Tesla e gli Hongana Manyawa incontattati dell’Indonesia (VIDEO)
Un popolo autoctono a rischio estinzione per un enorme programma di estrazione di nichel
[4 Aprile 2023]
Secondo Survival International, «In Indonesia, un imponente progetto di estrazione di nichel sull’isola di Halmahera rischia di spazzar via un popolo incontattato unico. Il progetto fa parte di un più ampio programma del governo indonesiano che mira a diventare un importante produttore di batterie per auto elettriche proprio grazie all’estrazione e alla fusione di nichel e di altri minerali: un piano in cui compagnie internazionali come Tesla stanno già investendo miliardi di dollari».
Ma i difensori dei popoli indigni denunciano che «L’estrazione di nichel sull’isola di Halmahera è destinata a distruggere vaste aree forestali abitate da circa 300-500 membri incontattati del popolo Hongana Manyawa. Se le attività minerarie dovessero proseguire come previsto, non sopravviveranno».
Gli Hongana Manyawa –che nella loro lingua significa “popolo della foresta” – sono uno degli ultimi popoli di cacciatori-raccoglitori nomadi dell’Indonesia che hanno un profondo rispetto per la loro foresta e per tutto quel che acchiude: credono che gli alberi, come gli esseri umani, abbiano anima e sentimenti. Per questo, per costruire le loro abitazioni non abbattono alberi, ma usano solo foglie e rami. Quando utilizzano i prodotti della foresta, celebrano rituali per chiedere il permesso alle piante e lasciano offerte in segno di rispetto. Dalla nascita alla morte, la vita degli Hongana Manyawa è radicata nella foresta. Quando nasce un bambino, la famiglia pianta un albero in segno di gratitudine e seppellisce il cordone ombelicale tra le sue radici: in questo modo, l’albero cresce insieme al bambino, indicando la sua età. Quando muoiono, i corpi dei defunti vengono deposti sugli alberi in un’area speciale della foresta riservata agli spiriti.
Gli Hongana Manyawa costruiscono la loro casa in un’area della foresta, per poi spostarsi nuovamente per permettere alla natura di rigenerarsi. Cacciano cinghiali, cervi e altri animali e mantengono uno stretto legame con la palma da sago (una pianta ora minacciata a causa della deforestazione legata all’attività mineraria), che costituisce la loro principale fonte di carboidrati. Hanno anche incredibili conoscenze medicinali e sanno curare molte malattie con le piante autoctone, anche se sta diventando sempre più difficile a causa delle nuove malattie portate dal contatto forzato e dal reinsediamento in villaggi.
Survival fa notare che «L’arrivo delle compagnie minerarie è solo l’ultima minaccia agli Hongana Manyawa e alle loro terre. Negli ultimi decenni, i governi indonesiani hanno ripetutamente tentato di forzare il contatto con gli Hongana Manyawa, per porre fine al loro nomadismo e sfrattarli dalla foresta ancestrale. Affermano di volerli “civilizzare”: hanno cercato di costringerli a sedentarizzarsi costruendo per loro case in stile indonesiano ma gli Hongana Manyawa raccontano che queste nuove case – con il tetto di metallo invece che di foglie di palma – li fanno sentire come “animali in gabbia”».
Come per tutti i popoli incontattati del mondo, anche per gli Hongana Manyawa il contatto forzato si è rivelato disastroso: dalla fine degli anni ’70 fino ai primi anni ’90, i villaggi appena insediati furono colpiti da emidemie che provocarono sofferenze diffuse e morte; gli Hongana Manyawa ricordano quel periodo come quello della “pestilenza”. Un uomo Hongana Manyawa ricorda: «Abbiamo avuto tante malattie diverse quando ci siamo insediati per la prima volta, alcune mortali. Alcune persone hanno avuto una febbre che è andata avanti per giorni e notti, e una tosse interminabile, addirittura per settimane». E una donna Hongana Manyawa aggiunge: «Per noi è meglio vivere nella foresta, così non veniamo accusati di queste cose. Non ci sentiamo al sicuro, molti degli uomini si sono trasferiti nella foresta e poi sono tornati a prendere le loro mogli e le famiglie. Alcuni sono nel profondo della foresta… sono profondamente traumatizzati».
Per Survival International gli Hongana Manyawa «Oggi rischiano di vedere la loro terra, e tutto ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere, distrutto da multinazionali che si affannano per fornire uno stile di vita apparentemente “sostenibile” a persone lontane migliaia di chilometri».
L’ONG ricorda che «Secondo la legge internazionale, queste attività minerarie sono illegali perché i popoli incontattati non possono dare il loro consenso libero, previo e informato allo sfruttamento della loro terra, un requisito legalmente necessario per tutte le attività di ‘sviluppo’ nelle terre indigene. Nonostante questo, la Weda Bay Nichel (WBN) – una compagnia di cui la francese Eramet è comproprietaria – ha nell’isola un’enorme concessione mineraria che si sovrappone ai territori degli Hongana Manyawa».
Nonostante fosse consapevole di questa sovrapposizione, la WBN ha avviato le attività minerarie nel 2019 e Survival ricorda che «Da allora sono già state distrutte vastissime aree di foresta che gli Hongana Manyawa considerano la loro casa. La compagnia progetta di aumentare di molto il ritmo delle estrazioni e di continuare le attività per 50 anni».
Survival rivela che «Anche che il gigante chimico tedesco BASF sta progettando di collaborare con Eramet per costruire una raffineria ad Halmahera e che una sua possibile ubicazione potrebbe trovarsi proprio nel territorio degli Hongana Manyawa incontattati».
Una donna Hongana Manyawa contattata di recente ha spiegato: «Stanno avvelenando la nostra acqua, ci sentiamo come se ci stessero uccidendo lentamente». E un’altra ha aggiunto: «Non do il consenso a prenderla… dite loro che non vogliamo dar via la nostra foresta».
Gli Hongana Manyawa già contattati sono anche un comodo capro espiatorio per la polizia indonesiana, che spesso li accusa di crimini con cui non hanno nulla a che fare. Molti sono stati incarcerati per omicidi che non hanno commesso e languono in prigione da anni. Survival denuncia ancora: «Gli Hongana Manyawa subiscono un pesante razzismo: vengono costantemente descritti dai media e dai funzionari indonesiani come “primitivi”, e i loro stili di vita unici e autosufficienti non vengono rispettati. E’ opinione diffusa che trarrebbero beneficio dalla “integrazione” nella società dominante: una convinzione che comporta conseguenze disastrose e mortali».
Gli Hongana Manyawa incontattati hanno fatto capire chiaramente, più e più volte, di non volersi sedentarizzare e di non volere estranei nel loro territorio. Sono ben consapevoli dei pericoli del contatto forzato, epidemie mortali comprese. Non c’è quindi da meravigliarsi se – come fanno i Sentinelesi incontattati delle Andamane – difendono le loro terre e lanciano frecce contro chi entra a forza nella loro foresta.
Il Il governo indonesiano dice che «L’estrazione del nichel è cruciale per le tecnologie a energia pulita», ma Survival fa notare che «Per la sua lavorazione, nel Parco Industriale IWIP sono in costruzione centrali elettriche a carbone. L’International energy agency stima che per ogni tonnellata di nichel fuso vengano emesse 19 tonnellate di carbonio; prove raccolte da un progetto simile a Sulawesi hanno inoltre dimostrano il collegamento tra questa lavorazione e l’insorgenza di malattie respiratorie negli abitanti locali. Queste attività minerarie (con annesse strade, fonderie e altre enormi strutture industriali) non solo stanno devastando le foreste degli Hongana Manyawa, ma inquinano anche l’aria e danneggiano i fiumi. La lavorazione del nichel è spesso altamente tossica e richiede l’utilizzo di agenti chimici: per ogni tonnellata di metallo processato si producono due tonnellate di rifiuti tossici».
La direttrice generale di Survival International Caroline Pearce conclude: «E’ scioccante che le aziende che producono auto elettriche vendano ai clienti la promessa di un “consumo etico” mentre la loro filiera di approvigionamento distrugge un popolo incontattato. Non c’è “rispetto del clima” nel devastare la foresta degli Hongana Manyawa, e niente di “sostenibile” nel causare la morte di indigeni che vivono in modo autosufficiente. Tesla e altre compagnie produttrici di auto elettriche hanno la possibilità di essere all’altezza delle aspettative dei loro clienti e di evitare un’orribile – oltre che illegale – aggressione ai diritti umani, impegnandosi a garantire che nessuno dei minerali che acquistano provenga dalle terre dei popoli indigeni incontattati di Halmahera. Se non lo facessero, sarebbe come affermare che le vite degli Hongana Manyawa sono sacrificabili».