World Conservation Congress: presentata l’Agenda autodeterminata dei popoli indigeni per la conservazione della biodiversità

Ma una parte del movimento indigeno globale si schiera contro la “conservazione fortezza”

[6 Settembre 2021]

All’Iucn World Summit of Indigenous Peoples and Nature, ospitato del World Conservation Congress in corso a Marsiglia, le organizzazioni dei popoli indigeni che fanno parte dell’International Union for Conservation of Nature (Iucn) hanno chiesto al oggi il riconoscimento dei diritti e del governo dei popoli indigeni sulle loro terre e risorse.

Una richiesta che fa parte della “Global Indigenous Agenda for the Governance of Indigenous Lands, Territories, Waters, Coastal Seas and Natural Resources”  che è stata presentata al summit e che è stata accolta dal direttore generale dell’Iucn Bruno Oberle: «I nostri obiettivi globali per proteggere la terra e conservare la biodiversità non possono avere successo senza la leadership, il sostegno e la partnership dei popoli indigeni. La pietra miliare dell’agenda indigena globale apre le porte alla conservazione della natura autodeterminata degli indigeni e alla governance delle risorse naturali. E’ stata resa possibile dal potere di convocazione unico dell’Iucn come unione di popoli indigeni, governi e società civile».

L’agenda è stata sviluppata dalgli IUCN’s Indigenous Peoples Organisation Members di tutto il mondo e presentata all’Iucn World Summit of Indigenous Peoples and Nature, il primo evento in assoluto di il suo genere ambientato nel contesto del World Conservation Congress Iucn e chiede «Il riconoscimento certo e rispetto dei diritti collettivi indigeni e del loro governo di terre, territori, acque, mari costieri e risorse naturali». Inoltre, invita «La comunità globale – dagli stati al settore privato, alla comunità di conservazione delle ONG, alla finanza per la conservazione e al mondo accademico – a impegnarsi in specifici sforzi congiunti per sostenere la realizzazione dell’Agenda, come la co-progettazione di iniziative e la collaborazione su opportunità di investimento. In totale, la Global Indigenous Agenda presenta 10 proposte e risultati di alto livello relativi a 5 temi: governance indigena; conservazione della biodiversità; azione climatica; iniziative per la ripresa post-Covid19 e sicurezza alimentare; impostazione delle politiche globali».

Anche per John Cheechoo, un rappresentante dell’Inuit Circumpolar Council, «L’Iucn offre un’opportunità unica per i popoli indigeni. E’ uno spazio in cui possiamo impegnarci e influenzare l’agenda di conservazione globale poiché abbiamo uno status decisionale che non esiste in altri spazi».

Il  Congresso di Marsiglia segna anche la prima volta nella storia dell’Iucn in cui le organizzazioni dei popoli indigeni hanno presentato o sponsorizzato mozioni per aiutare a definire l’agenda internazionale di conservazione dell’Iucn specificamente come membri dell’ Indigenous Peoples’ Organization Members. L’Iucn si aspetta che «Nei prossimi anni, la Global Indigenous Agenda informi iniziative di conservazione inclusive, continui a contribuire a far avanzare i diritti delle popolazioni indigene e a far crescere e rafforzare la piattaforma della sua Indigenous Membership».

Iniziative che non convincono un’altra parte di popoli indigeni e un gruppo di ONG guidato da Survival International che, alla vigilia delll’Iucn World Summit, hanno organizzato a Marsiglia il “Our Land Our Nature”, il primo congresso mondiale per decolonizzare la conservazione che si è concluso con l’appello di molti relatori a «Mettere fine alla “conservazione fortezza” e a riconoscere pienamente i diritti dei popoli indigeni». Il 3 settembre a Marsiglia c’è stata anche una manifestazione di protesta per chiedere la decolonizzazione della conservazione e la giustizia ambientale.

Secondo Mordecai Ogada, un ecologo kenyano specializzato in carnivori «Il 30×30 è un problema strutturale. Per fare la cosa giusta, prima di dipingere le pareti di un colore che ci piace, dobbiamo cambiare la struttura. Dobbiamo ripensare i tipi di Aree Protette esistenti e cercare un modello più sofisticato di protezione della biodiversità. E’ qui che le grandi organizzazioni si trovano in difficoltà, perché fanno molta fatica a cambiare le loro stesse sovrastrutture».

La pensa così anche l’indigeno Yukpa Juan-Pablo Gutierrez dell’ Organización Nacional Indígena de Colombia: «Le aree protette sono già state protette per anni! Dalle persone e dalle comunità che le hanno protette per tutto questo tempo. Quello che sta accadendo con 30×30 è che i governi vogliono distrarre l’opinione pubblica mondiale proponendo soluzioni che non riguardano affatto il problema reale. Se vuoi combattere il cambiamento climatico, devi mirare alle cause che lo stanno provocando».

Il congresso alternativo dei popoli indigeni ha avanzato alcune proposte. Ecco le principali: Al centro degli sforzi di conservazione ci devono essere i diritti territoriali dei popoli indigeni, e non la creazione di altre “Aree Protette”. La proposta del 30×30 (trasformare il 30% del pianeta in “Aree Protette” entro il 2030) e le “Soluzioni basate sulla natura” devono essere abbandonate poiché causeranno ulteriori abusi dei diritti umani dei popoli indigeni e locali. I popoli indigeni devono essere al centro della conservazione della natura, dell’azione climatica e della protezione della biodiversità. Bisogna mettere fine alla “conservazione fortezza”, il modello di conservazione razzista e coloniale promosso da governi, industrie e grandi ONG della conservazione.

Ma secondo Ramiro Batzin , consigliere dell’Iucne direttore di Sotz’il (Trabajando por el Desarrollo Indígena/Qasamajij ri Ütz K’aslemal), «Gli IUCN’s Indigenous Peoples Organisation hanno compiuto un passo importante nello sviluppo di un’agenda indigena globale. Questa Agenda diventa uno strumento strategico che consentirà ai Popoli Indigeni e alle organizzazioni internazionali, inclusa l’Iucn, di far ripartire da zero le loro azioni per far avanzare i diritti, i bisogni e le realtà dei Popoli Indigeni».

L’Iucn. «Il Summit e la Global Indigenous Agenda sono una pietra miliare in un viaggio quinquennale, dall’IUCN World Conservation Congress del 2016 alle Hawaii al Congresso di quest’anno a Marsiglia. Nel 2016, i membri dell’Iucn hanno preso la decisione storica di modificare la propria struttura associativa per la prima volta in 60 anni creando una categoria di organizzazioni dei popoli indigeni, rendendo l’Iucn la prima organizzazione intergovernativa a riconoscere e includere le organizzazioni dei popoli indigeni come un componente costituente. I leader indigeni hanno anche partecipato al Consiglio direttivo dell’Iucn e l’Iucn lavora in collaborazione con i suoi membri e partner indigeni per promuovere e stabilire una programmazione di conservazione guidata dagli indigeni».

Alla fine, speriamo, questa divisione tra le due anime del movimento indigeno globale potrebbero trovare un punto di incontro nelle molte cose che li uniscono e nella auspicabile decisione della prossima Conferenza delle parti della Convention on Biological Diversity di considerare i territori indigeni aree protette autogestite a tutti gli effetti.