Fra i siti anche Livorno che dal punto di vista geologico fa parte dell’Appennino Settentrionale
Sull’Appennino le tracce fossili dei più antichi pesci abissali
Una scoperta che retrodata la loro comparsa di 80 milioni di anni al tempo dei dinosauri
[11 Settembre 2023]
Lo studio “The earliest evidence of deep-sea vertebrates”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team internazionale di ricercatori guidato dal paleontologo italiano Andrea Bauco dell’università di Parma. illustra le scoperte fatte sull’Appennino delle evidenze dei più antichi pesci abissali al mondo. All’università di Pisa, sottolineano che «Il ritrovamento delle tracce fossili retrodata la comparsa di questi vertebrati di 80 milioni di anni, al tempo dei dinosauri». Luca Pandolfi del dipartimento di scienze della Terra dell’ateneo pisano ricorda che: «Quando abbiamo trovato questi strani fossili in tre siti paleontologici nei dintorni di Piacenza, Modena e Livorno (che dal punto di vista geologico fa parte dell’Appennino Settentrionale), non potevamo credere ai nostri occhi».
A stupire gli scienziati è stata l’età dei fossili, che precede di milioni di anni ogni altra testimonianza di pesci abissali: «I fossili appena scoperti risalgono infatti all’inizio del Cretaceo (circa 130 milioni di anni fa) e rivelano la presenza dei pesci abissali già al tempo dei dinosauri. Ma non basta, si tratta di reperti particolarmente rari ed insoliti. Non sono infatti ossa, ma tracce che registrano il comportamento di animali scomparsi milioni di anni fa, come l’impronta sinuosa della coda di un pesce che nuotava vicino al fondale o le escavazioni prodotte da esemplari in cerca di cibo».
Per capire il comportamento di questi primi vertebrati abissali i ricercatori hanno quindi esplorato le profondità dell’Oceano Pacifico per studiare le chimere, o gli squali fantasma e dicono che «Le tracce fossili sono risultate identiche a quelle prodotte dai pesci moderni che si nutrono grattando o aspirando i sedimenti, in particolare i Neoteleostei, il gruppo di vertebrati che include i moderni ‘pesci-lucertola’ (Bathysaurus)».
Baucon conferma: «Le tracce fossili appena scoperte sono paragonabili alle impronte degli astronauti sulla Luna, sono reperti che riscrivono il “come” e il “quando” della colonizzazione degli abissi da parte dei vertebrati, un evento ancora poco compreso dalla scienza, dato che si tratta di ambienti che spesso precludono la fossilizzazione».
Un ritrovamento eccezionale che racconta come migliaia di metri sotto la superficie dell’Oceano Ligure-Piemontese, i primi pesci abissali affrontassero condizioni ambientali estreme: «Oscurità totale, temperature prossime allo zero e pressioni colossali mettevano alla prova la sopravvivenza di questi pionieri – concludono i ricercatori – Come se non bastasse, correnti torbide spazzavano le vaste pianure fangose pattugliate dai pesci in cerca di cibo. Queste condizioni estreme hanno richiesto adattamenti specifici, innovazioni evolutive altrettanto significative di zampe e ali che hanno permesso la colonizzazione della terra e dell’aria».