Cop27: è ora di pagare il conto del cambiamento climatico ai Paesi vulnerabili

Stiell «Il mantra è implementazione, implementazione, implementazione»

[9 Novembre 2022]

Ieri, intervenendo alla COP27 Unfccc in corso in Egitto, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto ai leader mondiali di seguire l’esempio dell’Unione europea e di impegnarsi nel finanziamento climatico per i Paesi in via di sviluppo: «I più bisognosi nei Paesi in via di sviluppo devono essere aiutati ad adattarsi a un clima peggiore. […] La COP deve fare progressi sull’evitare, ridurre al minimo e affrontare le perdite e i danni causati dai cambiamenti climatici. Esortiamo i nostri partner nel nord del mondo a rispettare i loro impegni di finanziamento climatico nel sud del mondo. Il Team Europe si sta rafforzando… nonostante il Covid, nonostante la guerra russa».

Ma i piccoli Stati insulari in via di sviluppo continuano ad accusare i Paesi sviluppati di non aver mantenuto le loro promesse finanziarie. Il primo ministro di Antigua e Barbuda. Gaston Brown, ha avvertito: «Lotteremo incessantemente per la giustizia climatica, anche nei tribunali internazionali». L’ Alliance of Small Island States (AOSIS) ha suggerito che le compagnie dei combustibili fossili «Potrebbero sostenere una parte dell’onere pagando una tassa sui profitti» e Browne ha chiosato: «Sappiamo tutti che realizzano profitti esorbitanti».

Il primo ministro di Tuvalu, Kausea Natano, è andato oltre e ha chiesto «Un trattato internazionale di non proliferazione dei combustibili fossili, per eliminare gradualmente l’uso di carbone, petrolio e gas. I mari che si riscaldano stanno iniziando a inghiottire le nostre terre, centimetro dopo centimetro. Ma la dipendenza del mondo da petrolio, gas e carbone non può affondare i nostri sogni sotto le onde. L’emergenza climatica può essere ridotta a due concetti di base: tempo e temperatura. Sta diventando troppo caldo e c’è appena il tempo per rallentare e invertire questo trend». A settembre, all’Assemblea generale dell’Onu, anche Vanuatu aveva chiesto l’istituzione di questo trattato anti-fossili.

Il primo ministro delle Bahamas, Philip Davies, ha ribadito di fronte ai leader dei Paesi sviluppati che «Non ci arrenderemo… l’alternativa ci consegna a una tomba d’acqua. Non sono qui per chiedere a nessuno di voi di amare la gente del mio Paese con la stessa passione che faccio io. Chiedo quanto vale per voi che milioni di rifugiati climatici si trasformino in decine di milioni, facendo pressione sui sistemi politici ed economici di tutto il mondo. Siate realisti, agire sui cambiamenti climatici è nell’interesse di tutti». Dopo aver ricordato la tratta transatlantica  degli schiavi che ha visto i paesi europei portare  trasportare africani nei Caraibi contro la loro volontà, Davies ha affermato:«Siamo figli di sopravvissuti a quella tragedia provocata dall’uomo. Abbiamo il dovere di lottare per la sopravvivenza in quanto hanno combattuto così disperatamente per noi».

A un evento dei leader della COP27 sull’accelerazione dell’adattamento in Africa, Anche il segretario generale dell’Onu António Guterres ha anche chiesto maggiori finanziamenti per l’adattamento: «Dobbiamo investire massicciamente nell’adattamento se vogliamo essere in grado di non spendere molti più soldi per affrontare le conseguenze del disastro. E’ molto chiaro, dobbiamo essere in grado di condividere l’adattamento e la mitigazione nei finanziamenti per il clima. Le banche multilaterali di sviluppo hanno un’enorme capacità di mobilitazione e di leva finanziaria privata che non viene utilizzata».

Il presidente della Namibia Hage Geingob ha definito «Criminali, i Paesi sviluppati per il loro ruolo di maggiori emettitori storici di gas serra» e il presidente del Ghana Nana Akufo-Addo. Ha ricordato che «Mentre l’Africa ha fatto il minimo per causare il cambiamento climatico, le persone del continente, in particolare i giovani, ne stanno subendo gli impatti peggiori». E ha esortato i grandi del mondo: «Sostenete e unitevi alla lotta contro il cambiamento climatico. Il continente ha bisogno di soldi per adattarsi ai cambiamenti climatici. Nessuno vincerà se l’Africa perde».

Il presidente del Rwanda, Paul Kagame, ha affermato che «Durante la pandemia di Covid-19, i finanziamenti esteri non hanno funzionato per le nazioni vulnerabili. Il contributo più prezioso che i Paesi sviluppati possono dare è ridurre le loro emissioni più velocemente mentre investono in Africa per costruire energia sostenibile e verde. Chiedersi se l’Africa sia pronta a utilizzare i finanziamenti per il clima non dovrebbe essere usato come scusa per giustificare l’inazione».

Parlando dopo mesi di inondazioni che hanno devastato il suop Paese, uccidendo più di 1.700 persone e facendo milioni di profughi, il primo ministro  del Pakistan Shehbaz Sharif ha ricordato al mondo che i Paesi poveri sono «Intrappolati in una crisi di finanziamento pubblico alimentata dal debito e tuttavia devono finanziare da soli i disastri climatici. Questo è semplicemente ingiusto e iniquo, per dire il minimo».

I  leader delle ONG hanno lanciato oggi un appello a sostenere i Paesi in via di sviluppo che è stato presentato in una conferenza stampa dalla coordinatrice di  Action Aid Theresa Anderson: «I disastri climatici lasciano una lunga ombra… per decenni, anni o addirittura generazioni, e c’è un crescente riconoscimento che non possiamo lasciare le comunità vulnerabili che hanno fatto poco per questa crisi  affrontino queste crisi globali da sole. I Paesi in via di sviluppo rappresentano 6 persone su 7 nel pianeta e tutti insistono affinché la COP27 istituisca una struttura di finanziamento per affrontare perdite e danni. I Paesi ricchi e inquinanti devono guardare oltre il loro naso, riconoscere l’importanza di una nuova struttura di finanziamento che possa aiutare i Paesi devastati a raccogliere i pezzi e riprendersi dopo i disastri climatici».

Allo Sharm el-Sheikh Implementation Summit , l’evento di alto livello “Realizzare le promesse” della COP27 sull’azione climatica, il ministro degli esteri dell’Egitto è presidente della COP27, Sameh Shoukry,  ha annunciato l’avvio della Sharm el-Sheikh Adaptation Agenda:  un’agenda globale e condivisa per mobilitare l’azione globale attorno a 30 risultati di adattamento necessari (cibo, agricoltura, acqua, natura, oceani e coste, insediamenti umani e i sistemi infrastrutturali, fattori chiave come pianificazione e finanza…) per affrontare il gap di adattamento di 4 miliardi di persone che vivono nelle comunità climaticamente più vulnerabili dal punto di vista climatico e arrivare a un mondo resiliente entro il 2030.

Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), entro il 2030 quasi metà della popolazione mondiale sarà a grave rischio di impatto del cambiamento climatico, anche con un riscaldamento globale di appena 1,5 gradi. Shoukry ha detto che «Questa agenda riunisce tutte le parti della società». Il segretario esecutivo dell’United nations climate change conference (Unfccc), Simon Stiell  ha ricordato ai delegati che «La COP27 consiste nel trasformare le ambizioni in risultati. I bisogni umani devono essere al centro di ciò che facciamo… Il mantra è implementazione, implementazione, implementazione».

Per fare il punto sui progressi fatti, gli United nations Climate Change High-Level Champions della COP26 e COP27, Nigel Topping e Mahmoud Mohieldin, hanno presentato il loro iin tal senso, i campioni rilasceranno oggi il loro Yearbook of Global Climate Action 2022, il rapporto che riporta ogni anno i progressi fatti dalle entità non statali verso i loro obiettivi climatici e che «E’ la prova che, sebbene permangano ostacoli, le imprese, gli investitori, le città, gli Stati e le regioni stanno costruendo resilienza e alimentando rapidi cambiamenti nell’economia reale. L’azione di imprese, investitori, città, Stati, regioni e società civili continua ad aumentare, con 34 partner di Race to Resilience provenienti da 139 Paesi che agiscono per costruire la resilienza di 2,9 miliardi di persone, mentre 26 partner di Race to Zero hanno mobilitato più di 11.000 non-attori statali di 116 Paesi che agiscono per dimezzare le emissioni globali entro il 2030 e raggiungere al più tardi il net zero entro la metà del secolo. Inoltre, ci sono prove che l’azione per il clima sta diventando meglio distribuita in tutto il mondo, con il Global Climate Action Portal, registrando un balzo del 78% negli attori dell’Asia-Pacifico e del 67% dall’Africa. Queste cifre sono state rafforzate dalle tre Regional Climate Weeks di quest’anno, che hanno attratto circa 8.000 partecipanti dopo il ritorno al format di persona nel 2022.». Ma, anche se dimostra che ci sono segnali di cambiamento, l’Annuario dimostra che «Il mondo non è affatto sulla buona strada verso l’obiettivo di 1,5° C» e per questo bisogna «Accelerare i finanziamenti a progetti perché le economie in via di sviluppo che riducano le emissioni, si adattino agli impatti dei cambiamenti climatici, costruiscano la resilienza climatica e promuovano gli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030».
Stiell, ha detto che «Costruire la fiducia in un percorso più rapido verso le soluzioni significa aumentare le ambizioni, ampliare i progetti e incanalare più denaro verso i Paesi in via di sviluppo. Sono quindi lieto di vedere che questo Yearbook of  Global Climate Action evidenzia ciò che deve accadere per raggiungere l’obiettivo di 1,5° C di Parigi e il suo obiettivo di resilienza».

Tipping ha fatto notare che «Le imprese, gli investitori, le città, gli Stati, le regioni e la società civile stanno alimentando rapidi cambiamenti nell’economia reale e già vedendone i vantaggi, l’imperativo di andare più veloci non è mai stato così forte. I governi dovrebbero essere incoraggiati da questi progressi e rispondere creando le condizioni per collaborare con attori non statali in modo che tutti possiamo andare oltre. Sebbene i progressi siano straordinari, soprattutto quando guardiamo alla trasformazione dei settori dell’energia e dei trasporti, gli attori non statali devono raddoppiare e dare risultati in risposta all’aumento degli impatti».
Per Mohieldin, «E’ imperativo accelerare l’azione globale per il clima attraverso la riduzione delle emissioni, intensificando gli sforzi di adattamento e migliorando i flussi di finanziamenti adeguati. Questo deve avvenire all’interno di un’agenda più completa per lo sviluppo sostenibile che affronti la povertà, la fame, la disoccupazione e migliori l’emancipazione femminile. L’attuazione di un’azione urgente, ambiziosa, di impatto e trasformativa è necessaria per sostenere le comunità vulnerabili, raggiungere un futuro resiliente e una trasformazione carbon neutral, nel contesto di una transizione giusta».
Il governatore di Tokyo, Yuriko Koike, ha aggiunto: «Non c’è davvero tempo da perdere quando si tratta di cambiamenti climatici. Tutti gli attori, compresi il governo nazionale, i governi locali e le aziende, devono accelerare immediatamente azioni concrete. Il governo metropolitano di Tokyo sta accelerando i suoi sforzi per dimezzare le emissioni di carbonio entro il 2030 e per raggiungere le emissioni zero entro il 2050, inclusa l’installazione obbligatoria di apparecchiature per la generazione di energia solare e la promozione di un uso più ampio dell’idrogeno verde. E’ ora di agire. Camminiamo insieme verso un futuro sostenibile per le città e per il mondo».

In un successivo incontro con la stampa, Shoukry ha ringraziato alcuni Paesi che hanno annunciato nuovi impegni per l’adattamento: «Gli impegni specifici possono aiutarci a portarci avanti. Lodo l’annuncio di Rishi Sunak che il Regno Unito triplicherà i suoi finanziamenti per l’adattamento entro il 2025, andando anche oltre l’anno scorso a Glasgow». Intanto, la Germania ha annunciato 170 milioni di dollari per perdite e danni e il Belgio 2,5 milioni di euro, destinati in particolare al Mozambico, che nel 2021 ha subito terribili perdite a causa delle piogge estreme.

Anche l’Austria ha annunciato 50 milioni di dollari per perdite e danni e la Scozia, che in precedenza aveva promesso 2 milioni di sterline, ha annunciato altri 5 milioni di sterline. Finora solo cinque paesi europei – Austria, Scozia, Belgio, Danimarca e Germania – si sono impegnati ad affrontare perdite e danni.

Alla COP27 Unfccc sono  state lanciate altre iniziative,  compresa l’Africa Carbon Markets, che punta ad espandere la partecipazione dell’Africa ai mercati volontari del carbonio stabilendo obiettivi per il continente e sviluppando una roadmap di programmi d’azione che saranno attuati nei prossimi anni per raggiungere tali obiettivi.