Accelerazione blu: nel mondo la blue economy è a un punto di svolta?

Un'economia oceanica sostenibile ed equa è a portata di mano, ma è messa a rischio da pericoli molteplici e incombenti

[21 Ottobre 2021]

«La Blue Economy – un’economia oceanica veramente sostenibile ed equa – è arrivata a un punto di svolta con un  potenziale per un’accelerazione e una crescita significative, ma solo se sarò affiancata dalle strutture giuste». E’ quanto emerge da 3 rapporti commissionati dall’Ocean Risk and Resilience Action Alliance (ORRAA) allo  Stockholm Resilience Center e alla Global Resilience Partnership e che sono  tra i più completi mai realizzati sui livelli di investimenti e finanziamenti legati agli oceani, ma che indicano anche «Il rischio negativo di decisioni di investimento squilibrate, inique e insostenibili per l’oceano. Senza una correzione di rotta, c’è un chiaro pericolo che tali investimenti aumentino i livelli di disuguaglianza e i danni all’oceano e alle comunità che dipendono da esso».

I tre rapporti sono:

Blue acceleration – an ocean of risk and opportunities”  che descrive come le questioni riguardanti l’equità e condivisione dei benefici all’interno della Blue Acceleration, evidenziando come i piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS) e i Paesi meno sviluppati (LDC) siano particolarmente a rischio per gli stranded assets. I rapporto esplora anche il ruolo che finanziamenti pubblici o privati possono svolgere nel favorire la trasformazione verso una blue economy equa e sostenibile.

Il rapporto “Ocean Risks – SIDS and LDCs” descrive i principali fattori di stress biofisici e antropici e il loro impatto su SIDS e LDC e mette in evidenza le principali caratteristiche socio-ecologiche di SIDS e LDC che modellano la loro vulnerabilità a i fattori di stress e suggerisce potenziali modi per supportare SIDS e LDC per mitigare i rischi oceanici e costruire la resilienza.

Il terzo rapporto “Gender dynamics of ocean risk and resilience in SIDS and coastal LDCs” evidenzia i ruoli di genere in due settori chiave dell’economia oceanica (piccola pesca e turismo costiero), descrive le dimensioni di genere dei rischi oceanici e riassume gli sforzi fatti nei SIDS e negli LDC per la parità di genere come leva per lla costruzione della resilienza verso i rischi oceanici.

Albert Norström, dello Stockholm Resilience Center e responsabile del progetto per i rapporti, spiega che «Questi tre rapporti descrivono collettivamente come ci troviamo in una nuova fase nell’uso dell’oceano da parte dell’umanità, chimata  “Blue Acceleration”, che sta rapidamente trasformando l’oceano e avendo importanti conseguenze economiche, sociali ed ecologiche. Se la “Blue Accereration”continua incontrollata e gli impatti del cambiamento climatico peggiorano, le comunità nei SIDS e nei paesi meno sviluppati costieri che dipendono dall’oceano dovranno affrontare pressioni cumulative senza precedenti e l’emergere di nuovi rischi interconnessi».

Essendo il più grande pozzo di carbonio del pianeta e una fonte essenziale di sicurezza alimentare ed economica per miliardi di persone, l’Oceano sostiene comunità, i mezzi di sussistenza e imprese. I ricercatori ricordano che «Molti dei suoi ecosistemi naturali, dalle mangrovie alle praterie sottomarine e alle paludi salate, proteggono le comunità costiere da eventi meteorologici estremi e dall’innalzamento del livello del mare, svolgendo un ruolo fondamentale nella mitigazione e nella costruzione della resilienza ai cambiamenti climatici».

Nonostante questo,  i rapporti dimostrano che «Fino a oggi gli investimenti nell’oceano si sono concentrati in gran parte su industrie estrattive come petrolio, gas e pesca industriale o infrastrutture create dall’uomo. Di conseguenza, mentre i ritorni economici sono stati realizzati in gran parte dal  mondo sviluppato, gli impatti dannosi del cambiamento climatico, degli ecosistemi distrutti e delle risorse naturali devastate sono avvertiti dalle comunità da cui vengono estratte le risorse, in particolare quelle dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS) e dei Paesi costieri meno sviluppati (LDC)».

Norström evidenzia che «I finanziatori possono aiutare a costruire la resilienza a questi rischi oceanici reindirizzando gli investimenti verso pratiche più sostenibili ed eque decidendo cosa finanziare e a quali condizioni, oppure sbloccando il capitale e aumentando i finanziamenti dove si trova. Non dimentichiamo che l’SDG 14 (“vita sott’acqua”, ndr) rimane l’obiettivo meno finanziato».

Complessivamente 62 Stati e Territori sono fortemente dipendenti dall’oceano per la loro economia e mezzi di sussistenza – rappresentando l’1,7% del PIL mondiale e il 19% delle coste – ma fino ad oggi hanno ricevuto scarsi benefici. Infatti, nessuno delle 100 imprese che traggono i maggiori guadagni dall’utilizzo degli oceani ha sede in SIDS o in un LDC. E dei 18 paesi al mondo che hanno installato eolico offshore non c’è nessun SIDS e LCD.

Se si passa all’acquacoltura, il settore di produzione alimentare in più veloce  crescita al mondo, solo lo 0,09% della produzione globale avviene nei SIDS e negli LDC.

I ricercatori che hanno lavorato ai tre rapporti sono convinti che «La chiave per sbloccare il potenziale per un beneficio più equo è comprendere i “complessi rischi oceanici accoppiati” che affrontano i SIDS e i Paesi meno sviluppati costieri e riconoscere che ci sono fattori come la vulnerabilità ai cambiamenti climatici e fattori socio-politici esterni che mettono a rischio la loro coesione comunitaria». A partire dalle donne e ragazze, che costituiscono gran parte della forza lavoro nell’economia oceanica,  e che «Devono essere al centro dell’attenzione. Data la loro posizione in molte società, sono spesso colpite in modo sproporzionato dai cambiamenti climatici».

I tre rapporti hanno rilevato che «Le considerazioni sulla parità di genere sono in gran parte assenti nelle iniziative e nel processo decisionale e le donne sono sottorappresentate nel processo decisionale. In effetti, l’SDG14 è l’unico che non include obiettivi specifici riguardanti le donne».

Per affrontare questo problema e garantire un’economia oceanica più equa e sostenibile, i rapporti suggeriscono «Un’azione urgente e collettiva che coinvolga le comunità locali, i governi e le finanze pubbliche e private. La finanza ha un ruolo essenziale da svolgere, ma deve adottare un approccio sostenibile piuttosto che focalizzato solo sui rendimenti. Mettendo in atto la giusta architettura in atto che ponga dei guard rail intorno agli investimenti oceanici, è possibile creare una vera blue economy».

Karen Sack, CEO di ORRAA, conclude: « Questi rapporti evidenziano il reale panorama del rischio che l’economia oceanica deve affrontare. Al momento i suoi benefici sono in gran parte destinati al mondo sviluppato, mentre i SIDS e i Paesi costieri meno sviluppati che hanno molte delle stesse risorse, come l’energia eolica e delle onde, e si basano più pienamente su ecosistemi costieri e oceanici sani, non hanno avuto gli investimenti per sviluppare queste opportunità come potrebbero. Un approccio più equo che includa progetti e prodotti gestiti a livello locale è fondamentale se vogliamo scalare equamente le numerose opportunità esistenti. I governi, le imprese e i finanziatori devono collaborare con le comunità costiere per sviluppare progetti e prodotti finanziari innovativi che siano rilevanti per gli ambienti unici in cui sono concentrati e ottenere ritorni economici dei quali le comunità costiere, in particolare SIDS e LDC, possono beneficiare».