«Un mostro pieno di speranza». L’evoluzione improvvisa delle aquilegie

E’ la conferma che in alcuni organismi l’evoluzione può anche procedere per salti improvvisi

[18 Febbraio 2022]

Quando Charles Darwin codificò per la prima volta la teoria dell’evoluzione per mezzo della selezione naturale, nel 1859 scrisse nella sua opera fondamentale ““On the Origin of Species”: «Non vediamo nulla di questi lenti cambiamenti in corso, fino a quando la mano del tempo non ha segnato i lunghi trascorsi delle ere, e quindi la nostra visione delle ere geologiche passate è così imperfetta, che vediamo solo che le forme di vita sono ora diverse da ciò che in precedenza lo erano». Ma, dopo 163 anni, Scott Hodges, del Department of ecology, evolution, and marine biology dell’università della California – Santa Barbara (UCSB), dice che «L’evoluzione non richiede necessariamente tutti questi piccoli cambiamenti come proposto da Darwin».

Infatti, Hodges è il capo del team di biologi dell’UCSB che ha pubblicato su Current Biology lo studio “Non-pollinator selection for a floral homeotic mutant conferring loss of nectar reward in Aquilegia coerulea” e che ha identificato un caso di improvviso cambiamento evolutivo. Gli scienziati descrivono una popolazione di aquilegie che hanno perso i petali, compresi i caratteristici speroni del nettare, effetto di «Un cambiamento drastico causato da una mutazione in un singolo gene» e sottolineano che «La scoperta aggiunge peso all’idea che l’adattamento può avvenire con grandi salti, piuttosto che arrancare semplicemente per lunghi periodi di tempo».

La teoria darwiniani dell’evoluzione ha fatto discutere fin dalla sua presentazione e diversi scienziati avevano già proposto che possa avvenire sia con piccoli cambiamenti graduali su lunghi periodi che attraverso la modifica di un equilibrio attraverso bruschi cambiamenti.  All’UCSB fanno notare che «Spesso, grandi cambiamenti morfologici compaiono entro brevi scale temporali geologiche nelle quali le forme intermedie potrebbero non essersi fossilizzate. Rimane quindi la domanda se molti piccoli cambiamenti si siano verificati in un breve periodo di tempo, o forse se possa essere responsabile una la singola mutazione su larga scala». Quindi, se vogliono sperare di ricostruire un caso in cui i cambiamenti improvvisi possono guidare l’evoluzione i ricercatori devono davvero cogliere lo sviluppo in azione.

Ed è quel che è successo con l’aquilegia blu del Colorado: in una popolazione, una mutazione ha causato la perdita dei petali di molte piante con gli iconici speroni del nettare. Sebbene non sia un evento raro nelle aquilegie, l’assenza di speroni sembra essersi esclusiva di quell’area: circa un quarto delle piante manca della caratteristica distintiva.

Il team ha analizzato il genoma della pianta per  scoprire da dove provenisse il suo insolito aspetto. In particolare hanno analizzato un  gene, APETALA3-3, noto per influenzare lo sviluppo dello sperone , scoprendo che questo singolo gene controllava l’intero sviluppo degli speroni e dei nettari del fiore.

Il principale autore dello studio, Zachary Cabin, spiega che «Il gene è attivato o disattivato, quindi si tratta di un cambiamento il più semplice possibile. Ma questa semplice differenza provoca un cambiamento radicale nella morfologia».

Se questi fiori fossero stati conservati nella documentazione fossile, uno scienziato potrebbe ordinarli in due generi completamente diversi e ci sarebbe anche un gap sconcertante: nessuna forma intermedia che documenti un passaggio da una morfologia all’altra.

Per Hodges, «Questa scoperta dimostra che, se è coinvolto il tipo di gene giusto, l’evoluzione può verificarsi in un grande salto. APETALA3-3 dice all’organo in via di sviluppo di diventare un petalo. Quando si spezza, quelle istruzioni non ci sono più e questo fa sì che si sviluppi in un organo completamente diverso, un sepalo. APETALA3-3 è un tipo di gene omeotico, che specifica lo sviluppo di un intero organo. Una mutazione in uno di questi geni può avere un effetto drastico sulla morfologia di un organismo».

Ad esempio, una mutazione omeotica fa sì che una mosca sviluppi le zampe dove dovrebbe avere le antenne. La maggior parte delle mutazioni di questa natura saranno così semplicemente orribili. L’animale non avrà alcuna possibilità di sopravvivere. Il biologo Richard Goldschmidt li ha definiti «Mostri senza speranza». Ma una volta ogni tanto, uno di questi cambiamenti radicali potrebbe fornire un tratto benefico in un particolare ambiente, creando un “mostro pieno di speranza”. E un mostro pieno di speranza dimostrerebbe che l’evoluzione può procedere in singoli, grandi salti, supportando l’ipotesi dell’equilibrio punteggiato.

Hodges aggiunge: «Finora, non avevamo avuto un buon esempio di un mostro pieno di speranza a causa di un singolo cambiamento genetico. I ricercatori devono cogliere questi bruschi cambiamenti mentre accadono, altrimenti scompaiono nel genoma di un organismo. Ad esempio, altri parenti delle aquilegie hanno perso i loro petali e nettare in passato, ma ora è impossibile dire se questi eventi si siano verificati in un colpo solo. Il fatto che stia accadendo attivamente nell’aquilegia blu del Colorado ha permesso al team di confermare il suo status di mostro pieno di speranza».

Cabin conferma: «Abbiamo avuto sicuramente un po’ di fortuna, visto che siamo in giro al momento giusto per riuscire a catturarlo».

Cogliere il cambiamento in azione offre anche un altro vantaggio: l’opportunità di studiare la genetica e le pressioni selettive sul lavoro. Il team ha scoperto 5 versioni, o alleli, di APETALA3-3 , solo una delle quali codifica per un petalo con uno sperone del nettare funzionale. Gli altri 4 erano danneggiati. Gli scienziati californiani hanno anche determinato che «L’assenza di speroni è un tratto recessivo. Il fiore si svilupperà normalmente fintanto che la pianta ha una copia dell’allele funzionale. Ma due qualsiasi degli alleli mutanti insieme glielo impediranno questo».

In tutte le specie di aquilegia è possibile trovare individui rari che sviluppano fiori senza speroni del  nettare. Ma questa funzione mancava a un quarto della popolazione del Colorado e  Cabin e Hodges sapevano che si trattava di un evento più che casuale: «Aver ottenuto così tanti mutanti di questo tipo suggerisce che c’è davvero una selezione che lo favorisce in qualche modo – ha detto Hodges – Cosa che trovo strana, dal momento che lo sperone produce nettare che attira gli impollinatori della pianta».

Hodges conmosce molto bene le aquilegie e tutte le sue ricerche precedenti suggeriscono che gli speroni del nettare sono importanti per loro. Anche lievi modifiche alla struttura hanno determinato la speciazione e la diversificazione del genere. «Allora, come diavolo puoi perdere i tuoi speroni ed essere comunque favorita?», si è chiesto.

L’attrazione degli impollinatori è solo un fattore che contribuisce al successo riproduttivo. Con sua grande sorpresa, il team di ricercatori ha scoperto che le piante mutanti hanno in realtà prodotto più semi delle poi ante “normali”. Allora i ricercatori hanno cominciato a spulciare le loro osservazioni, alla ricerca di una spiegazione.

Cabin racconta: «Il team aveva registrato la presenza di bruchi, afidi e cervi volanti erbivori sui diversi fiori. I danni causati da bruchi e afidi possono ostacolare la produzione di semi, mentre i cervi volanti  possono devastare un’intera pianta. E man mano che i dati crescevano, è emersa una chiara tendenza: cervi volanti e afidi preferivano i fiori con gli speroni del  nettare».

I cambiamenti nella morfologia floreale sono solitamente guidati dagli impollinatori, ma l’assenza di speroni sembra essere guidata dagli erbivori. Hodges  commenta: «La selezione naturale può provenire da fonti molto sorprendenti. Non è sempre quello che ti aspetteresti che fosse.”

Ora che hanno identificato il loro mostro pieno di speranza, Cabin e Hodges hanno in programma di indagare il DNA attorno ad APETALA3-3 per costruire una linea temporale di quando potrebbero essersi verificate le mutazioni. E spiegano che «Quando il gene è mutato per la prima volta, solo uno dei cromosomi della pianta è stato colpito. Ciò significa che ogni discendente con quella mutazione avrebbe lo stesso codice genetico attorno ad APETALA3-3 per molte generazioni. Tuttavia, i cromosomi si scambiano occasionalmente gli alleli in un processo chiamato ricombinazione. Tracciando la quantità di ricombinazione che si è accumulata attorno alle diverse versioni di APETALA3-3 , gli scienziati possono stimare quanto tempo fa si è verificata ciascuna mutazione. Più variazioni richiedono più tempo per accumularsi. E più questa variazione è vicina alla stessa APETALA3-3 , più eventi di ricombinazione si sono verificate da quando è apparsa per la prima volta una mutazione».

I ricercatori vogliono anche monitorare come si sta diffondendo la popolazione mutante. I fiori con diverse morfologie si incrociano, ma l’evidenza genetica suggerisce che ci sia un minore accoppiamento tra i due gruppi. L’aquilegia blu del Colorado potrebbe divergere in specie separate, soprattutto perché i due tipi sembrano fare affidamento su impollinatori diversi.

Cabin conclude: «Quel processo di scissione sarebbe lento, ma ci sono prove che potrebbe essere in arrivo».