Al di fuori della nicchia climatica. Con le attuali politiche climatiche il 22% dell’umanità esposta a temperature troppo elevate (VIDEO)

Limitare il riscaldamento globale a 1,5° C salverebbe miliardi di persone da un clima pericolosamente caldo

[24 Maggio 2023]

Secondo lo studio “Quantifying the Human Cost of Global Warming”, pubblicato su Nature Sustainability da un team internazionale di ricercatori guidato da Timothy Lenton del Global Systems Institute dell’università di Exeter e da Chi Xu della School of Life Sciences dell’università di Nanjing, «Le attuali politiche climatiche lasceranno più di un quinto dell’umanità esposta a temperature pericolosamente elevate entro il 2100».

Nonostante l’Accordo di Parigi si impegni a mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2° C (rispetto ai livelli preindustriali), si prevede che entro la fine del secolo le attuali politiche porteranno a un riscaldamento di 2,7° C e il l nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Earth Commission, e alla Nanjing University, ha valutato cosa ciò significherebbe per il numero di persone che vivono al di fuori della “nicchia climatica” nella quale ha prosperato la specie umana ed evidenzia che «Circa 60 milioni di persone sono già esposte a caldo pericoloso (temperatura media di 29° C o superiore). E due miliardi – il 22% della popolazione prevista per la fine del secolo – sarebbero esposti a questo a 2,7° C di riscaldamento globale».

Lo studio evidenzia però anche «L’enorme potenziale di una politica climatica decisiva per limitare i costi umani e le disuguaglianze del cambiamento climatico. Limitare il riscaldamento a 1,5° C lascerebbe esposto il 5%, salvando un sesto dell’umanità dal caldo pericoloso rispetto ai 2,7° C di riscaldamento».

Inoltre, lo studio rileva che le emissioni prodotte attualmente nel corso della vita da 3,5 persone nel mondo – o solo 1,2 cittadini statunitensi – esporranno in futuro una persona a un caldo pericoloso e fa notare che «Questo evidenzia l’iniquità della crisi climatica, poiché queste future persone esposte al caldo vivranno in luoghi in cui le emissioni oggi sono circa la metà della media globale».

Negli “scenari peggiori” di 3,6° C o addirittura 4,4° C di riscaldamento globale, metà della popolazione mondiale potrebbe rimanere fuori dalla nicchia climatica, ponendo quello che i ricercatori chiamano «Un rischio esistenziale».

Lenton sottolinea che «I costi del riscaldamento globale sono spesso espressi in termini finanziari, ma il nostro studio evidenzia il fenomenale costo umano del fallimento nell’affrontare l’emergenza climatica. Per ogni 0,1° C di riscaldamento al di sopra dei livelli attuali, circa 140 milioni di persone in più saranno esposte a un caldo pericoloso. Questo rivela sia la portata del problema sia l’importanza di un’azione decisiva per ridurre le emissioni di carbonio. Limitare il riscaldamento globale a 1,5° C invece che a 2,7° C significherebbe cinque volte meno persone nel 2100 esposte a caldo  pericoloso».

La densità della popolazione umana ha storicamente raggiunto il picco in luoghi con una temperatura media di circa 13° C, con un picco secondario a circa 27° C (climi monsonici, specialmente nell’Asia meridionale). La densità dei raccolti e del bestiame segue modelli simili e la ricchezza (misurata dal PIL) raggiunge i suoi picchi a circa 13° C. La mortalità aumenta sia a temperature più alte che più basse, supportando l’idea di “nicchia” umana.

Anche se attualmente meno dell’1% dell’umanità vive in luoghi con una pericolosa esposizione al caldo, lo studio dimostra che «Il cambiamento climatico ha già messo il 9% della popolazione mondiale (più di 600 milioni di persone) fuori dalla nicchia».

L’esposizione al calore pericoloso inizia ad aumentare drasticamente a 1,2° C (appena al di sopra dell’attuale riscaldamento globale) e aumenta di circa 140 milioni per ogni 0,1° C di ulteriore riscaldamento.

Chi Xu spiega che «La maggior parte di queste persone viveva vicino al picco più freddo di 13°C della nicchia e ora si trova nella “terra di mezzo” tra i due picchi. Sebbene non siano pericolosamente calde, queste condizioni tendono ad essere molto più secche e storicamente non hanno sostenuto dense popolazioni umane. Nel frattempo, la stragrande maggioranza delle persone destinate a essere lasciate fuori dalla nicchia a causa del riscaldamento futuro sarà esposta a un caldo pericoloso. Temperature così elevate sono state collegate a problemi tra i quali  aumento della mortalità, diminuzione della produttività del lavoro, diminuzione delle prestazioni cognitive, apprendimento compromesso, esiti avversi della gravidanza, diminuzione della resa dei raccolti, aumento dei conflitti e diffusione di malattie infettive».

Mentre alcune aree più fredde potrebbero diventare più abitabili a causa del cambiamento climatico, però si prevede che la crescita della popolazione sarà più elevata nelle aree a rischio di caldo pericoloso, in particolare in India e Nigeria. Supponendo che la popolazione umana globale raggiunga i 9,5 miliardi di persone, l’India avrebbe la più grande popolazione esposta a un riscaldamento globale di 2,7°C: più di 600 milioni. A +1,5° C, questa cifra sarebbe di gran lunga inferiore, a circa 90 milioni. Con a un riscaldamento globale di 2,7° C, la Nigeria avrebbe la seconda più grande popolazione esposta al caldo: oltre 300 milioni, con un riscaldamento di 1,5° C sarebbero meno di 40 milioni. India e Nigeria mostrano già “hot spot” di temperature pericolose.

A +2,7° C, quasi il 100% di alcuni Paesi poverissimi, tra i quali il Burkina Faso e il Mali, sarà pericolosamente caldo per gli esseri umani. Ma sarebbe il Brasile ad avere la più vasta area terrestre esposta a un caldo pericoloso, nonostante quasi nessuna area sia esposta a +1,5° C, e anche l’Australia e l’India registrerebbero massicci aumenti dell’area esposta.

Il gruppo di ricerca – che comprendeva scienziati del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK) , dell’International Institute for Applied Systems Analysis e delle università di Washington, North Carolina State, Aarhus e Wageningen – sottolinea che «I peggiori di questi impatti possono essere evitati con un’azione rapida per ridurre le emissioni di gas serra».

Marten Scheffer, della Wageningen Universiteit, spiega come è nato questo studio: «Siamo stati sollecitati al fatto che i costi economici delle emissioni di carbonio difficilmente riflettono l’impatto sul benessere umano. Ora, i nostri calcoli aiutano a colmare questo gap e dovrebbero stimolare a porre nuove domande non ortodosse sulla giustizia climatica».

Ashish Ghadiali, del Global Systems Institute di Exeter, ha aggiunto: «Queste nuove scoperte della scienza dei sistemi terrestri sottolineano la natura profondamente razzializzata degli impatti climatici previsti e dovrebbero ispirare un cambiamento radicale della politica nel pensare anche all’urgenza degli sforzi di decarbonizzazione, cos come al valore di un massiccio aumento degli investimenti globali verso chi in prima linea nella vulnerabilità climatica».

La ricerca è stata finanziata dalla Open Society Foundations e il documento è anche un risultato della Earth Commission – riunita da Future Earth – che è la pietra angolare scientifica della Global Commons Alliance. E Wendy Broadgate, direttrice esecutiva della Earth Commission di Future Earth, conclude: «Stiamo già vedendo oggi gli effetti di pericolosi livelli di caldo sulle persone in diverse parti del mondo. Questo  non farà che accelerare, a meno che non intraprendiamo azioni immediate e decisive per ridurre le emissioni di gas serra».

E qui viene in aiuto il lavoro sulle soluzioni climatiche del Global Systems Institute dell’università di Exeter che ha identificato “tipping points positivi” per accelerare l’azione, incluso il recente rapporto “The Breakthrough Effect: How to trigger a cascade of tipping points to accelerate the net zero transition” che ha evidenziato tre “punti di super leva” che potrebbero innescare una cascata di decarbonizzazione.

 

Videogallery

  • Fifth of humanity facing future outside safe “climate niche”

  • How global warming could force billions into dangerously hot climate

  • Positive tipping points “only option” to tackle climate crisis