Deloitte, la tassonomia verde dell’Ue rappresenta un «passaggio decisivo» per le imprese

«C’è parecchio lavoro da fare: va anzi tutto stabilito un legame più stretto tra gli obiettivi climatici di breve e lungo termine e la strategia aziendale, cui far conseguire una coerente allocazione del capitale»

[5 Gennaio 2022]

La tassonomia verde dell’Ue, entrata in una fase decisiva sommersa dalle critiche per l’apertura a gas e nucleare da parte della Commissione, una volta approvata fisserà gli standard per definire un’attività economica “sostenibile” o meno, cambiando lo scenario di riferimento delle imprese.

Secondo il sustainability leader di Deloitte Italia, Franco Amelio, si tratta di «un passaggio decisivo per la decarbonizzazione della nostra economia, che cambierà il contesto competitivo per le imprese. Le aziende, se già non l’hanno fatto, ora saranno costrette a dotarsi di una strategia climatica che mitighi i rischi e amplifichi le opportunità, sia nel breve che nel lungo termine. Strategia che deve poi declinarsi nei necessari strumenti attuativi, in termini di metriche, processi, obiettivi, operazioni, fino alla rendicontazione, cui sono interessati tutti gli stakeholder, a partire dagli investitori».

Sia chiaro che, come precisa l’ex co-presidente del partito Verde europeo – Monica Frassoni – i criteri della tassonomia «non proibiscono nulla» ma hanno comunque l’importante compito di «rappresentare una guida per gli investitori, i governi, le imprese e possono rappresentare un potente aiuto alla finanza sostenibile, ancora oggi largamente insufficiente a coprire i costi della transizione». In pratica, influenzeranno l’allocazione non solo degli investimenti pubblici ma anche di quelli privati. Il mercato italiano è pronto al cambiamento?

Lo studio di Deloitte “Il climate change nell’informativa finanziaria redatta dalle società quotate in Italia” documenta che il 53% delle relazioni finanziarie annuali 2020 delle società quotate sul Mta contiene informazioni sul clima – un trend in crescita dell’11 per cento rispetto allo scorso anno. Spesso, però, si tratta di informazioni di contesto o di mercato, in larga misura qualitative, riflesse solo in parte sulla gestione dei rischi, ancor meno sulla strategia e quasi per nulla sulle poste iscritte in bilancio, come precisa Amelio.

«In questa fase di assestamento – conclude il sustainability leader di Deloitte Italia – si registrano casi piuttosto evidenti di green marketing, per non dire di greenwashing: una tendenza che potrebbe persino accentuarsi nei prossimi mesi, ma che è destinata a scontrarsi con l’azione legislativa e regolatoria e con la maggiore consapevolezza dei consumatori. Per le imprese, dunque, c’è parecchio lavoro da fare: va anzi tutto stabilito un legame più stretto tra gli obiettivi climatici di breve e lungo termine e la strategia aziendale, cui far conseguire una coerente allocazione del capitale».