dipendono dalla capacità di modellare il consumo energetico futuro. Il modello presuppone anche la perfetta trasmissione di energia da dove è abbondante a dove è necessaria, senza colli di bottiglia e senza perdita di energia lungo le linee elettriche. Anche se questo non è mai il caso, molte delle valutazioni sono state fatte su Paesi con RETI abbastanza piccole in cui la differenza è trascurabile», ma Jacobson sostiene che «Paesi più grandi come gli Stati Uniti possono essere suddivisi in reti più piccole per rendere la trasmissione ottimale meno preoccupante».

I ricercatori hanno affrontato ulteriori incertezze modellando scenari energetici con costi elevati, medi e bassi, danni da inquinamento atmosferico e danni climatici. Il loro lavoro si concentra deliberatamente solo su eolico, idroelettrico ed energia solare ed esclude l’energia nucleare, il “carbone pulito” e i biocarburanti. I ricercatori spiegano che «L’energia nucleare è esclusa perché richiede tra i 10 e i 19 anni tra la pianificazione e il funzionamento e comporta costi elevati e il rischio di collasso, proliferazione di armi, estrazione mineraria e scorie. Il “Carbone pulito” e biocarburanti non sono inclusi perché causano entrambi un forte inquinamento atmosferico ed emettono ancora oltre 50 volte più carbonio per unità di energia rispetto all’energia eolica, idroelettrica o solare».

Lo studio affronta anche la preoccupazione che le energie rinnovabili non siano in grado di rifornire affidabilmente le reti di distribuzione elettriche perché dipendono dalle condizioni meteorologiche e dal periodo dell’anno. Un problema che viene affrontato direttamente dallo studio in tutte le 24 regioni del mondo e lo studio rileva che «in tutto il mondo la domanda può essere soddisfatta dall’offerta e dallo stoccaggio delle fonti intermittenti». Jacobson e il suo team hanno scoperto che «L’elettrificazione di tutti i settori energetici crea effettivamente una domanda di energia più flessibile. La domanda flessibile è una domanda che non deve essere soddisfatta immediatamente. Ad esempio, una batteria per auto elettriche può essere caricata a qualsiasi ora del giorno o della notte o uno scaldabagno elettrico a pompa di calore può riscaldare l’acqua a qualsiasi ora del giorno o della notte. Poiché l’elettrificazione di tutti i settori energetici crea una domanda più flessibile, l’abbinamento della domanda con l’offerta e lo stoccaggio diventa più facile in un ambiente pulito».

Jacobson conclude: «Inoltre, le roadmap fornite e da questo studio non sono le uniche possibili e indicano il lavoro svolto da altri 11 gruppi che hanno trovato anche altri percorsi fattibili per ottenere il 100% di energia pulita e rinnovabile. Stiamo solo cercando di delineare uno scenario per 143 Paesi per dare alla gente in questi e in altri Paesi la fiducia che sì, questo è possibile. Ma ci sono molte soluzioni e molti scenari che potrebbero funzionare. E’ come prevedere esattamente cosa accadrà, ma non è come se dovessimo trovare un ago nel pagliaio. Ci sono molti aghi in questo pagliaio».