Debito ecologico: Bolivia, Cuba, Equador e Venezuela chiedono una Corte internazionale

La Declaración anticapitalista di Tiquipaya verrà presentata alla COP21 di Parigi

[14 Ottobre 2015]

Dopo tre giorni di dibattito,  la seconda Conferencia Mundial de los Pueblos sobre Cambio Climático y Defensa de la Vida, tenutasi in Bolivia, ha approvato una  dichiarazione  nella quale si propone «una transizione dell’attuale modello di civiltà per garantire la sopravvivenza dell’umanità». La Declaración de Tiquipaya verrà presentata a dicembre alla Conferenza delle parti dell’Unfccc a Parigi dal  presidente della Bolivia Evo Morales e dai presidenti di Venezuela ed Equador, Nicolás Maduro e Rafael Correa, che hanno partecipato alla Conferencia.

Il documento identifica nel modello capitalista come il principale colpevole del deterioramento ambientale e per questo chiede di cambiarlo e una transizione «verso il modello di civiltà del Vivir Bien». Secondo la Declaración de Tiquipaya, «Il mondo viene martoriato da una molteplice crisi globale che si manifesta in una crisi climatica, finanziaria, alimentare, energetica, istituzionale, culturale, etica e spirituale e da uno stato di guerra permanente. Questo ci dimostra che stiamo vivendo una crisi integrale del capitalismo e di un modello di società. Per sopravvivere, l’umanità deve liberarsi del capitalismo perché conduce l’umanità verso un orizzonte di distruzione che condanna a morte la natura e la vita stessa».

La dichiarazione approvata in Bolivia sottolinea: «Dobbiamo mettere in marcia un nuovo modello civilizzatorio che dia valore alla cultura della vita e alla cultura della pace, e un nuovo modello civilizzatorio  è il Vivir Bien. Il mondo deve passare ad una visione olistica del Vivir Bien, approfondendo la complementarietà tra i diritti dei popoli e i diritti della Madre Tierra» ed lancia l’allarme sul rischio di una «catastrofe planetaria» se la temperatura della Terra salirà oltre gli 1,5 gradi centigradi e per questo difende la proposta di «un sistema giuridico internazionale che punisca i Paesi che non rispettano i loro impegni internazionali di proteggere l’integrità della Madre Tierra». I delegati alla Conferenza di Tiquipaya sono stati invitati a «Guarire l’umanità per salvare la Madre Tierra» e per farlo è necessario «passare a un nuovo modello di convivenza».

Morales ha infiammato la platea delle migliaia di delegati provenienti da tutto il mondo quando ha detto che «Gli Stati rivoluzionari preferiscono essere sottomessi ai popoli e non agli imperi, per questo le conclusioni della seconda Conferencia Mundial de los Pueblos sobre Cambio Climático y Defensa de la Vida saranno sottoposte alla COP21 che si terrà a dicembre in Francia. I nostri popoli sono saggi, sanno esattamente “cosa vogliono, quale è il cammino che si deve seguire, seguiamo questo cammino in Bolivia per questo abbiamo risollevato il Paese e proseguiremo avanzando e i governanti devono saper ascoltare».

Morales ha esortato tutti a «Lottare per fermare gli effetti del cambiamento climatico, mentre il  G7 propone che la temperatura salga di 2 gradi centigradi, con i quali si distruggerebbe la natura». Per questo «La gioventù, le nuove generazioni, per principio, per la vita, per l’umanità dovrebbero essere antimperialiste che è l’eredità che hanno lasciato gli antenati ad ognun dei popoli latinoamericani che hanno lottato per recuperare il potere politico. In Bolivia abbiamo adempiuto a questo mandato perché abbiamo recuperato il potere politico con i nostri movimenti sociali e con l’unità di tutti. Il Paese si è liberato della politica neoliberista  e ora stiamo meglio di prima ed abbiamo stabilità politica, sociale e una crescita economica che si distingue tra i Paesi del continente americano.  I nostri nonni ci hanno dato una grossa responsabilità: la lotta permanente contro l’imperialismo e contro il capitalismo che prima ci dividevano perché non volevano la stabilità politica, volevano dividerci per dominarci, per derubarci economicamente e saccheggiare le nostre risorse naturali». Secondo Morales, «Le nuove generazioni, la gioventù, saranno vittime del capitalismo se non fermiamo questo riscaldamento globale. Grazie ai fratelli indigeni, maestri, campesinos, minatori, trasportatori, abbiamo salvato la Bolivia. I latinoamericani, di qualsiasi classe sociale, per principio dovrebbero essere antimperialisti, anticolonialisti e anticapitalisti, questa è l’eredità che ci hanno lasciato i nostri antenati».

Musica per gli orecchi del ministro degli esteri di Cuba, Bruno Rodríguez, che intervenendo alla manifestazione di chiusura della Conferenza di Tiquipaya ha sottolineato che «Dobbiamo difendere il vivir bien, i diritti della Pachamama, perché così ci difendiamo anche dalle catastrofi del cambiamento climatico e dell’economia capitalista distruttrice della natura.  Non accetteremo, a Parigi, che si diluiscano le responsabilità dei Paesi per pagare il loro debito ecologico. E’ necessaria la creazione di una Corte internazionale e indipendente. Sarà necessario difendere il fatto che l’accordo sia giusto e ambizioso e che si basi sul principio delle responsabilità comuni ma differenziate. Non c’è la volontà nei Paesi».

Alla Conferenza boliviana era presente anche il ministro degli esteri francese Laurent Fabius che ha avvertito: «La creazione di un tribunale è interessante, però sarò complicato ottenerla, molti Paesi sicuramente resisteranno. Dobbiamo arrivare ad un accordo giuridicamente obbligatorio».

Il presidente equadoregno Correa, alle prese nel suo Paese con proteste che lo accusano di autoritarismo e di svendere le risorse indigene, ha proposto, «L’universalizzazione dei diritti della natura e della sua protezione come un bene di immenso valore, però che non ha prezzo, cosa che non è compresa dall’economia capitalista che vuole mettere un prezzo a tutto e se non lo ha non esiste. Bisogna dichiarare le tecnologie che aiutano a mitigare gli effetti del cambiamento climatico di libero accesso e generalizzare il loro uso tra tutti i Paesi». Anche per Correa «Bisogna lottare per l’istituzione di un tribunale internazionale capace di quantificare il debito ecologico dei Paesi ricchi però, intanto, si deve evitare che il debito o si incrementi».

Correa ha aggiunto che «L’essere umano non è l’unico importante in natura, però continua ad essere il più importante. Il riscaldamento globale è anche una parola che definisce il socialismo e questa parola è giustizia, in questo caso giustizia ambientale. E’ necessario lottare per questo tribunale internazionale  per quantificare ed obbligare a pagare il debito ecologico che hanno i Paesi più ricchi, però bisogna soprattutto evitare che il debito continui a crescere. Se in questa Conferenza (la COP21 di Parigi, ndr) falliamo e non troviamo accordi vincolanti per proteggere questo unico pianeta che abbiamo, potrebbe iniziare il funerale della nostra civiltà»

Il presidente venezuelano Maduro in Bolivia ha ritrovato il sorriso dopo mesi di durissimi scontri di piazza con l’opposizione e denunce di tentati colpi di stato ed ha colto l’occasione  per ricordare che «I popoli uniti devono lottare per la loro felicità, che non ha niente a che vedere con il concetto di felicità da accumulazione, ma con il condividere e che tutti godano dell’uguaglianza e dei diritti umani».

Anche Maduro si è impegnato a portare alla COP21 Unfccc la Declaración de Tiquipaya: «La sfida ora è quella di garantire che le conclusioni dell’incontro di Tiquipaya vengono ascoltate e tenute di conto a Parigi. Ora abbiamo una grande sfida: che questa voce comune che si è levata da questo evento mondiale sia la nostra voce e che portiamo con coraggio tutte le proposte che sono state approvate al summit di Parigi. Che sia la voce che segnerà le decisioni che andremo a prendere a Parigi». E anche il presidente del Venezuela ha chiesto di «Creare un Tribunale Ambientale, la protezione della biodiversità, il recupero e la difesa del patrimonio comune, la restituzione della terra a favore dei popoli indigeni e garantire l’acqua di qualità».

Maduro ha ricordato che «Il 12 ottobre è  il giorno della resistenza indigena dei popoli della nostra America. Solo il popolo salva il popolo, solo noi popoli salveremo l’umanità e salveremo la vita in questo pianeta. Salvare il sistema per metterlo al servizio degli esseri umani, al servizio del popolo, al servizio della sopravvivenza nel pianeta, nella Pachamama».

Ma dalla  Mesa 18 autoconvocada, uno dei 12  tavoli di lavoro della Conferencia Mundial de los Pueblos sobre el Cambio Climático, è arrivata una dura critica al modello estrattivista (e nuclearista) del governo boliviano e contro la rielezione per la terza volta di Evo Morales e Álvaro García Linera e quindi anche del presidente dell’Equador Correa..

Cancio Rojas, leader del Consejo Nacional de Ayllus y Markas del Qullasuyu (Conamaq) Orgánico, ha detto che la mesa 18  «Ha formato una “Alianza por la Vida”, contro lo sviluppo estrattivista dell’attuale governo» e che questa nuova Alleanza per la Vita si riunirà a novembre in un Encuentro Nacional «che ha il proposito di definire azioni da fare per cambiare il modello estrattivista e la matrice produttiva basata sullo sfruttamento minerario e petrolifero».

Rojas ha anche annunciato che l’ Alianza por la Vida  «Organizzerà una campagna di massa per il no al cambiamento della Constitución Política del Estado» che permetterebbe la rielezioni di Morales.

Quanto al modello produttivo dell’attuale governo Morales, Rojas sostiene che «Produce emissioni di gas serra e pertanto colpisce l’ambiente. E’ necessario cambiare la matrice produttiva, sulla base di una produzione familiare indigena originaria campesina».