Calano le emissioni su questo fronte, in linea con il trend iniziato nel 2003

Copernicus, nel 2020 meno incendi a livello globale ma più distruttivi

Parrington: «Gli incendi nelle zone più colpite sono stati di intensità record a causa delle condizioni particolarmente calde e secche»

[14 Dicembre 2020]

Sono ancora vivide le immagini degli incendi che a inizio 2020 hanno colpito l’Australia, tanto catastrofici da divenire un evento di rilevanza globale: come spiegano gli scienziati di Copernicus climate change service (Cams), implementato dalla Commissione Ue, questi incendi hanno rilasciato oltre 400 megatonnellate di CO2 nell’atmosfera e avuto un effetto importante sulla qualità dell’aria, poiché il fumo ha coperto un’area di 20 milioni di chilometri quadrati, grande abbastanza da coprire tutta la Russia e un terzo dell’Europa. Ma nel corso dell’anno altre grandi aree, e non solo l’Australia, sono state duramente colpite dalle fiamme, nonostante ci siano stati meno incendi a livello globale.

I dati Cams mostrano infatti un quadro complicato per il 2020 delle attività degli incendi in tutto il mondo: mentre aree come il Circolo polare Artico e gli Stati Uniti occidentali hanno subito incendi di intensità ed emissioni senza precedenti, il 2020 è stato uno degli anni con il più basso numero di incendi attivi su scala globale. Questo ha portato ad un ulteriore calo delle emissioni, seguendo una tendenza continua degli ultimi 17 anni. Ciononostante, nelle aree più colpite l’intensità degli incendi è stata maggiore.

«Mentre il 2020 è stato certamente un anno devastante per gli incendi nei punti più colpiti, le emissioni in tutto il mondo – spiega Mark Parrington, senior scientist  al Cams – sono state inferiori grazie a una migliore gestione degli incendi e a misure di mitigazione. Da quando abbiamo iniziato a monitorare gli incendi tramite il nostro sistema Gfas nel 2003, abbiamo assistito a un graduale calo dei tassi di emissione. Tuttavia, non è il momento di fermarsi, poiché gli incendi nelle zone più colpite sono stati di intensità record a causa delle condizioni particolarmente calde e secche. Questo ha portato ad un aumento delle sostanze inquinanti trasportate per migliaia di chilometri, con ripercussioni sulla qualità dell’aria per milioni di persone».

Nel 2020, circa 1690 megatonnellate di carbonio sono state liberate nell’atmosfera dal 1° gennaio al 7 dicembre 2020. Questo dato va confrontato con le 1870 megatonnellate di carbonio emesse nel 2019 per vedere la tendenza  di riduzione delle emissioni.

E se l’attività degli incendi nell’Africa tropicale meridionale è stata molto bassa quest’anno, si è intensificata l’attività in aree come la Siberia, il Colorado, la California e la regione del Pantanal del Brasile meridionale. Complessivamente, nel 2020 quattro sono le aree che sono state maggiormente colpite da incendi ad alta intensità.

Oltre alla già citata Australia in lista ci sono gli Stati Uniti occidentali: a partire dalla California e dal Colorado passando per Oregon, Washington, Utah, Montana e Idaho, i dati hanno mostrato che l’attività nella regione è stata da decine a centinaia di volte più intensa della media del periodo 2003-2019 in tutti gli Stati Uniti, così come per diversi degli Stati colpiti. Questi incendi hanno emesso enormi quantità di

fumo e inquinamento nell’atmosfera con osservazioni satellitari di emissioni di carbonio stimate in oltre 30,3 megatonnellate.

Anche nell’estremo nord del mondo sono divampati incendi imponenti, nella Siberia nord-orientale e nel Circolo polare Artico: dal 1° gennaio alla fine di agosto, le emissioni di CO2 per la regione sono state di 244 megatonnellate, rispetto alle 181 megatonnellate dell’intero 2019.

Infine, Copernicus mette a fuoco la situazione nell’area caraibica e sud-americana: le emissioni in paesi come Venezuela, Belize, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama e la penisola dello Yucatan in Messico, erano ben al di sopra della media del 2003-2019. Ad esempio, nel 2020 Cams ha stimato che 2,5 megatonnellate di carbonio sono state rilasciate nell’atmosfera dagli incendi in Honduras, più di qualsiasi altro anno dal 2003.