Cop26: il Brasile è parte della soluzione, Bolsonaro è il problema

Greenpeace Brasil: «Il governo ha annunciato obiettivi climatici più ambiziosi solo a parole, in pratica sono bugie prive di contenuto»

[3 Novembre 2021]

Il COP26 World Leaders Summit ha fatto una raffica di annunci sulla protezione delle foreste e tra questi c’è un nuovo accordo tra i governi, compreso il Brasile, per frenare la deforestazione entro il 2030. Per Greenpeace Brasil si tratta solo di «Un altro elemento nella borsa di false soluzioni che il governo brasiliano riporterà a casa. L’accordo sostituisce di fatto la Dichiarazione di New York sulle foreste del 2014, che fissava l’obiettivo per il 2020 (sebbene il Brasile non l’abbia firmata)».

Per Greenpeace Brasil quella fatta da Bolsonaro a Glasgow è una sfrontata e gigantesca operazione di greenwashing politico. Il presidente neofascista del Brasile ha anche detto che  «Siamo sempre stati parte della soluzione e non del problema». E Greenpeace ha gioco facile a ironizzare: «Sì, eravamo già rispettati alla COP, ma purtroppo è cambiato. Questo governo, insieme ai legislatori, è riuscito a farci diventare un problema per il mondo, con una politica di distruzione della più grande foresta tropicale del pianeta, del clima e dei diritti dei popoli indigeni. La verità è che siamo il sesto paese che emette più gas serra, e la deforestazione è la causa principale di queste emissioni».

Gli ambientalisti snocciolano i “risultati” della politica di Bolsonaro riguardo a clima e ambiente: «Nei primi mille giorni del suo governo, completati il 27 settembre di quest’anno, l’area deforestata in Amazzonia è aumentata del 74% rispetto allo stesso periodo precedente al suo insediamento. Nel 2020  Il Brasile ha avuto un aumento delle emissioni del 9,5% (in piena pandemia), mentre la media mondiale ha registrato un calo di quasi il 7%. E’ questo Brasile che protegge l’ambiente che si vuole vendere? E’ una cosa seria?

La direttrice esecutiva di Greenpeace Brasil, Carolina Pasquali. Sottolinea che «C’è una buona ragione per cui Bolsonaro si è sentito a proprio agio nel firmare questo nuovo accordo. Proroga di dieci anni il termine per porre fine alla distruzione delle foreste, non è obbligatorio e, quando si tratta di ripulire le catene di approvvigionamento , sembra mirare solo alla deforestazione illegale. Ma l’Amazzonia è già sull’orlo del collasso e non può sopravvivere a un altro decennio di distruzione, legale o meno. I popoli indigeni chiedono la protezione dell’80% dell’Amazzonia entro il 2025, e hanno ragione: è quello che serve. Il clima e il mondo naturale non possono permettersi questo accordo».

Greenpeace Brasil evidenzia che «Dopo tre anni senza piani per ridurre efficacemente la deforestazione, il governo ora promette di tagliare il 15% della deforestazione entro il 2022, anno della fine del suo mandato. Se nel 2021 avessimo tassi di distruzione pari a quelli degli ultimi due anni, questa cifra sarebbe intorno ai 9.000 km2, con un incremento del 22% rispetto al 2018, alla vigilia dell’inizio dell’attuale legislatura. Il governo ha anche anticipato l’obiettivo di azzerare la deforestazione illegale entro il 2028, ma i conti non tornano, per allora il governo ammetterebbe quasi 42.200 km2 di deforestazione illegale, un’area più grande dei Paesi Bassi o della Svizzera, ad esempio».

Dopo Bolsonaro, è toccato al ministro dell’ambiente, Joaquim Leite, annunciare alla COP26 Unfccc di Glasgow i nuovi Nationally Determined Contributions (NDC) del Brasile che impegnano il più grande Paese sudamericano a ridurre i gas serra del 50% entro il 2030 e  raggiungere la carbon neutrality entro il 2050».

Greenpeace Brasil commenta: «Hmm… bello. Sulla carta, è più ambizioso, prima era del 43% fino al 2030 e a zero emissioni di carbonio nel 2060. Fantastico, non è vero? Sfortunatamente no». Infatti, come evidenzia Fabiana Alves, coordinatrice per il clima e la giustizia di Greenpeace Brasil, «Il governo non spiega come sarà la base per calcolare la riduzione delle emissioni. E’ importante che questo venga fatto in modo che non ci sia una nuova pedalada climática, come  nel dicembre 2020, nell’ultima riformulazione degli NDC brasiliani. La modifica della base di calcolo potrebbe consentire più emissioni rispetto agli obiettivi precedenti».

Per quanto riguarda l’impegno a diventare carbon neutral entro il 2050, Per Greenpeace Brasil, «E’ una promessa in più di un governo che va avanti con un’agenda anti-ambientale e porta false soluzioni  Sfortunatamente, il settore privato dell’agro-export, alleato con il governo brasiliano, mira a compensare le emissioni attraverso carbon market, invece di affrontare un’agenda di cambiamento sistemico per limitare il riscaldamento globale a 1,5º C, concentrarsi su meccanismi non di mercato per pensare al finanziamento di un mondo vivibile per le nuove generazioni. Per questo abbiamo bisogno di un serio piano d’azione climatica, con investimenti in una transizione energetica e agro.ecologica, deforestazione zero e misure di adattamento alla crisi climatica, soprattutto per le popolazioni più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici».

Gli ambientalisti brasiliani denunciano che «Mentre il governo brasiliano sfrutta la visibilità della COP 26 per lanciare diversi programmi, annunciare nuovi obiettivi per ridurre la deforestazione illegale, tagliare le emissioni e un piano per accelerare la green economy, dietro le quinte – come mostra il rapporto dell’ inchiesta giornalistica di Unearthed  di Greenpeace UK, l’intenzione è un’altra, Il Brasile, insieme ad altri Paesi, ha cercato di interferire nelle raccomandazioni del rapporto dellIntergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) per escludere le menzioni sull’agricoltura come un nemico del clima e l’importanza di adottare una dieta a base vegetale. Vale la pena ricordare che la deforestazione e l’agricoltura rappresentano il 72% delle emissioni totali di gas serra in Brasile. Le emissioni nel paese sono aumentate del 9,5% nel 2020, a causa della distruzione dell’Amazzonia , il risultato di scelte politiche deliberate del governo Bolsonaro.  La mancata azione per ridurre la domanda di carni e prodotti lattiero-caseari industriali – un’industria che sta causando la distruzione dell’ecosistema attraverso la produzione di bestiame e l’uso della soia per l’alimentazione animale – ci dimostra che ci sono poche possibilità per il governo di rispettare questo accordo e promuovere politiche che riportino il Brasile sulla strada giusta per frenare la deforestazione. Finché non adotteremo diete a base vegetale e ridurremo la quantità di carne industriale e prodotti lattiero-caseari che consumiamo, i diritti delle popolazioni indigene continueranno a essere minacciati e la natura continuerà a essere distrutta, piuttosto che avere l’opportunità di ripristinare e recuperare».