Dopo Verona, Cortina: il Veneto stretto tra eventi meteo estremi e cementificazione

Zangheri: «Come puntualmente ricorda Ispra nei suoi rapporti, da molti anni è la regione più cementificata d'Italia»

[25 Agosto 2020]

Negli ultimi giorni il territorio del Veneto ha patito una rapida sequenza di eventi meteo estremi: a causa delle “eccezionali avversità atmosferiche verificatesi in varie parti del territorio sabato 22 e domenica 23 agosto scorsi” la Regione ha dichiarato lo stato di crisi in 45 Comuni sparsi in 4 diverse province, da Verona – particolarmente colpita – a Cortina d’Ampezzo.

Mentre le operazioni dei Vigili del fuoco sono ancora in corso a Verona (sono 320 gli interventi messi in campo dal 23 agosto), ieri sera Cortina è stata allagata di nuovo a causa di piogge intense, che hanno portato a straripamento il torrente Roiba e costretto i Vigili del fuoco a inanellare altre 50 operazioni di soccorso.

«Dopo la tempesta Vaia dell’ottobre 2018, dopo l’alluvione a Venezia del novembre scorso, dopo le frane e il dissesto geo-idrologico degli anni precedenti, in Veneto come altrove – commenta Pietro Zangheri, presidente della sezione nord-est della Società italiana di geologia ambientale (Sigea) – si risponde con logiche di Protezione civile prevalentemente di soccorso e interventi di ripristino dello stato dei luoghi. Ogni volta uno “stato di crisi”, certo in molti casi indispensabile; basta questo per evitare che gli effetti al suolo del prossimo evento atmosferico non si ripetano o addirittura non siano più gravi? Il Veneto, come puntualmente ricorda Ispra nei suoi rapporti, da molti anni è la regione più cementificata d’Italia – oltre 1600 ettari di suolo naturale impermeabilizzati solo negli ultimi 2 anni; nel contempo gli uffici regionali preposti alla salvaguardia geologica si assottigliano, rischiando l’estinzione».

Più nel dettaglio, l’ultimo report Ispra sul consumo di suolo documenta che in Veneto l’11,87% del suolo risulta già consumato, il secondo dato in Italia dopo la Lombardia (12,05%), ed è proprio qui che si registrano gli incrementi maggiori dell’ultimo anno, indicati dal consumo di suolo netto in ettari: 785 ettari in più.

Anche la densità dei cambiamenti netti del 2019, ovvero il consumo di suolo rapportato alla superficie territoriale, rende evidente il peso del Nord-Est che consuma 2,27 metri quadrati ogni ettaro di territorio, contro una media nazionale di 1,72 m2 /ha. Tra le regioni, la densità del consumo di suolo è più alta in Veneto (4,28 m2 /ha), Puglia (3,23 m2 /ha), Lombardia (2,69 m2 /ha) e Sicilia (2,38 m2 /ha).

La criticità non cambia neanche guardando l’indicatore di consumo di suolo marginale che, incrociando i dati demografici, evidenzia come in Veneto si consumino più di 10 mila metri quadrati per ogni “nuovo abitante”. L’indicatore Ratio of land consumption rate to population growth rate indica del resto situazioni di significativo sbilanciamento tra consumo e popolazione, assumendo il valore positivo massimo, pari a 21,71 in Veneto, dove si registra un incremento della popolazione di più di 800 abitanti e un incremento del suolo consumato di 7,8 km2, con un tasso di variazione del consumo di suolo maggiore del tasso di variazione della popolazione.

«A ogni estate, a ogni mese dell’anno, a ogni regione del nostro Paese – osserva Antonello Fiore,  presidente nazionale della Sigea – si può associare un evento naturale, che sia una frana, un’alluvione, un allagamento, una voragine, una erosione costiera, un terremoto, una valanga, i cui effetti sono ricondotti dagli amministratori e dai politici, quando va bene, in “stato di crisi”. D’altronde le cerimonie delle ricorrenze di questi eventi ci ricordano quello che è accaduto e come eravamo impreparati. Siamo il Paese dallo stato di crisi permanente. In un’Europa sempre più motivata a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030 e pronta a investire diverse decine di miliardi di euro – come si evince dai programmi comunitari del Green new deal e del Recovery fund – gli amministratori (in Veneto come in altre regioni d’Italia) che agiscono, su territori sempre più vulnerabili per gli effetti della crisi climatica, con interventi emergenziali stanno dando la risposta giusta».