Clima: il bullismo diplomatico dell’Australia verso i piccoli Paesi insulari del Pacifico

Inchiesta di Greenpeace Australia Pacific rivela come funziona l'ostruzionismo climatico australiano

[4 Novembre 2021]

Greenpeace ha presentato alla COP26 Unfccc in corso a Glasgow, Scozia  il rapporto/inchiesta  “Australia: Pacific Bully and International Outcast” che accusa l’Australia di usare forti armi diplomatiche per annacquare i risultati dei negoziati sul clima del Pacifico e comprare il silenzio sui cambiamenti climatici dei piccoli Stati insulari dell’Area.

La uova indagine realizzata da  Greenpeace Australia Pacific rivela che, secondo gli ex leader delle isole del Pacifico intervistati, tra cui l’ex presidente di Kiribati Anote Tong e l’ex previer di Tuvalu Bikenibeu Paeniu, «Il governo australiano usa tattiche di bullismo nei negoziati regionali sui cambiamenti climatici», Gli aiuti australiani ai Piccoli Paesi del Pacifico  sono stati cancellati, mentre alcuni dei più grandi e costosi progetti di “adattamento climatico” non hanno alcun legame con il cambiamento climatico o non aumentano la resilienza climatica delle popolazioni del Pacifico.  Con i mercati di esportazione australiani per il carbone e il gas in contrazione, la posizione sul clima del governo australiano danneggia le sue relazioni internazionali e l’economia  poiché i principali partner commerciali come il Giappone e la Corea del Sud si impegnano a ridurre le loro emissioni fino a raggiungere il net zero.

Il rapporto si basa su decine di interviste con attuali ed ex leader del Pacifico, diplomatici e accademici australiani, rivelando le dure tattiche diplomatiche utilizzate dall’Australia per contrastare un’azione regionale più forte sui cambiamenti climatici e per spostare l’attenzione dalla responsabilità dell’Australia di ridurre le emissioni di gas serra.  L’inchiesta mette anche in evidenza «Il greenwashing degli aiuti australiani nel Pacifico», scoprendo che «Milioni di dollari di aiuti sono stati dati a progetti di “adattamento climatico” che non hanno alcun legame con il cambiamento climatico».

Secondo Alex Edney-Browne, ricercatore di Greenpeace Australia Pacific ed esperto di relazioni internazionali, «L’indagine ha dimostrato che la posizione internazionale dell’Australia è stata danneggiata dall’ostruzionismo climatico. L’Australia ha perso la sua posizione un tempo rispettata nel Pacifico e ora ha la reputazione di prepotente e di attuare tattiche diplomatiche da bullo per contrastare l’azione climatica regionale. I leader delle isole del Pacifico sono tra i più forti sostenitori del clima al mondo, ma l’Australia ha sfacciatamente cercato di comprare il loro silenzio attraverso aiuti vincolati. L’impegno dell’ultimo minuto di Morrison (il premier liberale australiano, ndr) alla COP26 di questa settimana di aumentare i finanziamenti regionali per il clima di 500 milioni di dollari, tramite accordi bilaterali, semplicemente non taglierà le emissioni. Dato il livello di greenwashing in corso negli aiuti esteri australiani al Pacifico, come rivelato in questo rapporto, non vi è alcuna garanzia che questi soldi andranno dove è necessario per aumentare la resilienza climatica delle popolazioni del Pacifico. L’Australia ha una storia di utilizzo degli aiuti bilaterali come mezzo per ottenere influenza sui Paesi insulari del Pacifico. Sarebbe bello vedere l’Australia essere un buon cittadino internazionale e mostrare sostegno ai finanziamenti multilaterali per il clima come il Green Climate Fund delle Nazioni Unite. Si rifiuta di farlo. L’Australia deve compiere uno sforzo serio sul cambiamento climatico, che sta minacciando la stessa sopravvivenza delle nazioni del Pacifico. Questo significa escludere qualsiasi nuovo progetto di carbone o gas, porre fine ai miliardi di sussidi concessi all’industria dei combustibili fossili e impegnarsi in un obiettivo basato sulla scienza per ridurre le emissioni del 75% in questo decennio, per portarlo al passo con i nostri vicini regionali e partner commercialii».

La direttrice esecutiva di Greenpeace International, Jennifer Morgan, ha  detto che «Se l’Australia vuole essere vista come una forza positiva nel mondo, deve smettere di bloccare il progresso climatico globale e apportare le necessarie riduzioni delle emissioni. Ho partecipato a tutte le riunioni della COP fin dal 1995 e l’ostinato ostacolo australiano al progresso internazionale sull’ambizione climatica è diventato una routine, come gli incendi boschivi e le ondate di calore che stanno percorrendo la nazione. L’Australia è arrivata a uno dei vertici sul clima più importanti della storia senza alcun piano se non quello di promuovere i combustibili fossili che stanno causando la crisi climatica. L’Australia è una cattiva del clima e merita di essere chiamata come tale. Per anni l’Australia è riuscita a farla franca agendo da bloccante, ma la copertura di Scott Morrison ora è saltata mentre così tante altre nazioni ascoltano l’appello urgente che Morrison ha ignorato: tagliare le emissioni in questo decennio».

Kavita Naidu, di Greenpeace Australia Pacific e avvocato internazionale per i diritti umani delle Fiji, ha ricordato che «L’Australia è uno dei maggiori esportatori di carbone e gas al mondo e ha danneggiato la sua reputazione internazionale per il rifiuto di ridurre le emissioni e il blocco dei progressi globali nell’affrontare il cambiamento climatico. Nonostante le forti manovre di arroccamento dell’Australia, i leader del Pacifico hanno dichiarato all’unanimità che la crisi climatica è la più grande minaccia per la regione e le popolazioni del Pacifico, che stanno soffrendo per perdite e danni catastrofici e irreversibili. Il fallimento dell’Australia nell’affrontare la sfida climatica alla COP26 l’ha fatta rimproverare sulla scena mondiale. E’ una frustrazione che i leader del Pacifico hanno vissuto per decenni, poiché le loro richieste all’Australia di ridurre la sua intensità di carbonio sono state costantemente ignorate.  Se il primo ministro australiano Scott Morison prendesse sul serio la minaccia del cambiamento climatico, dovrebbe agire con forza oggi, non tra 30 anni e questo significa escludere qualsiasi nuovo progetto di carbone o gas, porre fine ai miliardi di sussidi dati all’industria dei combustibili fossili e impegnarsi per un obiettivo basato sulla scienza per ridurre le emissioni del 75% in questo decennio per metterlo al passo con i nostri vicini regionali e partner commerciali».

L’ex ministro degli esteri australiano Gareth Evans è convinto che «La politica climatica australiana sta già danneggiando la posizione diplomatica del Paese. La reputazione decente di un paese in queste questioni è davvero importante… La credibilità dell’Australia in tutti i modi dipende dal nostro essere considerati responsabili, buoni cittadini internazionali e l’Australia sta mettendo a rischio questa reputazione sul fronte climatico».

L’ex presidente di Kiribati Tong ha concluso: «Sui cambiamenti climatici, l’Australia non ha agito con uno spirito di rispetto reciproco nei suoi rapporti con il Pacifico. Non riesco a leggere nella mente dei leader australiani, ma ho sempre sperato che ci saremmo trattati con rispetto reciproco, ma non sono sicuro che sia sempre stato così. Ma dovremmo essere partner a tutti gli effetti e non quando fa comodo a una parte ma non all’altra, per esempio sui cambiamenti climatici. Ci aspettiamo che l’Australia faccia un passo avanti perché il cambiamento climatico è molto importante per noi e siamo destinati a far parte di questa famiglia. Era sempre stata la mia aspettativa, la mia speranza, che l’Australia fornisse la leadership di cui abbiamo disperatamente bisogno sul cambiamento climatico».