La conoscenza è un importante fattore leva

Cosa è che ci fa preoccupare per i cambiamenti climatici?

Ma una maggiore conoscenza delle dimensioni biofisiche del fenomeno tende a smorzare l’interesse dell’opinione pubblica

[27 Aprile 2016]

E’ intuitivo supporre che la preoccupazione per il cambiamento climatico dovrebbe essere preceduta da conoscenze sui suoi effetti, ma recenti studi  suggeriscono che «La conoscenza sui cambiamenti climatici ha solo un effetto limitato nel plasmare la preoccupazione per il cambiamento climatico». Non è quello che ha scoperto lo studio “Knowledge as a driver of public perceptions about climate change reassessed”, pubblicato su Nature Climate Change  da un team di ricercatori dell’Institute for environmental decisions dell’ETH Zürich e dell’università del  Michigan.  I ricercatori svizzeri e statunitensi spiegano: «La nostra opinione è che questo risultato controintuitivo sia in funzione di come la conoscenza viene generalmente misurata negli studi sui cambiamenti climatici. Abbiamo scoperto che, se si misura in un campo specifico e in modo multidimensionale, la conoscenza è infatti un importante fattore della preoccupazione per il cambiamento climatico, anche quando abbiamo controllato i valori umani. Allo stesso modo, le diverse dimensioni della conoscenza giocano ruoli diversi nel plasmare la preoccupazione per il cambiamento climatico».

I risultati sono frutto di un sondaggio effettuato in 6 Paesi culturalmente e politicamente diversi e lo studio evidenzia che «Livelli più elevati di conoscenza delle cause del cambiamento climatico sono stati collegati a una preoccupazione accresciuta. Tuttavia, i livelli più elevati di conoscenza sulle caratteristiche fisiche dei cambiamenti climatici hanno avuto sia un effetto negativo che nessun effetto significativo sulla preoccupazione. Gli sforzi volti a migliorare la conoscenza del pubblico sui cambiamenti climatici non sono quindi la causa persa che alcuni ricercatori sostengono che siano».

Joseph Arvai, che insegna sustainable enterprise alla school of natural Resources and Environment dell’università del Michigan e alla Ross school of business, spiega a sua volta: «E’ stato sostenuto che quanto sappiamo sul cambiamento climatico non è correlato a quanto ci preoccupiamo per affrontarlo. Ma concentrandosi principalmente sui driver culturali, come è il caso dell’emergente ricerca sulla “cognizione culturale”, ci fa prendere una strada che manca delle caratteristiche critiche della conoscenza. Abbiamo esaminato questo lavoro emergente e abbiamo avuto immediatamente problemi con il modo in cui sono stati valutati specificamente o non sono state misurate la conoscenza e la cultura, Quel che gli altri stavano misurando aveva poco a che fare con i cambiamenti climatici e più a che fare con l’alfabetizzazione scientifica in generale. Hanno inoltre richiamato ciò che equivale ad ideologie politiche statunitensi come proxy per la cultura. Quel che abbiamo scoperto è che la cultura svolge un ruolo relativamente modesto, e che la conoscenza del clima v ne svolge uno più grande». Perché questo è importante?  La precedente ricerca dipinge un quadro senza speranza e pessimistico, inviando il messaggio che possiamo fare poco fino a quando non avverranno le necessarie modifiche culturali, un processo molto lento, invece dice . Arvai, «La nostra ricerca mostra chiaramente che il sostegno all’istruzione e il sostegno alle decisioni prese  dai decisori pubblici e politici non è una causa persa».

La conoscenza sulle cause del cambiamento climatico è  legata a livelli più elevati di preoccupazione per il cambiamento climatico in tutti i Paesi studiati, Canada, Cina, Germania, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.

«Pensiamo che questo avvenga perché la conoscenza delle cause cementa nella nostra mente il fatto che si tratta di azioni umane che hanno messo in moto l’insieme dei rischi e che possano essere intraprese attività umane  per ridurre i rischi – dice  Árvai – Questo risultato è stato più debole in Cina, forse perché l’enfasi è messa sulla crescita economica, anche se  va a scapito dell’ambiente».

La conoscenza delle conseguenze del cambiamento climatico si è rivelata anche un forte predittore di preoccupazione, ma una maggiore conoscenza delle dimensioni biofisiche del cambiamento climatico tende a smorzare l’interesse dell’opinione pubblica. Árvai conclude: «Pensiamo che questo sia dovuto al fatto che concentrandosi sulle dimensioni tecniche di un problema come il cambiamento climatico lo disumanizza e focalizza la nostra attenzione collettiva lontano dalle persone e dalle comunità  – umane e non umane –  che sono a più grave rischio».