Circolo vizioso: l’utilizzo di pesticidi e il cambiamento climatico si peggiorano a vicenda

Pesticidi e crisi climatica provengono dalla stessa fonte: l'industria dei combustibili fossili

[24 Febbraio 2023]

«L’energia necessaria per produrre tutto il glifosato utilizzato in tutto il mondo nel 2014 era pari all’energia annuale necessaria per alimentare 6,25 milioni di automobili». E’ una  delle sorprendenti scoperte del rapporto “Pesticides and Climate Change: A Vicious Cycle”, pubblicato da  Pesticide Action Network North America (PANNA) che descrive in dettaglio come interagiscono pesticidi e cambiamento climatico, finendo per rendere il nostro sistema alimentare meno giusto e resiliente.

La co-autrice del rapporto, la direttrice organizzativa di PANNA Asha Sharma, spiega che «Essenzialmente, abbiamo scoperto e che si prevede che gli impatti del cambiamento climatico peggioreranno la pressione dei parassiti e renderanno i pesticidi meno efficaci, aumentando, in ultima analisi. l’uso di pesticidi a causa del cambiamento climatico, mentre allo stesso tempo i pesticidi rilasciano emissioni di gas serra. Il nostro nuovo rapporto rivela come le compagnie petrolifere e del gas e i produttori di pesticidi abbiano seguito un playbook simile, promuovendo strategicamente soluzioni imperfette alla crisi climatica, come la cattura e lo stoccaggio del carbonio e nuovi strumenti di agricoltura digitale, che in realtà offrono benefici climatici minimi. Le aziende promuovono queste nuove tecnologie per proteggere la loro reputazione, mentre continuano a trarre profitto dai combustibili fossili. Abbiamo bisogno di approcci più profondi e trasformativi per risolvere effettivamente i problemi alla radice del nostro sistema alimentare in crisi».

Dagli  allevamenti intensivi al sul consumo di carne, fino alla deforestazione in Amazzonia, negli ultimi anni è aumentata l’attenzione verso i modi in cui il sistema agricolo industriale dominante contribuisce alla crisi climatica. Più di un terzo delle emissioni globali di gas serra proviene dalla produzione alimentare e il 31% di tali emissioni è generato dall’agricoltura. Eppure, mentre pesticidi e fertilizzanti sono essenziali per l’agricoltura convenzionale, queste sostanze chimiche sintetiche sono state in gran parte escluse dalla discussione su clima e agricoltura. Un’omissione può rendere le cose più difficili per chi si batte per un sistema alimentare più ecologico e giusto. La Sharma ha ricordato che «Eravamo state in parte motivate a scrivere il rapporto perché stavamo attraversando un periodo difficile per ottenere piani di riduzione dei pesticidi inclusi nelle normative climatiche della California. Volevamo mettere insieme tutte le ricerche possibili per presentare un’argomentazione convincente ai responsabili politici. Al centro dell’argomentazione c’è il fatto che i pesticidi e la crisi climatica provengono dalla stessa fonte. E’ tutto legato all’industria dei combustibili fossili».

Il 99% di tutte le sostanze chimiche sintetiche, compresi i pesticidi, sono prodotte da combustibili fossili e le principali multinazionali petrolifere, ExxonMobil, ChevronPhillips Chemical e Shell, producono tutte pesticidi o loro precursori chimici. Anche trasformare i prodotti petrolchimici in pesticidi richiede un’enorme quantità di energia.  Gli autori dello studio evidenziano che «Altri input chimici in agricoltura, come i fertilizzanti a base di azoto, hanno giustamente ricevuto un’attenzione significativa a causa del loro contributo alle emissioni di gas serra. Eppure la ricerca ha dimostrato che la produzione di un chilogrammo di pesticida richiede, in media, circa 10 volte più energia di un chilogrammo di fertilizzante azotato».

Alcuni pesticidi, come il fumigante fluoruro di solforile, sono essi stessi gas serra: applicare una tonnellata  di questa sostanza equivale a emettere 4.780 tonnellate di anidride carbonica. Altri pesticidi possono interagire con gli ossidi di azoto e la luce ultravioletta per formare ozono troposferico, un inquinante atmosferico e gas serra.

La Reeves.aggiunge che «I pesticidi generano emissioni non solo quando vengono prodotti, ma anche quando vengono trasportati, applicati e dispersi nell’ambiente. E’ importante prendere in considerazione il loro intero ciclo di vita. I governi stanno investendo miliardi di dollari per affrontare il cambiamento climatico, ma questi investimenti falliranno tristemente a meno che non incorporino strategie di riduzione dell’uso di pesticidi e promozione di pratiche di coltivazione agroecologiche, che lavorano con la natura invece che contro di essa, concentrando il potere decisionale su agricoltori, braccianti agricoli, popolazioni indigene e comunità locali».

Un altro legame importante tra l’uso di pesticidi e la crisi climatica è il modo in cui possono interagire per rendere il nostro sistema alimentare meno resiliente. Se le temperature diventeranno più calde, la siccità renderà le piante meno resistenti a stress come i parassiti, oltre ad ampliare l’areale di specie infestanti i in alcune aree e danneggiare utili predatori di parassiti. Allo stesso tempo, è più probabile che  i pesticidi diventino meno efficaci e che in condizioni più calde si degradino più velocemente, il che porterà a sua volta a un maggiore utilizzo di pesticidi. La Reeves fa notare che «I pesticidi che si volatilizzano – o si trasformano in gas – nei climi più caldi hanno maggiori probabilità di inquinare l’ambiente circostante e danneggiare la salute pubblica, esponendo i lavoratori e le comunità agricole a pericoli ancora maggiori. E’ un doppio colpo per le persone che sosteniamo da moltissimo tempo».

Lo scopo di questo studio che ha confrontato moltissime fonti e realizzato calcoli complicati, non era semplicemente quello di delineare il problema, ma di sostenere soluzioni che PANNA ritiene possano affrontare sia la crisi climatica che l’uso eccessivo di pesticidi. E la soluzione principale è l’agroecologia. «In genere, significa lavorare con la natura piuttosto che contro di essa – spiegano gli autori dello studio – Questo include l’utilizzo del minor numero possibile di input sintetici e l’ascolto delle prospettive di coloro che sono maggiormente colpiti dall’agricoltura, come i lavoratori agricoli e le comunità indigene o locali. Significa anche fare affidamento sulla biodiversità per migliorare la salute del suolo e delle colture e generare un vivace ciclo di nutrienti e prevenzione dei parassiti».

I ricercatori sono anche preoccupati per il fatto che «Se i pesticidi non verranno inclusi nel dibattito sul clima e sull’agricoltura, i governi potrebbero rivolgersi a soluzioni come la non lavorazione o l’agricoltura di precisione che si basano ancora su sostanze chimiche sintetiche o danno alle grandi aziende agroalimentari un controllo eccessivo sulla produzione alimentare».  Gli autori dello studio propongono tre soluzioni principali:

1 Includere obiettivi di riduzione dei pesticidi negli obiettivi climatici del governo.  PANNA ha consigliato di «Ridurre l’uso di pesticidi del 50% entro il 2030 e del 90% entro il 2050, nonché di fissare obiettivi per ridurre la tossicità dei pesticidi, eliminare gradualmente i pesticidi altamente pericolosi e trasferire il 30% dei terreni coltivati ​​all’agroecologia o all’agricoltura biologica entro il 2030.

2 Aumentare i finanziamenti per la ricerca agricola e l’agricoltura alternativa. Il rapporto invita i governi a «Investire in programmi che incoraggino la condivisione delle conoscenze tra le aziende agricole, aumentare l’assistenza tecnica e gli aiuti finanziari agli agricoltori che attualmente praticano o sperano di praticare l’agroecologia e procurarsi prodotti da aziende agroecologiche o biologiche.

3 sostenere i diritti dei lavoratori agricoli e di altre comunità in prima linea. Gli autori del rapporto hanno raccomandato alcune misure tra le quali «Fornire un percorso verso la cittadinanza attiva per i lavoratori agricoli, proteggere i loro diritti alla contrattazione collettiva, aiutarli ad accedere e possedere la terra e rendere centrale la loro leadership nell’elaborazione di politiche sui pesticidi».

Un esempio di una comunità in prima linea sul fronte pesticidi- cambiamento climatico è la Central Valley in California. Nelle sue 8 contee viene applicato oltre il 61% delle oltre 90.000 tonnellate di pesticidi utilizzate nello Stato Usa. La contea di Fresno è learder della domanda di pesticidi, ed è proprio lì che vive la  direttrice esecutiva del Central California Environmental Justice Network (CCEJN), Nayamin Martinez, che ha detto a EcoWatch che «Questo ha gravi conseguenze sulla salute sia per i lavoratori agricoli che per le comunità locali, alcune delle quali vivono a 15 – 60 metri da frutteti dove vengono spruzzati pesticidi. Questo può portare ad avvelenamenti acuti ma anche a esposizione cronica, con la gente del posto che sviluppa tumori dopo 30 anni di vita e di lavoro intorno a pesticidi che sono difficili da ricondurre definitivamente alle sostanze chimiche che contengono. Anche se gli incidenti in cui i lavoratori agricoli vengono direttamente “portati alla deriva” – o accidentalmente inondati di pesticidi nel campo – stanno diminuendo, si verificano ancora. In un recente incidente a Fresno, quasi 40 lavoratori sono stati spostati per errore in un’area irrorata da pesticidi.

La Martinez sottolinea: «Vorremmo davvero che i pesticidi non venissero usati. Central Valley è anche estremamente vulnerabile alla crisi climatica.  Fatemi un esempio e vi darò dieci modi. Estati più calde e incendi più estremi rendono più pericoloso il lavoro agricolo all’aperto, mentre la siccità in corso sta esaurendo le falde acquifere, lasciando le comunità senza accesso all’acqua e i lavoratori agricoli senza lavoro quando gli agricoltori a corto di acqua hanno scelto di lasciare alcuni campi incolti. I due problemi possono anche interagire. I pesticidi, come ha sottolineato il rapporto sui pesticidi, stanno davvero esacerbando altri problemi che abbiamo, specialmente qui nella Central Valley.

Un esempio è l’inquinamento da ozono, che viene aggravato sia dalle emissioni di pesticidi che dal caldo elevato.  La Martinez e CCEJN hanno dovuto lottare ottenere l’inclusione dei pesticidi nelle normative statali sulla qualità dell’aria e sul clima. Ad esempio, le emissioni di ozono nella Central Valley sono attualmente più elevate di quanto dovrebbero essere, ma durante la revisione del State Implementation Plan (SIP)  per la qualità dell’aria ai sensi del Clean Air Act, CCEJN non ha trovato nessuna menzione di pesticidi.  E la Martinez in spera che il rapporto del PANNA aiuti a colmare in futuro lacune cone questa: «Penso che la mia unica preoccupazione sia che il rapporto non sia uscito l’anno scorso – quando lei e altri attivisti stavano lavorando con il California Air Resources Board a 2022 Scoping Plan for Achieving Carbon Neutrality – Stavamo spingendo affinché lo Scoping Plan includesse i pesticidi, perché nioi dicevamo: come si può parlare di cambiamento climatico senza includere i pesticidi?» alla fine gli ambientalisti californiani sono riusciti a ottenere che nel Piano venisse incluso il pesticida 1,3-dicloropropene, ma la Martinez spera che «Le future normative sul clima della California includano più obiettivi per i pesticidi» ed è convinta che il nuovo rapporto PANNA aiuterà gli attivisti ambientali e climatici a riuscire a includere i pesticidi.

Il CCEJN sostiene anche l’agroecologia:  «La riduzione dell’uso di pesticidi e l’adozione dell’agroecologia ridurrebbero le emissioni di gas serra, riducendo anche gli avvelenamenti acuti, le malattie a lungo termine come il cancro e altri impatti sulla salute che le comunità rurali devono affrontare a causa dell’esposizione ai pesticidi», ha detto la Martinez.

Il CCEJN, con altre organizzazioni, ha ottenuto finanziamenti per avviare una fattoria pilota nel sud-ovest di Fresno dove verranno insegnate pratiche agroecologiche ai lavoratori agricoli e alle famiglie a basso reddito della regione. La Martinez conclude: «Spero  che alla fine il centro si trasformi in una cooperativa dove i lavoratori agricoli e i membri della comunità possano coltivare e vendere i propri prodotti. E’ un modo per dimostrare che esiste un altro modo di coltivare il cibo».