Crisi climatica, in Italia la difesa della salute passa da una riduzione delle disuguaglianze

Iiph: «La gravità dei rischi per la salute legati al clima dipende fortemente da quanto i sistemi sanitari pubblici riescono a proteggere le persone»

[4 Agosto 2022]

La crisi climatica è una realtà purtroppo già ben radicata in Italia, dove agli impatti sul territorio si accompagnano crescenti rischi per la salute umana, come documenta il dossier Il cambiamento climatico in Italia: l’impatto sulla salute umana e i processi di adattamento, realizzato dall’Italian institute for planetary health (Iiph), che parte da un semplice dato di fatto.

L’Italia «continua a surriscaldarsi più velocemente della media globale», dove la crisi climatica ha già portato la temperatura media a +1,1°C rispetto all’era preindustriale, mentre nel nostro Paese siamo già a +2,4°C e gli eventi meteo estremi sono cresciuti di 8 volte dal 2008. Tutto questo comporta profonde ricadute anche sul fronte sanitario, come evidenzia la ricerca dell’Iiph, presentata da Walter Ricciardi (oggi all’Università cattolica del Sacro cuore di Roma, già presidente dell’Istituto superiore di sanità) e Giuseppe Remuzzi (direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs), e successivamente analizzata dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS).

«La gravità dei rischi per la salute legati al clima dipende fortemente da quanto i sistemi sanitari pubblici riescono a proteggere le persone – spiega l’Iiph – Il cambiamento climatico minerà la capacità dei sistemi sanitari pubblici di fronteggiare le malattie, in particolare nelle regioni povere di risorse. La tensione sui sistemi sanitari ed economici continuerà a crescere man mano che gli eventi climatici estremi diventeranno più frequenti e intensi».

Come sottolinea l’ASviS sono in aumento, ad esempio, le malattie infettive “emergenti” a causa di una serie di fattori, tra cui: lo spostamento di animali selvatici e dei loro parassiti in nuove aree a causa del cambiamento climatico, del commercio globale e dei viaggi; l’intrusione umana e la riconversione di aree naturali a scopo agricoli o per l’estrazione di materie prime; l’aumento del commercio e del consumo di specie selvatiche; l’aumento della mobilità umana derivante dal commercio globale, dalla guerra, dai conflitti e dal fenomeno migratorio; l’uso diffuso di antimicrobici, che possono promuovere infezioni resistenti agli antibiotici.

Tutti problemi che non sono circoscritti “solo” a Paesi in via di sviluppo, ma ci riguardano già direttamente. Solo negli ultimi cinquant’anni, in Europa, le vittime registrate legate ai disastri climatici e messe in fila dall’Iiph spaziano dalle 65mila persone uccise dalla siccità, alle 577mila dalle tempeste, alle 58mila dalle inondazioni, alle 55mila dalle temperature estreme.

Un contesto che vede l’Italia particolarmente esposta, come mostrano tra gli altri il record europeo per numero d’incendi (1422) segnato nel 2021, oppure la peggiore siccità da 70 anni, ancora in corso.

Ma anche in questo caso le ricadute non sono distribuite equamente tra la cittadinanza: ad esempio «il caldo estremo aggrava i problemi nell’Italia urbana, dove il calore urbano è sovrapposto al riscaldamento regionale. Ciò colpisce in particolare i gruppi svantaggiati dal punto di vista socio-economico», sottolinea l’Iiph, evidenziando la complementarità tra sostenibilità sociale e ambientale.

«Abbiamo le soluzioni a portata di mano – argomenta l’Iiph – per ridurre il rischio di pandemie, affrontare il cambiamento climatico, migliorare la giustizia sociale e proteggere la biodiversità. I Paesi possono affrontare contemporaneamente l’attuale pandemia ed aumentare la resilienza ai cambiamenti climatici. Ci sono tanti altri modi per affrontare le vulnerabilità e le ingiustizie sociali nelle società e per far fronte a una serie di shock e stress», evidenzia il dossier, portando alla luce come il vero elemento ancora mancante per una lotta efficace alla crisi climatica sia di fatto la mancanza di una politica realmente sostenibile e progressista.

«Rendere la salute umana resiliente richiede di prevenire gli impatti del cambiamento climatico stesso, identificando le popolazioni vulnerabili e migliorando le misure di protezione della salute. Tra queste, la riduzione delle disuguaglianze socioeconomiche può attenuare, inoltre, anche la vulnerabilità delle persone nei confronti dei rischi per la salute legati al clima».

Un doppio vantaggio, che siamo ancora in grado di perseguire tramite un’adeguata azione politica: in quest’ottica anche l’appuntamento elettorale di settembre assume una rinnovata valenza.

L. A.