Cambiamento climatico e sicurezza: la Russia mette il veto all’Onu

La Russia blocca al Consiglio di sicurezza una risoluzione presentata da Irlanda e Niger e appoggiata da più 113 Paesi. Vota contro anche l’India. La Cina si astiene

[14 Dicembre 2021]

La Russia ha posto il veto a una bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che collega il cambiamento climatico alle minacce alla sicurezza. Secondo l’ambasciatore russo all’Onu, Vassily Nebezia, il documento avrebbe fissato un approccio pericolosamente unilaterale ai conflitti futuri.

Il 9 dicembre il progetto era stato sostenuto dalla maggioranza dei 15 membri del Consiglio di sicurezza, ma uno dei 5 membri permanenti, la Russia, il 13 dicembre ha posto il veto, mentre, la Cina (altro seggio permanente) si è astenuta. Tra i membri di turno, l’India è stato l’unico Paese a votare contro la bozza anche se Paesi alleati di Putin come Bielorussia e Venezuela e il Brasile del presidente neofascista e negazionista climatico Jair Bolsonaro hanno espresso la loro comprensione per la posizione russa.  Le agenzie di stampa russe fanno notare che insieme i due Paesi contrari (Russia e India) e la Cina astenuta, ospitano quasi il 40% della popolazione mondiale.

La bozza di risoluzione, presentata da Irlanda e Niger era co-sponsorizzata da più di 100 Paesi  e invitava il Segretario generale dell’Onu a fare dei rischi legati al clima «una componente centrale delle strategie di prevenzione di un conflitto globale delle Nazioni Unite per contribuire alla riduzione del rischio di ricaduta nei conflitti a causa degli effetti negativi dei cambiamenti climatici (…) incorporando informazioni sulle implicazioni dei cambiamenti climatici per la sicurezza» e prestando «La dovuta attenzione alle cause profonde del conflitto o ai moltiplicatori di rischio».

E il segretario generale dell’Onu António Guterres, che aveva più volte chiesto al Consiglio di sicurezza di occuparsi di clima e pace ha decisamente appoggiato la risoluzione: «Siamo in corsa contro il tempo. Nessuno è al sicuro dagli effetti distruttivi della distruzione climatica». Poi, ricordando l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5° C, ha indicato i fenomeni meteorologici sempre più estremi che minacciano la sicurezza alimentare e l’accesso alle risorse in Africa e in Medio Oriente e sottolineato che «Le regioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici spesso soffrono anche di povertà, governance debole e attività terroristiche. Dei 15 Paesi più esposti ai rischi climatici, 8 ospitano una missione di mantenimento della pace o una missione politica speciale dell’Onu, anche in Mali dove i gruppi terroristici hanno sfruttato le crescenti tensioni tra pastori e agricoltori per reclutare, mentre in Iraq e Siria, lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante (ISIL), noto anche come Daesh, ha sfruttato la carenza d’acqua. Il cambiamento climatico ha un effetto moltiplicatore su queste situazioni» Citando la Our Common Agenda, Guterres ha fatto notare che «I conflitti derivano da profonde fratture sociali, che causano una perdita di speranza nel futuro» e ha chiesto una serie di misure e di concentrarsi in particolare sulla governance inclusiva: «Gli studi dimostrano che quando le donne partecipano ai negoziati, la pace è più sostenibile. E quando sono coinvolti nella legislazione, adottano politiche migliori per l’ambiente e la coesione sociale».

Ad appoggiare la risoluzione è intervenuto anche Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell’Unione africana, che ha sottolineato che «L’inasprimento della situazione climatica con la siccità sta esacerbando anche le tensioni globali a causa della scarsità di risorse naturali, come dimostrano i dati sul Sahel e sul bacino del lago Ciad. Con un’esplosione demografica che aumenta la pressione sulle scarse risorse, questi fenomeni stanno creando un terreno fertile per attori non statali, inclusi i terroristi, che stanno reclutando e addestrando migliaia di giovani. Con oltre 50 milioni di persone che vivono in condizioni precarie nel solo Sahel, le varie questioni sociali, economiche e ideologiche portano sofferenza a migliaia di donne e ragazze, che mancano di un’adeguata rappresentanza nella sfera politica. Invito la comunità internazionale a combattere il cambiamento climatico e il terrorismo e ad affrontare l’interconnessione tra i due fenomeni. L’Unione africana sta svolgendo u importante ruolo mentre l’Africa investe nella mitigazione dell’impatto del cambiamento climatico».

Mamman Nuhu, segretario esecutivo della Lake Chad Basin Commission e a capo della Multinational Joint Task Force, ha ricordato che «Il bacino un tempo esportava prodotti alimentari tra cui miglio e sorgo, praticava l’allevamento del bestiame e la pesca, ma ora la variabilità climatica, la pressione demografica e l’insicurezza sono continue minacce alla sicurezza alimentare. I giovani che rappresentano il 60% della popolazione si sono rivolti ad attività criminali, tra cui un’industria di contrabbando incentrata su droga, armi e traffico di esseri umani. Inoltre, gli scontri tra agricoltori e pastori con la distruzione dei raccolti e il furto di bestiame hanno permesso all’ideologia di Boko Haram di crescere». Nonostante l’attuazione di iniziative come  il Programma di sviluppo di emergenza per i gruppi vulnerabili che comprende 118 microprogetti che dovrebbero creare almeno 257.000 posti di lavoro, Nuhu ha avvertito che «Tuttavia, le operazioni della Multinational Joint Task Force, istituita per creare un ambiente sicuro nelle aree colpite da attività terroristiche e facilitare programmi di stabilizzazione e aiuti umanitari volti a neutralizzare i terroristi, a medio e lungo termine sono insufficienti per eliminare le minacce dell’estremismo violento».

Nel successivo dibattito quasi 60 rappresentanti degli Stati membri dell’Onu hanno sottolineato l’immediatezza e l’urgenza di stabilire un nesso tra cambiamento climatico e proliferazione terroristica.

Mohamed Bazoum, presidente del Niger e presidente di turno a dicembre del Consiglio di sicurezza, ha spiegato di aver scelto questo argomento del dibattito perché «Il Consiglio stabilisca l’evidente nesso tra pace e sicurezza da un lato e la lotta al terrorismo e gli effetti della cambiamento climatico dall’altro. Le regioni del Sahel e del Lago Ciad illustrano l’interazione tra gli effetti del cambiamento climatico e la pace e la sicurezza, con il cambiamento climatico che spinge le popolazioni a una feroce competizione per le scarse risorse. E’ giunto il momento che il Consiglio adotti la risoluzione proposta dal Niger e dall’Irlanda che rafforzerebbe finalmente la sua comprensione dell’impatto del cambiamento climatico sulla pace e la sicurezza».

L’ambasciatrice irlandese all’Onu, Geraldine Byrne Nason ha definito il cambiamento climatico «La sfida decisiva del nostro tempo che aggrava le disuguaglianze e le insicurezze esistenti e ha un impatto acuto su coloro che già vivono in povertà e in conflitto. La scarsa risposta dei governi agli eventi meteorologici estremi indebolisce il contratto sociale tra cittadino e Stato, fornendo terreno fertile per gruppi terroristici in situazioni di conflitto. Abbiamo la responsabilità, in questo Consiglio, di spezzare questo circolo vizioso e auto-rafforzante». Per quanto riguarda l’impatto del cambiamento climatico su alcune regioni, compreso il bacino del lago Ciad, ha sottolineato la necessità di un’analisi più empirica per facilitare un’azione decisa e ha chiesto di «Porre fine all’abuso delle leggi antiterrorismo per stigmatizzare e criminalizzare i difensori dei diritti umani ambientali e civili organizzazioni della società che lavorano sui problemi del cambiamento climatico». Evidenziando che nel 2021 ben 3 risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu  fanno riferimento agli impatti negativi del cambiamento climatico, ha chiesto «Un approccio più strutturato e sistematico per prevenire e risolvere i conflitti esacerbati dal cambiamento climatico (…) E’ necessario integrare tali preoccupazioni nella risoluzione dei conflitti, nella prevenzione e negli sforzi di mediazione, non farlo è irragionevole».

La doccia fredda è arrivata subito con l’intervento del russo Nibezia che, dopo aver  sottolineato «La necessità di proteggere le nazioni dagli effetti negativi del cambiamento climatico attraverso sforzi globali, a cominciare dal sistema di sviluppo dell’Onu», ha detto che «L’Ufficio Antiterrorismo può fornire assistenza tecnica su richiesta delle autorità locali, considerando esigenze specifiche. L’incursione dell’ISIL in Africa è legata a frontiere porose e difficoltà socioeconomiche, esacerbate dalla pandemia di Covid-19 e dalle deboli autorità sul campo, con condizioni particolarmente gravi nel Sahel». Di minimizzazione in minimizzazione, l’ambasciatore russo ha detto che «E’ necessario esaminare singolarmente ogni Paese o regione per le cause di instabilità, che possono includere la mancanza di assistenza esterna quando le istituzioni locali non sono in grado di farvi fronte. Ma forzare il cambiamento climatico nelle operazioni di mantenimento della pace, spostando l’attenzione dalla povertà e dalle istituzioni deboli, politicizzandolo e staccandolo da un approccio scientifico, avrà risultati disastrosi. Il legame tra terrorismo e clima non è chiaro, rendendolo così inadatto a un dibattito in Consiglio, la discussione del fenomeno dovrebbe essere lasciata ad altri organi competenti delle Nazioni Unite, incluso il Consiglio economico e sociale.

Ma cosa c’è dietro questa entrata a gamba tesa che preannunciava il veto lo ha reso esplicito l’ambasciatore dell’Ucraina Yuriy Vitrienko che ha affermato che «Il mio Paese ha un’esperienza diretta di quanto possa essere malvagio il terrorismo, con l’aggressione armata russa che porta a un forte aumento delle minacce terroristiche nei territori occupati e in tutto il Paese. Combattere le attività dei singoli terroristi e dei gruppi terroristici sarà insufficiente se il problema del terrorismo di Stato non sarà affrontato in modo solido e completo». Poi Vitrienko ha concretizzato il fantasma della nuova guerra fredda ai confini dell’Europa  condannando «L’oppressione russa degli attivisti tartari di Crimea, dei difensori dei diritti umani e giornalisti nella Crimea occupata con il pretesto di misure antiterrorismo» e a ha accusati che «Inoltre, la militarizzazione del Donbas ha un impatto negativo sull’ecosistema della penisola e sulle acque adiacenti. La continua aggressione nel Donbas influisce negativamente anche sull’ambiente: la recente chiusura delle miniere di carbone nella regione  ha portato a emissioni di gas di miniera e inondazioni di miniere e aree vicine. Tuttavia, l’occupazione rende impossibile affrontare i rischi legati all’ambiente e al clima in questi territori».

Accuse durissime, tanto che l’ambasciatore russo all’Onu ha preso la parola per la seconda volta e, dopo essersi detto preoccupato per le difficoltà che sta affrontando il Sahel., ha ribadito che «Il mio Paese è contrario a discussioni generiche in Consiglio di sicurezza che possono essere politicizzate. Il delegato ucraino ha commesso quell’errore usando qualsiasi riunione del Consiglio come scusa per portare avanti la sua immagine distorta del mondo, dove la Federazione Russa è responsabile di tutti i mali. Sono sicuro che tutti sono stufi di questo che, come può essere visto nel voto dell’Assemblea Generale di oggi, che non ha nulla a che fare con la situazione reale in Ucraina. Nonostante gli sforzi di Kiev, ha ottenuto meno di un terzo dei voti. Sollecitiamo l’attuazione degli accordi di Minsk».

Ai russi ha ribattuto, in qualità di osservatore, il rappresentante dell’Unione europea Silvio Gionzalo , ricordando «I legami del clima e della sicurezza con quello della disuguaglianza di genere» e «L’imperativo di includere i giovani nelle discussioni e nei processi decisionali, poiché sono quelli che maggiormente risentono degli effetti del cambiamento climatico». Poi ha chiesto lo sviluppo di «Una base informativa completa per integrare pienamente i fattori di rischio climatico e ambientale a breve e lungo termine nella valutazione e nella gestione delle minacce alla pace e alla sicurezza, compresa la radicalizzazione del terrorismo e l’estremismo violento a livello nazionale, regionale e internazionale livelli. Per questo sosteniamo l’adozione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza in materia».

L’ambasciatore italiano Maurizio Massari, associandosi al Group of Friends on Climate and Security, ha affermato che «Il Consiglio deve intensificare la sua attenzione sulla questione, poiché le conseguenze del cambiamento climatico stanno riducendo la capacità delle popolazioni di far fronte agli shock, portandone alcune a migrare e creando terreno fertile per la diffusione del terrorismo. In Africa, le attività terroristiche stanno diventando più frequenti nei Paesi colpiti dalla desertificazione e da altre condizioni legate al clima. Da parte sua, l’Italia contribuisce a diversi programmi globali volti alla ricostruzione delle comunità colpite dal terrorismo, anche affrontandone le cause profonde. Un approccio olistico deve garantire che i mandati vengano assolti in modo efficace. L’Italia sostiene un focus sul cambiamento climatico, partendo dal Consiglio di sicurezza».

Anche se la Russia ha cercato di arruolare la Cina tra gli sfavorevoli, l’astensione di Pechino è molto più sfumata e “terzomondista” e l’ambasciatore Zhang Jun ha ammesso che «Il terrorismo è una minaccia reale per l’Africa, in particolare per il Sahel», aggiungendo che «Tuttavia, l’approccio militare non è sufficiente, è necessario che la comunità internazionale aiuti ad affrontare le cause profonde del conflitto, compresa l’insicurezza alimentare. Invito i Paesi sviluppati a onorare i loro impegni a sostenere gli Stati in via di sviluppo fornendo assistenza finanziaria, trasferendo tecnologia e aiutandoli nel rafforzamento delle capacità nazionali. Il Consiglio di sicurezza dovrebbe considerare i rischi per la sicurezza causati dal cambiamento climatico, sulla base di un’analisi Paese per Paese o situazione per situazione».

La Russia ha invece trovato un potente alleato nel governo della destra induista dell’India che, pensando probabilmente a quel che succede nel Kashmir occupato e al confine col Pakistan, a ma anche alla guerriglia maoista advasi, si è schierata con Mosca. L’ambasciatore indiano TS Tirumurtri ha affermato che «Non è opportuno tracciare un collegamento separato tra sicurezza e cambiamento climatico, soprattutto quando tutti gli aspetti del cambiamento climatico vengono già affrontati, in modo olistico, sotto il mandato dell’Unfccc. Un dibattito in seno al Consiglio di sicurezza, che ignori i principi e le disposizioni di base relativi al cambiamento climatico, ha il potenziale per interrompere le discussioni generali su questo importante argomento. Spostare il discorso sul cambiamento climatico da un modello basato sul consenso a un processo che potrebbe creare divisioni potrebbe non essere consigliabile. Non deviamo da un processo decisionale consolidato e inclusivo con la partecipazione di tutti i Paesi in via di sviluppo». Inoltre, pur riconoscendo il fatto che «Il cambiamento climatico ha avuto un impatto sulla vita e ha esacerbato i conflitti in molti luoghi», Tirumurtri ha sottolineato che «Vedere i conflitti solo attraverso il prisma del cambiamento climatico presenta una prospettiva miope. Il rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change afferma chiaramente che l’effetto della variabilità climatica sulla violenza è contestato. Non esiste inoltre una chiara dichiarazione scientifica che identifichi direttamente il cambiamento climatico con le preoccupazioni per la sicurezza. L’eccessiva semplificazione delle cause dei conflitti non aiuterà a risolverli né potrà giustificare atti terroristici o misure politiche estreme».

La pensa completamente differente la statunitense Linda Thomas-Greenfield che ha ricordato ai suoi alleati indiani e ai “nemici” russi che  «Il cambiamento climatico è una sfida per ogni persona, nazione e continente e una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali. Il Consiglio di sicurezza deve affrontare questo problema, poiché è l’unico organismo che può garantire che il cambiamento climatico sia integrato con altre iniziative, tra cui la prevenzione dei conflitti e la risposta umanitaria. Il tempo imprevedibile ed estremo rende ancora più scarse le risorse vitali, scatenando la disperazione e poi la violenza. Il presidente Joseph R. Biden ha commissionato la prima stima dell’intelligence nazionale sulle implicazioni per la sicurezza e ha pubblicato un rapporto non classificato a ottobre, indicando che il cambiamento climatico aumenterà i conflitti interni e, al suo ritmo attuale, scaccerà milioni dalle loro case spingendo la migrazione di massa. Queste sono esattamente le popolazioni su cui predano i gruppi terroristici; tali gruppi si rivolgono anche contro le infrastrutture critiche e agli operatori umanitari. Il mio governo ha lanciato il Piano di emergenza del presidente per l’adattamento e la resilienza e mira a stanziare 3 miliardi di dollari in finanziamenti per l’adattamento all’anno entro il 2024, garantendo che ogni dollaro vada il più lontano possibile nelle comunità vulnerabili». Per quanto riguarda gli effetti climatici in Africa, la Thomas-Greenfield ha sottolineato che «Il dibattito è finito e il Consiglio deve usare i suoi poteri unici per affrontare la questione a testa alta. Incoraggio tutti gli Stati a co-sponsorizzare e sostenere il progetto di risoluzione su clima e sicurezza».

Ma a mettere davvero fine a ogni dibattito è arrivato il veto della Russia  che ha deciso così di affondare la decisione di affondare la risoluzione. Una decisione che Nebenzia ha  giustificato con il fatto che «I documento avrebbe imposto una prospettiva estremamente unilaterale per affrontare i conflitti, consentendo al contempo al Consiglio di sicurezza (nel quale la Russia ha il diritti o di veto insieme a Cina, Usa, Francia e Regno Unito, ndr) di inserire qualsiasi Paese nella sua agenda con il pretesto di questioni legate al clima. Ci opponiamo alla creazione di un nuovo ramo nei lavori del consiglio che affermi un legame generico e automatico tra cambiamento climatico e sicurezza internazionale, trasformando una questione scientifica e socio-economica in una questione politica». Come se la Russia, con il Protocollo di Kyopto prima e con l’Accordo di Parigi poi non avesse più volte mischiato politica e clima.

In un comunicato separato, la missione russa all’Onu specifica che «Il documento proposto stava in realtà costringendo il consiglio ad adottare un approccio unidimensionale ai conflitti e alle minacce alla pace e alla sicurezza internazionali, ad esempio attraverso la lente del clima. Riconosciamo la gamma di sfide complesse e intrecciate, tra cui l’impatto del cambiamento climatico, i disastri naturali, la povertà, la scarsa governance locale che è per lo più radicata nel passato coloniale e le minacce del terrorismo che rappresentano un onere intollerabile per alcuni Paesi e regioni. Tutte queste situazioni hanno le loro caratteristiche specifiche».

Nonostante fosse appoggiata da più di 100 Paesi. La missione russa all’Onu dice che «La bozza non era in realtà così universalmente supportata come i suoi sponsor hanno cercato di presentarla, i portapenne del documento lo stavano spingendo senza essere pronti a discutere le cause profonde delle sfide che i paesi vulnerabili hanno di fronte. Come membro responsabile delle Nazioni Unite e del suo Consiglio di sicurezza, la Federazione Russa insieme a India e Cina non condivide un simile approccio imposto dalle nazioni occidentali che hanno già fatto credere in un numero significativo di Paesi in attesa di assistenza».

L’Irlanda non ha preso per niente bene il niet russo e in un comunicato  il ministero degli esteri dell’Eire si è detto deluso dall’esito del voto sulla prima risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su clima e sicurezza: «Deploriamo la decisione della Russia di usare il suo veto per bloccare l’adozione di questa rivoluzionaria risoluzione. Credevamo che il peso delle prove e la chiarezza delle argomentazioni avrebbero portato il Consiglio al consenso. Tuttavia, nonostante mesi di consultazioni e il forte sostegno della maggior parte degli Stati membri delle Nazioni Unite, purtroppo non è stato così. Questa importante risoluzione è stata redatta e negoziata da Irlanda e Niger, a seguito della riunione del Consiglio di sicurezza su clima e sicurezza presieduta dal Taoiseach il 23 settembre, durante la presidenza irlandese del Consiglio. La risoluzione ha cercato di consolidare l’agenda per il clima e la sicurezza all’interno del programma di lavoro del Consiglio. La sua adozione sarebbe stata un primo passo importante nella creazione di un quadro rafforzato per l’azione futura. L’Irlanda e il Niger, che guidano congiuntamente il gruppo di esperti su clima e sicurezza, hanno guidato le ampie consultazioni su questo testo per oltre due mesi, assicurandosi il sostegno di 12 membri del Consiglio. Abbiamo anche assicurato il sostegno di 113 Stati membri delle Nazioni Unite, che si sono iscritti come co-sponsor. Purtroppo, però, la Russia – membro permanente del Consiglio – ha votato contro la risoluzione, insieme a un membro eletto, l’India. Sebbene questo sia deludente, il processo conferma che la maggioranza degli Stati membri delle Nazioni Unite ritiene che il Consiglio dovrebbe prendere in considerazione i rischi per la sicurezza del cambiamento climatico nel suo processo decisionale. L’Irlanda si è impegnata a portare avanti la questione del clima e della sicurezza durante la nostra permanenza al Consiglio di sicurezza e questo lavoro rappresenta un importante passo avanti. Ha evidenziato l’importanza dei rischi climatici per la pace e la sicurezza internazionali e l’impegno dell’Irlanda a impegnarsi in modo costruttivo su una questione così fondamentale. Abbiamo un sostegno consolidato alle Nazioni Unite e possiamo galvanizzare il lavoro per concentrarci su questo problema in futuro. La questione delle implicazioni per la sicurezza dei cambiamenti climatici non scomparirà. L’analisi recente non potrebbe essere più chiara: gli effetti negativi del cambiamento climatico non faranno che peggiorare, contribuendo all’insicurezza e aggravando i conflitti. E’ significativo che l’80% delle forze di pace delle Nazioni Unite siano dispiegate nei paesi più esposti ai cambiamenti climatici.  È nostra ferma convinzione che ogni organizzazione debba affrontare il cambiamento climatico nell’ambito del proprio mandato. Il conflitto è complesso con molti driver. Laddove il cambiamento climatico è un fattore che aggrava l’instabilità e mina la pace e la sicurezza, il Consiglio di sicurezza dovrebbe utilizzare gli strumenti a sua disposizione per affrontarlo. L’Irlanda continuerà a dare la priorità all’inclusione del clima nei prodotti pertinenti del Consiglio e lavoreremo per portare avanti questo programma per il resto del nostro tempo al Consiglio di sicurezza e oltre».

Il  ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney ha alzato ulteriormente l’asticella definendo  il diritto di veto dei 5 membri permanenti del Consiglio di sicurezza «Uno strumento obsoleto, usato per quello che pensiamo sia una prospettiva obsoleta. Per ora, è stato posto il veto a un’opportunità storica per riconoscere che il cambiamento climatico contribuisce alla guerra, ma il consenso dell’opinione internazionale è più che chiaro».