I risultati delle analisi arriveranno a fine estate
Coprire un ghiacciaio aiuta davvero contro il suo scioglimento? Il Muse studia il Presena
Casarotto: «La strada passa per una riduzione globale delle emissioni climalteranti. Dobbiamo tenere a mente che in questa lotta siamo tutti coinvolti»
[29 Giugno 2021]
Il ghiacciaio Presena, un gioiello alpino posto a cavallo tra alta Valle Camonica e alta Val di Sole, a partire dal 2008 è stato coperto dai teli geotessili per cercare di ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici: dopo 13 anni a che punto è il suo stato di salute?
Per rispondere il Consorzio Pontedilegno-Tonale si è affidato alla competenza dei glaciologi in forza al Muse (il Museo delle scienze di Trento), che stanno studiando la situazione.
«Il Presena è una delle meraviglie che la natura ha donato al nostro territorio. Un vero patrimonio dell’umanità che vogliamo riuscire a preservare per farlo ammirare ancora per molto tempo – spiega Davide Panizza, presidente del Consorzio – Il primo passo per farlo è fotografare la situazione attuale e capire se le scelte fatte finora vanno nella direzione giusta»
I risultati delle analisi verranno presentati a fine estate. Nel frattempo, già ad aprile sono state condotte alcune misurazioni sull’accumulo della neve di questo inverno. «Siamo arrivati a cinque metri – anticipa Christian Casarotto, glaciologo del Muse – Un’altezza che non ci può far stare tranquilli. Non dobbiamo infatti farci trarre in inganno dalla percezione che quest’ultimo inverno sia stato particolarmente foriero di nevicate. Abbiamo senz’altro avuto neve anche a bassa quota. Se però guardiamo alla totalità dei ghiacciai alpini, il trend alpino di arretramento continuerà, anche se dovessimo avere un’estate più fresca delle precedenti».
L’arretramento di tutti i ghiacciai alpini d’altra parte sembra irreversibile. «Per invertire la tendenza – spiega Casarotto – bisogna dare tempo alla neve di trasformarsi in ghiaccio e dopo quattro-cinque anni, dare tempo al ghiacciaio di spostarsi da monte verso valle. Ecco perché è importante un trend continuo di inverni nevosi ed estati fresche».
Certamente il Presena ha il vantaggio di essere coperto d’estate dai teli (cinque metri di larghezza per settanta di lunghezza ciascuno) ideati per ridurre l’ablazione estiva di ghiaccio. Anno dopo anno, la superficie di ghiaccio coperta dai teli è peraltro cresciuta: dai 40mila m² del 2014 si sono superati i 100mila m² del 2020. Già nel 2014, le analisi dell’università di Milano nel “progetto teli” hanno evidenziato valori medi di albedo (l’unità di misura del potere riflettente di una superficie) di 0,64 contro un valore medio di 0,43 per il resto della superficie glaciale. Il settore coperto in media ha un assorbimento di energia solare del 36% mentre la superficie non coperta ha assorbito il 57% dell’energia solare.
Complessivamente l’azione del telo nel modulare i flussi energetici radiativi assorbiti dal ghiacciaio porta, per il periodo di sperimentazione, a una riduzione dell’ablazione del 52%. «Senza gli interventi dei teli geotessili estivi, la situazione sarebbe probabilmente peggiore – osserva Casarotto – ma certo non può e non devono essere considerati la medicina per curare né il Presena né gli altri ghiacciai alpini. La strada passa per una riduzione globale delle emissioni climalteranti. Dobbiamo tenere a mente che in questa lotta siamo tutti coinvolti. E per garantire vita a questi gioielli di ghiaccio contano molto i comportamenti e le scelte che facciamo in tutti i giorni dell’anno, anche quando siamo in città, lontani centinaia di chilometri da questi luoghi».
Anche perché il rischio di scioglimento non è certo circoscritto al Presena. Secondo il report finale dell’ultima “Carovana dei ghiacciai”, realizzato da Legambiente in collaborazione con il Comitato glaciologico italiano (Cgi), già oggi «la crisi climatica mette sempre più in pericolo i ghiacciai alpini. Il riscaldamento climatico determina sulle Alpi italiane pesanti e molteplici effetti ambientali, tra i quali la perdita di neve e ghiaccio e la degradazione del permafrost. Si stima che la superficie glacializzata dell’arco alpino si sia ridotta del 60% negli ultimi 150 anni».