Valore Natura: il ruolo delle aree protette per la tutela e la valorizzazione dell’Italia

Wwf e Marevivo: dare valore alla natura deve essere un impegno di tutti, in primis delle istituzioni

[12 Gennaio 2023]

L’incontro “Valore Natura”, promosso oggi a Roma da Marevivo e Wwf Italia sul ruolo delle Aree protette per la tutela e valorizzazione dell’Italia, dà voce alle Istituzioni che sono protagoniste di questa sfida e alle quali le due associazioni hanno chiesto di illustrare quello che in concreto si sta facendo per perseguirla in modo corretto.

Dal Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin al Ministro della Protezione Civile e delle Politiche del Mare Nello Musumeci e dal Presidente della Commissione Agricoltura e Turismo del Senato Luca De Carlo (questi ultimi due protagonisti di una sessione moderata dal direttore di Green&Blue di Repubblica Riccardo Luna), dal Presidente dell’ISPRA Stefano Laporta al Comandante Generale delle Capitanerie di Porto Nicola Carlone, dal Generale dei Carabinieri Forestali Raffaele Manicone al Presidente di Federpachi Giampiero Sammuri, da molti Direttori di Aree Marine Protette ai tecnici di WWF e Marevivo, i professori Carlo Blasi, Direttore scientifico Centro di Ricerca Interuniversitario Biodiversità, Servizi Ecosistemici e Sostenibilità e Carlo Alberto Graziani, Presidente Gruppo di San Rossore, gli interventi hanno sottolineato come «L’obiettivo comunitario della tutela estesa al 30% del territorio e del mare rivesta anche un’importante opportunità di carattere economico e di funzionalità rispetto al contrasto al cambiamento climatico».

Cosa ne pensa del ruolo dei Parcvhi il ministro dell’ambiente Roma, Gilberto Pichetto lo aveva spiegato ieri nel messaggio inviato al Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise in  occasione delle celebrazioni dei 100 anni dall’emanazione del decreto istitutivo dell’area protetta: «La comunità di valori e di persone che ruota da un secolo intorno al Parco  rappresenta il cuore verde dell’Italia centrale. Il Parco Nazionale è il nocciolo duro di una cultura di rispetto della natura e del territorio, della tutela delle specie a rischio e della ricerca continua dell’armonia tra millenari ecosistemi e le attività umane in continua evoluzione. La tutela dei parchi non è una “conventio ad excludendum”, bensì l’apertura della natura ad una fruizione più ampia e responsabile, ad una gestione economica sostenibile, ad un turismo virtuoso e attento ai requisiti ambientali dei luoghi e delle strutture. I primi cento anni del Parco sono solo la tappa di un lungo percorso che viene da lontano e andrà lontanissimo».

Ma Wwf e Marevivo fanno notare che, dopo 100 anni di Aree protette in Italia, «Nonostante sia un importante provvedimento dell’Europa e uno dei target fondamentali su cui i governi europei dovranno lavorare per raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio protetto entro il 2030, la Strategia europea per la Biodiversità continua ad essere un oggetto misterioso per l’opinione pubblica italiana». Infatti,  il recentissimo sondaggio realizzato da EMG per il centro Studi del Wwf Italia, illustrato dall’Amministratore delegato e Partner di EMG Different Fabrizio Masia nel corso dell’incontro, dimostra che «Il 90% dei cittadini non è a conoscenza del fatto che l’Unione Europea abbia varato una strategia per arrivare entro il 2030 al 30% di territorio e mare protetti di tutta Europa. Inoltre, l’86% dei cittadini dice di non essere a conoscenza della riforma costituzionale del 2022, che ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione Italiana inserendo la tutela della biodiversità e degli ecosistemi all’interno dei suoi principi generali».

Eppure, secondo lo stesso sondaggio, «Il 45% dei cittadini pensa che il nostro Paese non stia facendo abbastanza per raggiungere questo obiettivo europeo e gli intervistati ritengono che lo Stato (47% citazioni) e le Regioni (24% citazioni) dovrebbero essere i soggetti in prima linea per centrarlo. La percezione dell’opinione pubblica è che non si stia facendo abbastanza per la tutela dei processi naturali e delle aree protette (54% poco + per nulla) e il 77% degli intervistati è molto/abbastanza favorevole a destinare maggiori risorse alla difesa della natura. Il 75% (8 italiani su 10) pensa che lo Stato dovrebbe impiegare maggiori risorse rispetto a quanto ha fatto fino ad oggi sulla tutela delle Aree protette e della natura in generale».

Dalla ricerca emerge poi che «Nonostante una buona conoscenza di parchi nazionali e regionali, l’86% dice di conoscerli (percentuali che scendono al 56% per le aree della Rete Natura 2000), siano pochi gli italiani che li frequentano. Solo l’8% sostiene, infatti, di aver visitato nel 2022 un parco nazionale; stessa percentuale per coloro i quali hanno visitato un parco regionale».

Gli italiani hanno però le idee chiare su quali siano gli scopi delle aree naturali protette: «Per il 50% del campione, infatti, devono tutelare e valorizzare la natura, per il 20% sono importanti per proteggere gli animali che vivono nell’area protetta e per l’8% educano e sensibilizzano i cittadini sui temi ambientali. Nonostante l’espressione servizi ecosistemici non sia ancora penetrato nell’opinione pubblica, il 73% dei cittadini pensa che acqua, aria e cibo dipendono dai sistemi naturali. Infine, per i cittadini, tutelare il territorio e il mare è molto importante per il nostro benessere (82% molto + abbastanza) e per ridurre gli effetti del cambiamento climatico (67% molto + abbastanza)».

Il  presidente del Wwf Italia Luciano Di Tizio ha commentato: «La stragrande parte degli Italiani ignora la riforma costituzionale sull’ambiente in costituzione in vigore ormai da un anno. Una percentuale ancor più alta di persone non sa che il nostro Paese deve porre sotto tutela almeno il 30% della superficie terrestre e marina entro il 2030. Obbiettivo possibile ma molto difficile se non si aumenta la consapevolezza dell’importanza della conservazione della natura e se non si rendono più efficienti ed efficaci le attuali aree protette, sia terrestri che marine, istituendo anche quelle già previste per legge. Il 2030, scadenza prevista dall’unione Europea è tra 7 anni: di questo passo non riusciremo a centrare un obiettivo indispensabile a proteggere la nostra natura, il nostro mare e il nostro benessere. Serve un impegno straordinario, che i cittadini chiedono e che deve vedere protagoniste – sin da subito – le istituzioni».

Anche con un documento presentato nel corso dell’incontro, Wwf e Marevivo, hanno sottolineato come «L’attuale sistema veda le Aree marine protette relegate ad una sorta di Serie B con strumenti e ruolo diversi rispetto a quelli garantiti alle aree protette terrestri».

La presidente di Marevivo, Rosalba Giugni, ha sottolineato che «Le aree marine protette in Italia sono 29, più 2 parchi sommersi, ma in pochi conoscono la loro importanza. Pur trattandosi di un numero significativo, la percentuale di acque territoriali protette in modo efficace è lontana da quella prefissata al 2030, che prevede un’estensione del 30% rispetto a quella attuali. Considerando che il mare protetto ad oggi ricopre solo il 13,4% e che di queste solo lo 0,01% risulta con livello di protezione integrale e che i fondi stanziati per le AMP sono pari a 7.000.000 di euro annui, corrispondenti a un decimo di quelli garantiti ai parchi terrestri, Marevivo chiede interventi concreti per migliorare la gestione e la tutela del nostro immenso patrimonio marino. Tra le azioni necessarie: ricondurre la discipline delle AMP a quella dei Parchi Marini mediante la riforma della Legge 394, istituire al Ministero dell’Ambiente, oggi MASE, una cabina di regia agile e fortemente operativa per individuare in tempi rapidi criticità e soluzioni, realizzare un sistema nazionale delle aree marine protette che consenta lo scambio e favorisca programmi pluriennali comuni, intervenire sulla loro governance e realizzare un inventario della biodiversità nelle AMP affinché diventino i termometri dello stato del capitale naturale delle nostre acque».

Le 2 associazioni hanno presentato una serie di punti ritenuti essenziali per rafforzare la tutela del mare: «L’adozione di criteri di valutazione che permettano di misurare l’efficacia di gestione di ogni singola area marina protetta, l’insufficienza degli stanziamenti e del personale a queste preposto, il rafforzamento della sorveglianza, l’estensione delle superfici protette attraverso riperimetrazioni, nuove istituzioni anche off shore, l’annessione ai parchi costieri di aree a mare. Il sistema Aree Marine Protette ha evidenziato, secondo le Associazioni, evidenti limiti di gestione ed è per questo che viene richiesto coraggio per immaginare anche nuove forme di governance sia come coordinamento ed omogeneità dei criteri di gestione sia come istituzione di veri e propri Parchi Marini per le realtà più estese».

La sessione dedicata alle aree protette terrestri ha evidenziato come «Concetti quali “sistema” (il sistema delle aree protette) o come “rete” (Rete Natura 2000) imporrebbero una visione d’insieme ed una gestione più coerente, coordinata e sinergica. Considerare le aree sottoposte a vincoli ambientali come “isole” è un errore noto e ad oggi tutt’altro che risolto».

Secondo Wwf e Marevivo, «Pur in un contesto generale di risultati positivi comunque raggiunti, esistono una serie di problematiche che si trascinano sino dalle prime applicazioni della Legge Quadro sulle aree protette (che risale al 91), altre sono poi subentrate con modifiche a questa apportate». Anche in questo caso le due associazioni o indicano una serie di punti caldi: «La classificazione delle aree protette è stata incoerente e disomogenea, la previsione di parco ancora inapplicata per alcune importanti aree prioritarie di pregio, le procedure di pianificazione sono troppo lunghe e lente, la frammentazione di gestione tra Enti Parco e Carabinieri Forestali riguardo aree demaniali e riserve naturali dello Stato, difficoltà d’istituzione delle aree contigue».

Wwf e Marevivo concludono segnalando che «Rispetto all’impostazione originaria della norma, ci sono state modifiche della governance dei Parchi Nazionali che hanno portato le aree protette sotto una maggiore influenza degli enti locali indebolendo il ruolo e le competenze inderogabili e quindi obbligatorie dello Stato in materia di conservazione della natura».