Cina: picco delle emissioni prima del 2030 e carbon neutrality entro il 2060

Xi Jinping: c’è bisogno di una rivoluzione verde per uscire dalla crisi post-Covid

[23 Settembre 2020]

Intervenendo alla 75esima sessione dell’Assemblea generale dell’Onu, il presidente cinese Xi Jinping non ha solo risposto seccamente all’offensiva elettoralistica e complottistica di Donald Trump sul “China-virus” che sarebbe stato diffuso volutamente da Pechino, ma ha tracciato la via su come affrontare la crisi da Covid-19 e le crisi future.

Nel suo discorso il capo indiscusso della Cina ha affrontato i temi climatici: «La pandemia ricorda al mondo che l’umanità deve lanciare una rivoluzione verde e agire più rapidamente per creare un modo di sviluppo e una maniera di vivere ecologici. I Paesi devono condurre uno sviluppo innovativo, coordinato, verde e aperto a tutti, cogliere le opportunità storiche offerte dal nuovo ciclo di rivoluzione scientifica e tecnologica e dalla trasformazione industriale e realizzare una ripresa verde dell’economia mondiale nell’era post-Covid».

In campo climatico Xi ha preso davanti all’Assemblea generale dell’Onu un impegno preciso e importante: «La Cina aumenterà i suoi contributi determinati a livello nazionale e adotterà delle politiche e misure più vigorose. La Cina punta a raggiungere il picco delle sue emissioni di CO2 prima 2030 e a realizzare la carbon neutrality entro il 2060. Finora, la Cina aveva detto che avrebbe raggiunto il picco delle emissioni entro il 2030, ma aveva evitato di impegnarsi in un obiettivo a lungo termine.

Un annuncio che rappresenta un passo significativo nella lotta al cambiamento climatico: la CIna è il principale emettitore di CO2 con circa il 28% delle emissioni globali. Anche se gran parte del mondo ha iniziato ad abbandonare i combustibili fossili, nel 2018 e nel 2019 le emissioni cinesi hanno continuato ad aumentare. Mentre la crisi del Covid-19 ha visto le emissioni cinesi precipitare del 25% in primavera, a giugno sono aumentate di nuovo quando le centrali a carbone, i cementifici e altre industrie pesanti sono tornati a funzionare. Con i negoziati globali sul clima in fase di stallo e la 26esima Conferenza delle parti  Unfccc rinviata al 2021, all’Assemblea generale dell’Onu in pochi si aspettavano progressi in campo climatico e l’audace dichiarazione del presidente cinese ha sorpreso tutti.

In molti ritengono che la dichiarazione di Xi punti a mettere in difficoltà Trump e il suo negazionismo climatico, tra questi c’è detto Li Shuo, un esperto di politica climatica cinese di Greenpeace Asia, che ha detto a BBC News: «L’impegno di Xi Jinping sul clima alle Nazioni Unite, pochi minuti dopo il discorso del presidente Donald Trump, è chiaramente una mossa audace e ben calcolata. Dimostra il costante interesse di Xi a sfruttare l’agenda climatica per scopi geopolitici».

Già nel 2014 il signr Xi e l’allora presidente Usa Barack Obama firmarono a sorpresa un accordo a sorpresa sul cambiamento climatico che divenne un elemento fondamentale dell’Accordo di Parigi del 2015 che poi è stato stracciato da Trump. Per Li Shuo il presidengte cinese ha nuovamente sorpreso tutti: «Giocando la carta del clima in modo leggermente diverso, Xi non solo ha dato lo slancio tanto necessario alla politica climatica globale, ma ha presentato al mondo un’intrigante questione geopolitica: su una questione globale comune, la Cina è andata avanti indipendentemente dagli Stati Uniti. Washington la seguirà?»

Dopo il discorso di Xi all’Onu gli esperti si chiedono cosa si intende esattamente Xi per carbon neutrality e quali azioni la Cina intraprenderà per arrivarci. Ma ha detto l’ex inviato statunitense per il clima Todd Stern fa notare che «L’annuncio del presidente Xi Jinping che la Cina intende raggiungere la carbon neutrality prima del 2060 è una notizia importante: più ci si avvicina al 2050, meglio è. Anche il suo annuncio secondo cui la Cina inizierà subito questa strada adottando politiche più vigorose è ben accetto. Il semplice picco delle emissioni” prima del 2030 non sarà sufficiente per mettere la Cina sul percorso rapido necessario per la carbon neutrality, ma nel complesso questo è un passo molto incoraggiante».

Anche perché, di fronte a un presidente Usa che ha abbandonato l’Accordo di Parigi, la maggior parte degli osservatori concorda sul fatto che l’annuncio dalla Cina è stato un passo significativo, visto anche il ruolo svolto da quel Paese nel finanziamento dello sviluppo dei combustibili fossili in tutto il mondo.

Richard Black, direttore dell’Energy and Climate Intelligence Unit, un think tank britannico, evidenzia che «La Cina non è solo il più grande produttore al mondo, ma il più grande finanziatore energetico e il più grande mercato, quindi le sue decisioni svolgono un ruolo importante nel plasmare il modo in cui il resto del mondo progredisce verso la transizione dai combustibili fossili che causano il cambiamento climatico. L’annuncio odierno  è anche un importante stimolo per l’Unione europea, i cui leader hanno recentemente esortato il presidente Xi a compiere esattamente questo passo come parte di una spinta congiunta per ridurre le emissioni, dimostrando che le mosse internazionali per frenare il cambiamento climatico rimangono vive nonostante i peggiori sforzi di Donald Trump e  Jair Bolsonaro in vista della Cop26 del prossimo anno a Glasgow»”

A differenza di Trump che ha invitato i Paesi a chiudersi in un nazionalismo pandemico, Xi ha fatto notare che il Covid-19 ha devastato il pianeta e non cessa di risorgere e ha sottolineato che «I Paesi devono dare la priorità alle persone e alla vita, rafforzando allo stesso tempo la solidarietà. Il Covid-19 ci ricorda che viviamo in un villaggio mondiale interconnesso con un interesse comune. E’ per questo che dobbiamo abbracciare la visione di una comunità di destino nella quale tutti sono legati». Al contrario di Trump, Xi ha chiesto a tutti i Paesi del mondo di considerarsi  «membri di una stessa grande famiglia, di proseguire una cooperazione win-win, di elevarsi al di sopra delle differenze ideologiche e di non cadere nella trappola dello scontro di civiltà».

Probabilmente pensando alla repressione della rivolta ad Hong Kong e nello Xinjiang, il presidente cinese ha però avvertito che «Dobbiamo rispettare le scelte indipendenti di un Paese in materia di via e di modello di sviluppo. Nessun Paese può trarre profitto dalle difficoltà degli altri o mantenere la stabilità approfittando delle difficoltà degli altri». Poi, rispondendo direttamente a Trump, ha detto che «Ogni tentativo di politicizzazione della pandemia o di stigmatizzazione deve essere respinto. I Paesi devono preoccuparsi dei bisogni dei Paesi in via di sviluppo e in particolare dei Paesi africani».

Di fronte al finto protezionismo di Trump, ai dazi e alle sanzioni unilaterali,  che liscia il pelo ai piccoli sovranismi in nome di un mondo frammentato e dominato dall’”America great again”  il presidente cinese  ha ribadito che «La globalizzazione economica è una realtà incontestabile e una tendenza storica. Il mondo non tornerà mai all’isolamento e nessuno potrà rompere i legami tra i Paesi».

Ma Xi è consapevole dei problemi e delle distorsioni portati da una globalizzazione senza regole e ha chiesto «Uno sviluppo completo ed equilibrato che apporti in maniera equa dei vantaggi alla gente di tutti i Paesi, di tutti i settori e di tutti i luoghi». Ha anche invitato gli altri Paesi a «condurre uno sviluppo aperto e inclusivo e a rimanere determinati nel costruire un’economia mondiale aperta e a preservare il sistema commerciale multilaterale basato sull’Organizzazione mondiale del commercio. Dobbiamo opporci all’unilateralismo e al protezionismo e assicurare la stabilità e il buon funzionamento delle catene industriali e di approvvigionamento mondiali».

Per Gao Fei, professore all’università degli affari esteri della Cina, «L’impegno della Cina a promuovere un’economia mondiale aperta rappresenta la tendenza storica della globalizzazione e l’orientamento generale dello sviluppo mondiale, questo la dice lunga sul senso di responsabilità della Cina come grande Paese».

Concetti ribaditi da Xi nel prosieguo del suo discorso: « Il Covid-19 non è solo un importante test della capacità di governance dei Paesi, ma anche un test del sistema di governance globale. Dobbiamo rimanere fedeli al multilateralismo e salvaguardare il sistema internazionale incentrato sulle Nazioni Unite. la governance globale dovrebbe essere basata sul principio di un’ampia consultazione, cooperazione congiunta e benefici condivisi per garantire che tutti i Paesi godano di pari diritti e opportunità e aderiscano alle stesse regole. Il sistema di governance globale deve adattarsi alle mutevoli dinamiche politiche ed economiche globali, affrontare le sfide globali e abbracciare la tendenza sottostante alla pace, allo sviluppo e alla cooperazione vantaggiosa per tutti. La concorrenza tra i paesi deve essere di natura positiva e sana e non deve violare gli standard morali. Invito i grandi Paesi a fornire più beni pubblici globali, ad assumersi le proprie responsabilità e ad essere all’altezza delle aspettative delle popolazioni».

Poi, rivolto nuovamente a Trump senza citarlo, Xi ha concluso: «Non intendiamo intraprendere una guerra fredda o una guerra calda con nessun Paese. la Cina continuerà a ridurre le differenze e risolvere le controversie con gli altri con il dialogo e i negoziati.

Sull’agenzia ufficiale Xinhua, Ruan Zongze, vice-presidente esecutivo dell’Istituto di studi internazionali della Cina, ha commentato: «Le dichiarazioni di Xi dimostrano una volta di più che la solidarietà e la cooperazione sono l’arma più potente di fronte al Covid-19. Al contrario, le azioni di alcuni Paesi che cercano di provocare un conflitto vanno contro il trend della storia. Invece di voltare le spalle ai problemi che l’umanità deve affrontare, la Cina sta attivamente promuovendo un nuovo tipo di globalizzazione, migliore ed equilibrata, e offrendo un “piano cinese” per raggiungere uno sviluppo sostenibile per tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite».