Wwf, solo il 23% di tutte le coste italiane ha un buon grado di naturalità

Solo il 4,53% delle acque territoriali italiane è protetto, di cui l’1,67% con un piano di gestione implementato e appena lo 0,01% soggetto a protezione integrale

[8 Giugno 2022]

Nell’ultimo mezzo secolo le coste italiane, che si snodano per circa 7.500 km, hanno subito enormi cambiamenti: il nuovo dossier Coste, il profilo fragile dell’Italiaelaborato dal Wwf – documenta che il 51% dei paesaggi costieri è stato trasformato e degradato da case, alberghi, palazzi, porti e industrie.

Al contrario, appena 860 km (il 23%) di tratti lineari di costa più lunghi di 5 km nel nostro Paese, isole comprese, possono essere considerati con un buon grado di naturalità.

Anche queste sono aree a rischio: dove non ci sono impatti diretti va comunque crescendo l’erosione delle spiagge, fenomeno naturale esacerbato delle attività umane. In particolare, la manomissione dei fiumi e la demolizione delle dune costiere hanno ridotto e rimosso l’apporto di materiale per la formazione delle spiagge. Nel periodo 2006-2019 un totale di 841 chilometri di costa italiana era caratterizzato da erosione.

Eppure questi ecosistemi rappresentano un bene prezioso ed insostituibile, anche per l’economia nazionale. Nel merito, il Wwf osserva ad esempio che la piccola pesca costiera fornisce circa il 16% dello sbarcato totale di prodotto ittico in Italia. Inoltre, solo nel 2019 i turisti stranieri hanno speso circa 6,6 miliardi di euro nel turismo balneare in Italia.

Ma ecosistemi costieri in salute svolgono un ruolo cruciale nel contesto del cambiamento climatico: le praterie di posidonia oceanica attenuano la forza delle onde, mitigando gli impattti delle mareggiate, catturano i sedimenti e contrastano quindi l’erosione. Sono un deposito fondamentale di carbonio che ha immagazzinato dall’11% al 42% delle emissioni totali di CO2 dei paesi Mediterranei dai tempi della rivoluzione industriale. Attività illegali di pesca a strascico sotto-costa, ma anche le ancore che arano i fondali e le loro catene stanno provocano la forte regressione della Posidonia nel Mediterraneo.

Il risultato finale è che solo il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato e solo il 26% è in uno stato di conservazione favorevole, mentre il 71% degli habitat dunali in Direttiva sono in cattivo stato di conservazione e in regressione.

Ad oggi – documenta il Wwf – esistono solo 29 aree marine protette (Amp) e 2 parchi sommersi che, insieme ad altre tipologie di aree protette, nel complesso tutelano circa 308mila ettari di mare e circa 700 km di costa. Queste aree sono tuttavia troppo poche e troppo piccole. Al 2019, considerando sia Amp sia siti Natura 2000 a mare, solo il 4,53% delle acque territoriali italiane (0-12 miglia nautiche) era protetto, di cui l’1,67% con un piano di gestione implementato e appena lo 0,01% soggetto a protezione integrale. Eppure le aree marine protette rappresentano un elemento chiave anche per la pesca sostenibile.

Che fare? La nuova Strategia dell’Ue sulla Biodiversità per il 2030 sostiene che per il bene dell’ambiente e delle nostre economie i Paesi membri dell’Ue dovrebbero proteggere in modo efficace almeno il 30% della superficie terrestre e il 30% del mare entro il 2030, di cui il 10% strettamente protetto.

Per salvaguardare i servizi ecosistemici che coste e mari italiani ci garantiscono, e per assicurare un futuro sostenibile alle generazioni future (compresi turismo sostenibile e piccola pesca), è necessario per il Wwf un impegno immediato e concreto per: incrementare l’efficacia di gestione delle aree marine protette e siti Natura 2000 esistenti; incrementare l’estensione della superficie protetta nei mari italiani, garantendone una protezione efficace; implementare un piano di gestione dello spazio marittimo basato sull’approccio ecosistemico, per garantire un’economia blu veramente sostenibile; incrementare la protezione di ecosistemi chiave come la posidonia oceanica e le dune costiere attraverso azioni di restoration passiva e attiva.