World economic forum: aumentano i rischi per natura ed economia

Global Risks Report: per la prima volta, tutti i 5 maggiori rischi decennali per l’umanità sono ambientali

[20 Gennaio 2020]

Il 2020 Global Risks Report presentato dal World economic forum (Wef) alla vigilia del suo vertice annuale che si apre domani a Davos, prevede per quest’anno di aumento dei conflitti nazionali e internazionali e rallentamento dell’economia e sottolinea che «La turbolenza geopolitica ci sta spingendo verso un mondo unilaterale “instabile” di grandi rivalità di potere in un momento in cui i business leader e governativi devono concentrarsi urgentemente sulla collaborazione per affrontare i rischi condivisi». Il rapporto, realizzato dal Wef insieme a Marsh & McLennan e Zurich Insurance Group, dice che uesto «Si rivelerebbe catastrofico, in particolare per far fronte a sfide urgenti come la crisi climatica, la perdita di biodiversità e il declino delle specie» e sottolinea la necessità per i responsabili politici mettano insieme «gli obiettivi per la protezione della Terra con quelli per il rilancio delle economie», mentre le imprese devono pensare a come «evitare i rischi di perdite future potenzialmente disastrose adeguandosi agli obiettivi scientifici».

Per la prima volta il Global Risk Report mette tra i 5 peggiori rischi decennali tutte minacce globali ambientali: Eventi meteorologici estremi con gravi danni a proprietà, infrastrutture e perdita della vita umana; Fallimento delle iniziative per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici da parte di governi e imprese; Danni ambientali e catastrofi causati dall’uomo, compresi i reati ambientali, come fuoriuscite di petrolio e contaminazione radioattiva; Grandi catastrofi naturali come terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche e tempeste geomagnetiche; Importanti perdite di biodiversità e collasso dell’ecosistema (terrestre o marino) con conseguenze irreversibili per l’ambiente, con conseguente grave impoverimento delle risorse umane e industriali.

E proprio a quest’ultimo tema, la perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemie il Wef dedica un focus partendo dalla consapevolezza che «La perdita di natura è un’emergenza planetaria. L’umanità ha già spazzato via l’83% dei mammiferi selvatici e la metà di tutte le piante e ha gravemente alterato tre quarti della terra priva di ghiaccio e due terzi degli ambienti marini. Un milione di specie sono a rischio di estinzione nei prossimi decenni – un tasso che va dalle decine alle centinaia di volte superiore alla media degli ultimi 10 milioni di anni».

Il rapporto ricorda che le società e le economie umane fanno affidamento sulla biodiversità e lo studio evidenzia che la natura produce valore economico: 44 trilioni di dollari di dollari, oltre la metà del PIL mondiale, dipendono moderatamente o fortemente dalla natura e dai suoi servizi. A causa degli impatti che ha sulle attività e le catene di approvvigionamento e dei mercati, le risorse naturali rivestono una grande importante per la maggior parte delle imprese.

Secondo il rapporto del Wef possiamo ancora salvare economia e natura, ma «L’umanità ha urgente bisogno di ripensare il suo rapporto con la natura, al fine di arrestare e invertire l’allarmante degrado del mondo naturale. I business leaders devono svolgere un ruolo cruciale, mettendo la natura al centro dei loro processi e prese di decisioni e identificando, valutando, mitigando e divulgando sistematicamente i rischi legati alla natura per evitare gravi conseguenze. IL businesses può far parte del movimento globale per proteggere e ripristinare la natura».

Ma è lo stesso Wef ad avvertire che «Nonostante la crescente attenzione alla perdita di natura, esiste ancora una comprensione limitata del perché sia importante per le imprese e di cosa il settore privato può fare praticamente al riguardo».  Nel 2020 il World economic forum pubblicherà la serie di rapporti f New Nature Economy (NNE) che evidenziano le ragioni economiche e commerciali per la salvaguardia della natura e spiega che «La serie mira a catalizzare lo slancio pubblico-privato nel 2020, con particolare attenzione al vertice dell’UN Convention on Biological Diversity (COP15) a Kunming, in Cina, e alla relativa mobilitazione Business for Nature». Il rapporto “Nature Risk Rising”, realizzato in collaborazione con PwC, è il primo della serie NNE e spiega «in che modo i rischi legati alla natura sono importanti per le imprese, perché devono essere urgentemente integrati nelle strategie di gestione dei rischi e perché è fondamentale dare priorità alla protezione delle risorse naturali e dei servizi nell’ambito del più ampio programma di crescita economica globale».

Tornando al rapporto principale al Wef aggiungono: «A meno che le parti interessate non si adattino al “cambiamento epocale attuale” e alla turbolenza geopolitica – mentre si stanno ancora preparando per il futuro – non ci sarà più il tempo per poter affrontare alcune delle sfide economiche, ambientali e tecnologiche più urgenti». E i 5 ric hi decennali indicano dove è più necessaria l’azione delle imprese e dei leader politici.

Borge Brende, presidente del World Economic Forum, ha detto: «Il panorama politico è polarizzato, i livelli del mare stanno aumentando e gli incendi climatici stanno bruciando. Questo è l’anno in cui i leader mondiali devono collaborare con tutti i settori della società per ripristinare e rinvigorire i nostri sistemi di cooperazione, non solo per ottenere benefici a breve termine, ma anche per affrontare i nostri rischi profondi.

Per affrontare rischi geopolitici e ambientali incombenti e di portata mai vista, sarebbe necessario pensare a livello di sistema globale, ma il sovranismo imperante, del quale d si farà probabilmente portavoce Donald Trump nel suo intervento a Davos, rischia di far passare in secondo piano le minacce esistenziali per l’umanità e il pianeta così come lo conosciamo. Non a caso il rapporto Wef di quest’anno si concentra esplicitamente anche sugli impatti della crescente disuguaglianza, delle lacune nella governance tecnologica e sui sistemi sanitari sotto pressione.

Presentando il rapporto, John Drzik, presidente di Marsh & McLennan Insights, ha detto che «C’è una crescente pressione sulle aziende da parte di investitori, regolamentatori, clienti e dipendenti affinché dimostrino la loro capacità di resilienza alla crescente volatilità climatica. I progressi scientifici indicano che i rischi climatici possono ora essere modellati con maggiore precisione e integrati nella gestione dei rischi e nei piani aziendali. Eventi di alto profilo, come i recenti incendi in Australia e in California, stanno aumentando la pressione sulle aziende affinché agiscano sul rischio climatico in un momento in cui affrontano anche maggiori sfide geopolitiche e il rischio cibernetico».

E per i giovani lo stato del pianeta è ancora più allarmante e i nati dopo il 1980 valutano i rischi ambientali molto più pericolosi di quanto facciano le fasce di popolazione più anziane: quasi il 90% ritiene che nel 2020 le ondate di caldo estremo, la distruzione degli ecosistemi e i danni alla salute si aggraveranno; un rischio che scende al 77 – 76% nelle generazioni precedenti e al 67% tra le persone anziane. Inoltre, i giovani ritengono inoltre che, «Entro il 2030, l’impatto dei rischi ambientali sarà più catastrofico e più probabile».

Anche Peter Giger, chief risk officer dello Zurich Insurance Group è convinto che l’umanità debba «adattarsi urgentemente e più rapidamente per evitare gli impatti peggiori e irreversibili dei cambiamenti climatici e fare di più per proteggere la biodiversità del pianeta. Gli ecosistemi biologicamente diversi catturano enormi quantità di carbonio e offrono enormi benefici economici stimati in 33 trilioni di dollari all’anno, l’equivalente del PIL degli Stati Uniti e della Cina messi insieme. È fondamentale che le aziende e i decisori politici passino più rapidamente alla transizione verso un’economia low-carbon e a modelli di business più sostenibili. Stiamo già vedendo aziende fallite perché non riescono ad allineare le loro strategie ai cambiamenti, sia nelle politiche che nelle preferenze dei clienti. I rischi della transizione sono reali e tutti devono fare la propria parte per mitigarli. Non è solo un imperativo economico, è semplicemente la cosa giusta da fare».