Crisi climatica e politica in Somalia, la nostra ex colonia potrebbe tornare ad essere uno Stato fallito

Il presidente sospende il premier nel bel mezzo di una siccità devastante e le elezioni potrebbero nuovamente slittare in un Paese affamato

[3 Gennaio 2022]

Il 26 dicembre Adam Abdelmoula, rappresentante Onu e coordinatore umanitario in Somalia, scriveva su UN News: «La Somalia è stata lacerata da decenni di conflitti ed eventi meteorologici estremi ma, ci sono segni di progresso in mezzo a una serie di sfide in corso. Sono arrivato in Somalia nel settembre 2019, vent’anni dopo che avevo  lavorato qui in precedenza. Sapevo che stavo assumendo un incarico impegnativo, ma non vedevo l’ora di vedere i progressi fatti dalla Somalia».

Abdelmoula ricorda che, «Afflitta da decenni di conflitti, shock climatici ricorrenti, epidemie e povertà, la Somalia è stata spesso definita uno “Stato fallito”. La narrativa sta cambiando e, sebbene fragile, la Somalia è sulla via della stabilità e la resilienza del popolo somalo non è seconda a nessuno. Detto questo, non ci illudiamo: rimangono sfide significative e dobbiamo lavorare ancora di più per preservare i risultati ottenuti fino ad oggi. La traiettoria ascendente della Somalia è evidente nel boom edilizio: come ha notato un analista, il suono del martello sta sostituendo il suono degli spari nella capitale della Somalia».

Ma è bastato un giorno perché lo scenario cambiasse: il 27 dicembre il presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed ha sospeso il primo ministro Mohamed Hussein Roble  per presunta corruzione e uso improprio del suolo pubblico. Con una dichiarazione che ha terremotato il già pericolante panorama politico somalo  Mohamed  ha spiegato che «Prendendo atto che il Primo Ministro il 26 dicembre 2021, ha nominato un nuovo Ministro della Difesa senza completare l’indagine in corso sull’interferenza nell’indagine in corso sulla corruzione dei terreni pubblici di proprietà della SNA, il primo ministro è stato sospeso dall’incarico e dai suoi poteri in attesa di un’indagine». Mohamed ha anche ordinato la sospensione del suo incarico  del comandante della marina Somala  che in precedenza aveva accusato il primo ministro di appropriazione indebita e abuso di suolo pubblico.

Il primo ministro sospeso e il presidente si sono scambiati accuse mentre la situazione di stallo politico in Somalia precipitava verso un nuovo scontro: Mohamed ha accusato Roble  non aver assolto al suo mandato di guidare il Paese verso le urne come gli era stato detto di fare. Il premier ha ribattuto che il presidente «Ha intenzionalmente interrotto le elezioni generali in corso» e ha definito «oltraggiosa» la decisione di estrometterlo dal suo incarico.​​​​​​​

Per l’agenzia di stampa Anadolu si tratta di una profonda spaccatura che «Ha fatto precipitare il paese del Corno d’Africa in una crisi politica. La Somalia stava già affrontando sfide su più fronti con siccità, problemi economici e problemi di sicurezza». Inoltre, la lotta per il potere tra i clan e gli Stati somali (e alcuni Paesi stranieri) ha aggravato la crisi.

Il presidente e i governatori somali si erano incontrati il ​​17 settembre 2020 e avevano concordato che le elezioni presidenziali si sarebbero tenute l’8 febbraio 2021 e le elezioni parlamentari il 1° gennaio 2021, ma a causa di disaccordi nelle commissioni elettorali federali non era stato possibile determinare il calendario elettorale. Durante i colloqui del  3 – 6 febbraio 2021 a Dhusamareb tra il governo federale somalo e i leader regionali sulle elezioni posticipate era stato raggiunto un accordo per tenere le elezioni nel 2022, ma disaccordo sul calendario elettorale è continuato a causa delle nomine dei membri della commissione elettorale nello stato autonomo del Jubaland e nel Somaliland indipendentista e ha innescato una nuova crisi politica.

In Somalia le elezioni parlamentari e presidenziali si tengono una dopo l’altra e si svolgono secondo un sistema elettorale basato sui clan, chiamato 4.5 Formula, che assegna ai 4 clan maggiori una quota uguale in parlamento e metà ai gruppi di minoranza. I 275 membri della “Casa del Popolo”, la Camera Bassa, sono eletti per 4 anni da 14.000 delegati in rappresentanza delle diverse tribù della Somalia. I membri della Camera Alta sono scelti dai Consigli di Stato ed eleggono sia il Presidente dell’Assemblea che il Presidente della Repubblica.

Mohamed era rimasto al suo posto, nonostante il suo mandato presidenziale fosse scaduto l’8 febbraio 2021, irritando i partiti di opposizione e alcuni leader regionali. Il 12 aprile 2021, il parlamento somalo ha votato per estendere di due anni il mandato del presidente e del governo federale nel tentativo di porre fine allo stallo politico sulle elezioni nazionali. Dopo il rinvio delle elezioni, l’opposizione ha annunciato di non riconoscere Mohamed Abdullahi Mohamed come presidente. Il Consiglio dei candidati alla presidenza ha definito il licenziamento del primo n ministro «Un tentativo di golpe» e ha chiesto al presidente di «Dimettersi immediatamente per porre fine all’attuale crisi politica».

Mohamed aveva delegato la gestione del processo elettorale proprio al premier Roble  e il governo somalo il 27 maggio aveva deciso di indire le elezioni posticipate entro 60 giorni e che il calendario esatto sarebbe stato determinato dalla commissione elettorale.

In seguito alla decisione dei candidati presidenziali dell’opposizione di boicottare le elezioni, il 6 settembre Roble aveva licenziato il direttore della National Intelligence and Security Agency, Fahad Yasin, , sostenendo che non aveva consegnato un rapporto sull’omicidio dell’ufficiale dell’intelligence, Iran Tahlil Farah, avvenuto a giugno, e ha nominato Bashir Mohamed Jama capo ad interim dell’agenzia, mentre il presidente Mohamed ha nominato a capo della stessa agenzia Yasin Abdullahi Mohamed e Fahad Yasin consigliere per la sicurezza nazionale. Poi, il 16 settembre, Mohamed ha tolto a Roble il potere di nominare e rimuovere funzionari, accusandolo di «Aver preso decisioni avventate e affrettate». Decisione respinta da Roble il giorno dopo, che l’ha definita illegale, affermando che si sarebbe «Attenuto solo a decisioni in linea con la Costituzione».

Presidente e premier erano quindi separati in casa da mesi in un governo che tiene insieme Stati e tribù di separati in casa e la svolta del 27 dicembre più che annunciata era attesa. La situazione nella ex colonia italiana rischia nuovamente di precipitare e partner internazionali della Somalia come Onu, Unione africana e Unione europea hanno espresso profonda preoccupazione per gli ultimi sviluppi nel Paese e il 28 dicembre hanno invitato i suoi leader a «Mettere al primo posto gli interessi del Paese, a ridurre le tensioni politiche e ad astenersi da provocazioni o dall’uso della forza, che potrebbero minare la pace e la stabilità».

Abdelmoula ha ricordato che «L’Onu sostiene da vicino il popolo somalo sin dalla nascita della Repubblica nel 1960. Attualmente, i vari mandati dell’Onu sono attuati attraverso 26 Agenzie, Fondi e Programmi (sia residenti che non residenti), una missione politica (la United Nations Assistance Mission to Somalia, UNSOM ) e una missione di supporto logistico (la UN Support Mission to Somalia, UNSOS). Al culmine della pandemia di COvid-19, le Nazioni Unite hanno schierato il sostegno per aiutare il governo somalo a rispondere all’epidemia di virus. Continuiamo a sostenere le autorità somale nel tentativo di sconfiggere questa pandemia e incoraggiare le persone a vaccinarsi».

Prima del nuovo scontro tra premier e presidente, l’Onu stava sostenendo il processo elettorale per garantire che le elezioni si svolgessero in modo pacifico e trasparente, sostenendo allo stesso tempo una quota del 30% di donne nel parlamento somalo.

Ma è lo stesso Abdelmoula a ricordare che «Non dobbiamo dimenticare le sfide di lunga data della Somalia. Secondo le proiezioni ONU per il 2022, si stima che 7,7 milioni di somali (quasi la metà della popolazione del paese) avranno bisogno di assistenza e protezione umanitarie, e donne e bambini continuano a sostenere il peso delle complesse crisi umanitarie della Somalia, soprattutto tra le comunità sfollate. Alla luce delle attuali gravi siccità, il 23 novembre il governo somalo ha dichiarato lo stato di emergenza umanitaria. Tuttavia, né il governo né la comunità umanitaria hanno risorse adeguate per rispondere. Il Piano di risposta umanitaria 2021, che richiede 1,09 miliardi di dollari, rimane finanziato solo al 70%. Sono urgentemente necessarie risorse aggiuntive per evitare che una situazione umanitaria già disastrosa diventi una catastrofe, quindi continuiamo a coinvolgere i partner su questo argomento. A questo proposito, ho intrapreso missioni in Europa in ottobre e nel Golfo in settembre. Durante le mie interazioni con i partner, ho sottolineato la necessità di ulteriori finanziamenti per affrontare l’escalation della crisi umanitaria in Somalia e ho spiegato come l’inazione non solo rischi di annullare i progressi, ma metta in pericolo la vita di milioni di somali».

Una delle cause della instabilità endemica della Somalia è la crisi climatica che porta il diversi clan e Stati a scontrarsi per le risorse e il Paese sta attualmente combattendo una delle peggiori siccità legate al cambiamento climatico degli ultimi decenni. Il governo somalo ha già dichiarato lo stato di emergenza umanitaria per siccità.

Durante le sue visite sul campo in Somalia, Abdelmoula ha anche toccato con mano la triste realtà delle condizioni climatiche avverse: «La Somalia è senza dubbio in prima linea nel cambiamento climatico. Le ricorrenti siccità e inondazioni stanno provocando sfollamenti diffusi, rapida urbanizzazione, fame, malnutrizione e povertà. Il cambiamento climatico è anche sempre più visto come il motore del conflitto e una minaccia per la sicurezza del Paese, poiché la lotta per le scarse risorse approfondisce le divisioni. Inoltre, la perdita dei mezzi di sussistenza tradizionali rende le persone vulnerabili al reclutamento da parte di gruppi armati come Al-Shabaab. La Somalia sta attualmente vivendo una terza stagione consecutiva di precipitazioni al di sotto della media, con quasi l’80% del Paese che soffre di condizioni di siccità, penuria d’acqua e decessi di bestiame, e un somalo su cinque non ha abbastanza acqua per coprire i propri bisogni primari».

Il 24 dicembre, il portavoce presidenziale somalo Abdirashid Mohamed Hashi ha detto che «Le frequenti catastrofi causate da siccità e inondazioni sono causate dal cambiamento climatico che sta portando anche a una distruzione graduale e diffusa dell’ambiente del Paese. Non stiamo contribuendo alla crisi. E’ stata creata dai Paesi industrializzati. Il governo sta lavorando per alleviare la siccità. C’è un comitato a livello ministeriale che lavora sulla questione e il presidente della repubblica somala ha donato i suoi stipendi di novembre e dicembre per una campagna di soccorso».

Ma in questa catastrofe climatica e politica c’è anche una nota positiva: nell’ambito degli sforzi per mitigare l’emergenza climatica, il governo somalo, con il sostegno dell’Onu, ha recentemente adottato un ambizioso Nationally Determined Contribution per raggiungere gli obiettivi climatici globali, con la Somalia che si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas serra del 30% entro il 2030. Per quanto riguarda l’apertura il 23 dicembre del Centro di eccellenza per l’adattamento climatico e la protezione ambientale (CAEP) dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) a Mogadiscio, secondo il portavoce Hashi  «Dimostra che la sicurezza della Somalia è ora stabile e strategicamente posizionata geograficamente. Il centro renderà più facile determinare le cause di siccità e inondazioni nel Paese del Corno d’Africa. Il centro creerà anche opportunità di lavoro di cui il Paese ha bisogno».

Abdelmoula conclude: «Le crisi della Somalia sono multiformi e richiedono soluzioni complete da parte di tutte le parti interessate. E’ nostra responsabilità collettiva sostenere gli sforzi del popolo somalo per far fronte a queste crisi e trovare soluzioni durature che costruiscano la resilienza contro gli shock futuri. Non dobbiamo deludere le persone che ci siamo impegnati a servire».

E non dovrebbe deludere i Somali nemmeno la distratta Italia che, dopo aver fatto della Somalia una sua colonia, dopo esserne stata l’amministratrice per conto dell’Onu, dopo l’indipendenza e dopo aver installato al potere l’ex carabiniere italiano e dittatore Siad Barre, ha trattato quel Paese come una discarica di rifiuti nucleari e tossici e poi lo ha abbandonato dopo il fallimento della missione congiunta con gli Usa per tentare di mettere ordine dopo che la dittatura era crollata. La Somalia era diventata uno Stato fallito, stava faticosamente tentando di risorgere ma crisi politica e climatica endemiche rischiano di riportare indietro l’orologio della storia e del progresso umano.