In tre Stati del West Usa, l'inquinamento da particolato fine è associato ad un aumento del rischio

C’è un collegamento tra incendi e casi di Covid-19

Dominici: «Il cambiamento climatico - che aumenta la frequenza e l'intensità degli incendi boschivi - e la pandemia sono una combinazione disastrosa»

[18 Agosto 2021]

Secondo lo studio “Excess of COVID-19 cases and deaths due to fine particulate matter exposure during the 2020 wildfires in the United States”, pubblicato su Science Advances da un team di ricercatori statunitensi guidato da Xiaodan Zhou dell’Environmental Systems Research Institute «tra marzo e dicembre 2020, migliaia di casi e decessi di Covid-19 in California, Oregon e Washington potrebbero essere attribuibili all’aumento dell’inquinamento atmosferico da particolato fine (PM2,5) causato dal fumo degli incendi».

Lo studio è il primo a quantificare il grado in cui l’aumento dell’inquinamento da PM2,5 durante gli incendi ha contribuito all’aumento di casi e decessi da Covid-19.

L’autrice senior dello studio, Francesca Dominici, che sui legami tra Covid e particolato aveva già pubblicato nel 2020 lo studio “Exposure to air pollution and COVID-19 mortality in the United States”, sottolinea che «con la convergenza della pandemia Covid-19 e degli incendi negli Stati Uniti occidentali, il 2020 ha portato sfide inimmaginabili per la salute pubblica. In questo studio stiamo fornendo prove che il cambiamento climatico – che aumenta la frequenza e l’intensità degli incendi boschivi – e la pandemia sono una combinazione disastrosa».

Nel 2020 (come purtroppo quest’anno) enormi incendi hanno devastato il West Usa, con mega-incendi tra i più grandi mai registrati in California e Washington. Da Harvard ricordano che «gli incendi producono alti livelli di particolato fine, che è stato collegato a una serie di esiti negativi sulla salute, tra cui morte prematura, asma, malattie polmonari ostruttive croniche (BPCO) e altre malattie respiratorie».

I ricercatori hanno realizzato e convalidato un modello statistico per quantificare la misura in cui il fumo degli incendi può aver contribuito all’eccesso di casi e decessi di Covid-19 nei tre Stati che hanno subito il peso degli incendi boschivi del 2020. Hanno esaminato la connessione tra i dati a livello di contea e giornalieri sulle concentrazioni di PM2,5 nell’aria, i giorni di incendi boschivi provenienti dai dati satellitari e il numero di casi e decessi di Covid-19 in 92 contee, che rappresentavano il 95% della popolazione in California, Oregon e Washington. Hanno anche tenuto conto di fattori come il clima, la dimensione della popolazione e i modelli sociali di confinamento sociale e i raduni di massa.

Lo studio ha rilevato che «dal 15 agosto al 15 ottobre 2020, quando l’attività antincendio era maggiore, i livelli giornalieri di PM2,5 durante i giorni di incendi erano significativamente più alti rispetto ai giorni senza incendi, con una mediana di 31,2 microgrammi per metro cubo di aria (µg/m3) contro 6,4 (µg/m3). In alcune contee, i livelli di PM2,5 nei giorni di incendi boschivi hanno raggiunto livelli estremamente elevati. Ad esempio, il 14-17 settembre 2020, la Contea di Mono, in California, ha registrato per quattro giorni consecutivi livelli di PM2,5 superiori a 500 µg/m3 a causa del Creek Fire. Tali livelli sono considerati “pericolosi” dall’Environmental protection agency Usa».

Gli scienziati statunitensi dicono che «gli incendi hanno amplificato l’effetto dell’esposizione al PM2,5 sui casi e sui decessi di Covid-19 fino a quattro settimane dopo l’esposizione. In alcune contee, la percentuale del numero totale di casi Covid-19 e decessi attribuibili a livelli elevati di PM2,5 è stata sostanziale».

In media in tutte le contee, lo studio ha rilevato che «un aumento giornaliero di 10 µg/m3 di PM2,5 ogni giorno per 28 giorni successivi era associato a un aumento dell’11,7% dei casi di Covid-19 e dell’8,4% di Covid-19. deceduti. I maggiori effetti per i casi sono stati nelle contee di Sonoma, California, e Whitman, Washington, con aumenti rispettivamente del 65,3% e del 71,6%. I maggiori effetti per i decessi sono stati a Calaveras, in California, e San Bernardino, in California, con aumenti rispettivamente del 52,8 percento e del 65,9 percento».

Quando i ricercatori hanno esaminato i singoli giorni di incendi boschivi nelle singole contee, hanno scoperto che «Butte, California e Whitman, Washington, avevano le percentuali più alte di casi totali di Covid-19 attribuibili agli alti livelli di PM2,5 durante gli incendi:  in tutto, il numero di casi di Covid-19 verificatisi in queste contee, rispettivamente il 17,3% e il 18,2%, era attribuibile ad alti livelli di PM2,5. Butte, in California, e Calaveras, in California, hanno registrato le percentuali più alte di decessi totali per Covid-19 attribuibili ad alti livelli di PM2,5 durante gli incendi: tra il numero totale di decessi per Covid-19 avvenuti in queste contee, il 41% e il 137,4% , rispettivamente, erano direttamente attribuibili a livelli elevati di PM2,5».

Lo studio ha rilevato inoltre che «nei tre Stati studiati, il numero cumulativo di casi Covid-19 e decessi attribuibili agli aumenti giornalieri di PM2,5 dovuti agli incendi boschivi è stato rispettivamente di 19.700 e 750».

La Dominici conclude: «Il cambiamento climatico porterà probabilmente condizioni più calde e secche a ovest, fornendo più carburante da consumare per gli incendi e incrementandone ulteriormente l’attività. Questo studio fornisce ai responsabili delle politiche informazioni chiave su come gli effetti di una crisi globale – il cambiamento climatico – possono avere effetti a cascata su crisi globali concomitanti – in questo caso, la pandemia di Covid-19».