Allarme Fao e Wfp: la fame minaccia la stabilità sociale e politica di decine di Paesi

Insieme alle guerre, sono gli shock climatici frequenti e ricorrenti a continuare a causare la fame acuta

[8 Giugno 2022]

Il rapporto “Hunger Hotspots” della Fao e del World World Food Programme (WFP) è un grave monito sulle molteplici crisi alimentari che incombono sul mondo, «Causate da conflitti, shock climatici, ricadute del CovidD-19 e ingenti oneri del debito pubblico, ulteriormente esacerbati dagli effetti a catena della guerra in Ucraina che ha fatto salire i prezzi di cibo e carburante in molte nazioni in tutto il mondo. Questi shock hanno colpito contesti già caratterizzati da emarginazione rurale e fragili sistemi agroalimentari».

Il rapporto rileva che, insieme alle guerre, sono gli shock climatici frequenti e ricorrenti a continuare a causare la fame acuta: «Siamo entrati in una “nuova normalità” in cui siccità, inondazioni, uragani e cicloni distruggono ripetutamente l’agricoltura e gli allevamenti, provocano migrazioni e spingono milioni di persone ai limiti, in tutto il mondo» ee evidenzia che «I preoccupanti fenomeni climatici legati a La Niña dalla fine del 2020 potrebbero estendersi fino a tutto il 2022, aumentando i bisogni umanitari e la fame acuta. In Africa orientale, una siccità senza precedenti sta colpendo Somalia, Etiopia e Kenya con una quarta stagione consecutiva di piogge al di sotto della media, mentre il Sud Sudan dovrà affrontare il suo quarto anno consecutivo di inondazioni su larga scala, che probabilmente spingeranno le persone ad abbandonare le proprie case,  devastando raccolti e  bestiame». Hunger Hotspots”  prevede anche piogge superiori alla media e il rischio di inondazioni localizzate nel Sahel, una stagione degli uragani più intensa nei Caraibi e piogge al di sotto della media in Afghanistan, Paese già colpito da diverse stagioni di fila di siccità, violenze e sconvolgimenti politici.

Il rapporto sottolinea anche le terribili condizioni macroeconomiche in diversi Paesi, causate dalle ricadute della pandemia di COVID-19 e aggravate dai recenti sconvolgimenti sui mercati alimentari ed energetici globali: «Queste condizioni causano drammatiche perdite di reddito tra le comunità più povere – sottolineano Fao e WFP – e mettono a dura prova la capacità dei governi nazionali di finanziare gli ammortizzatori sociali, le misure di sostegno al reddito e l’importazione di beni essenziali».

Etiopia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen rimangono nella categoria “massima allerta” come hotspot con condizioni catastrofiche, mentre Afghanistan e Somalia si aggiungono a questa preoccupante categoria rispetto all’ultimo rapporto pubblicato nel gennaio 2022. Le due Agenzie Onu fanno notare che «Questi sei Paesi hanno tutti una parte della popolazione nella fase 5, cioè di “Catastrofe”, dell’IPC o rischiano di precipitarvi, con 750.000 persone che rischiano fame e morte  con 400.000 di loro nella regione del Tigray in Etiopia, il numero più alto mai registrato in un Paese dalla carestia in Somalia nel 2011».

Come nell’edizione precedente del rapporto, Repubblica democratica del Congo, Haiti, i Paesi del Sahel, il Sudan e la Siria rimangono in una condizione di “forte preoccupazione” per il deterioramento delle condizioni, a questi Paesi si aggiunge ora il Kenya. Sri Lanka, I Paesi costieri dell’Africa occidentale (Benin, Capo Verde e Guinea), Ucraina e Zimbabwe si aggiungono ai paesi hotspot, affiancandosi ad Angola, Libano, Madagascar e Mozambico che continuano ad essere hotspot della fame.

Il direttore esecutivo del WFP, David Beasley, ha avvertito: «E’ una tempesta perfetta che non solo danneggerà i più poveri tra i poveri, ma travolgerà anche milioni di famiglie che fino ad ora sono riuscite a barcamenarsi. Le condizioni ora sono molto peggiori rispetto alla primavera araba nel 2011 e alla crisi dei prezzi alimentari del 2007-2008, quando 48 Paesi sono stati scossi da disordini politici, rivolte e proteste. Vediamo già cosa sta succedendo in Indonesia, Pakistan, Perù e Sri Lanka: questa è solo la punta dell’iceberg. Le soluzioni esistono. Ma dobbiamo agire e farlo in fretta».

E, infatti, il rapporto invoca un’azione umanitaria urgente per salvare vite e mezzi di sussistenza e prevenire le carestie in 20 “hunger hotspots”, dove tra giugno a settembre si prevede un peggioramento della fame acuta e segnala come «La guerra in Ucraina abbia esacerbato il già costante aumento dei prezzi del cibo e dell’energia in tutto il mondo, che stanno già impattando sulla la stabilità economica in tutte le regioni. Si prevede che gli effetti siano maggiori laddove l’instabilità economica e l’impennata dei prezzi si combinano con il calo della produzione alimentare dovuto a shock climatici come siccità ricorrenti o inondazioni».

Commentando il rapporto, il segretario generale della Fao Qu Dongyu, ha detto: «Siamo profondamente preoccupati per l’impatto combinato di crisi sovrapposte che mettono a repentaglio la capacità delle persone di produrre e accedere agli alimenti, spingendo ulteriori milioni di persone a livelli estremi di grave insicurezza alimentare. E’ una corsa contro il tempo per aiutare gli agricoltori nei paesi più colpiti, anche aumentando rapidamente la produzione alimentare e incrementando la loro resilienza».

Per ogni Paese, il rapporto fornisce raccomandazioni concrete e specifiche sulle priorità, per una risposta umanitaria immediata per salvare vite umane, prevenire la carestia e proteggere i mezzi di sussistenza, nonché azioni preventive.  Fao e WFP concludono: «Il recente impegno del G7 ha evidenziato l’importanza di rafforzare l’azione preventiva nell’assistenza umanitaria e allo sviluppo, assicurando che i rischi prevedibili non diventino in vere e proprie catastrofi umanitarie».