Cop21, la Cina che cambia fa tappa a Torino

All’interno del workshop "Chinese economy in transition" l’intervento dell’economista ambientale Massimiliano Mazzanti

[9 Maggio 2016]

Due giorni per parlare di un gigante che cambia pelle: la Cina. All’Osservatorio sulle economie emergenti di Torino, oggi e domani va in scena il workshop Chinese economy in transition (qui il programma dettagliato http://goo.gl/OpgeWm), all’interno del quale si alterneranno nomi di spicco del panorama accademico, istituzionale, imprenditoriale.

In un mondo sempre più globalizzato, i mutamenti della Cina ci riguardano da vicino, in particolar modo attraverso i loro risvolti ambientali. Per l’Italia più di altri Paesi questo apre criticità quanto a possibilità di sviluppo: testimonianza ne sia il Gruppo di lavoro Italia-Cina su cambiamenti climatici e inquinamento globale, un’iniziativa coordinata dall’ambasciata italiana in Cina con il coinvolgimento delle imprese attive nella green economy, e appena inaugurata dal ministro Gian Luca Galletti. «Il tutto – commenta oggi il Sole 24 Ore – per facilitare le opportunità di business in una Cina sempre di più non solo potenza industriale, ma anche punto di arrivo di attività di ricerca e sviluppo. L’adeguamento della collaborazione sinoitaliana recepisce i grandi cambiamenti economici e normativi cinesi».

Questo contesto in rapido mutamento, e in particolare il ruolo della Cina nel mondo dopo la Cop21 sul clima saranno pane per l’intervento dell’economista Massimiliano Mazzanti, che interverrà domattina a Torino. Mazzanti, presidente dell’Associazione italiana degli economisti dell’ambiente e delle risorse naturali (Aiear) nonché membro della prima ora del think tank di greenreport (Ecoquadro), si soffermerà sugli sviluppi delle tecnologie green e sul loro impatto nelle dinamiche di produzione e consumo, all’interno di quel complesso e variegato scenario che è l’economia globale. Parlare degli impatti ambientali del sistema produttivo cinese, è bene non dimenticarlo, significa infatti interrogarsi sulla sete di merci che caratterizza il mondo occidentale, Italia ed Europa comprese: la domanda di beni da parte dell’Europa accelera l’emissione di gas serra da parte dei sistemi economici asiatici, a fronte di impatti sociali e occupazionali assai limitati. Faremmo bene a tenerlo a mente, nel mettere a fuoco le responsabilità globali in fatto di cambiamenti climatici.