«Siamo rimasti stupiti dal negativo clamore mediatico».
Studiosi nazionali e internazionali: perché bisogna eradicare il muflone all’Isola del Giglio
«A Miemo vivono oggi centinaia di individui, presumibilmente anch’essi latori della stessa caratteristica genetica dei mufloni del Giglio»
[2 Settembre 2022]
Dopo la recente pubblicazione dello studio “Islands as Time Capsules for Genetic Diversity Conservation: The Case of the Giglio Island Mouflon” su MDPI e la nota di Corradino Guacci, presidente della Società italiana per la storia della fauna che mettono in dubbio le tempistiche, la necessità e le basi scientifiche dell’eradiacazione dei mufloni dall’Isola del Giglio attuata a dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (PNAT), un gruppo di prestigiosi ricercatori ha scritto al Presidente del PNAT e di Federparchi Giampiero Sammuri per ribadire l’opportunità della eradicazione del muflone dall’Isola.
Folco Giusti di Massa, già Professore Ordinario di Zoologia dell’università di Siena; Juan Herrero dell’università di Saragozza e Co-chairman del Caprinae Specialist Group dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN); Sandro Lovari, giàà professore ordinario di Etologia e di Gestione della fauna selvatica e Senior professor of Conservation Biology all’Università di Siena e ricercatore nelle università di Cambridge, Groninga, Stoccolma, Žilina e Pechino; Pier Giuseppe Meneguz, docente di Gestione delle risorse faunistiche all’università di Torino, Silvano Toso, già docente di Zoologia dei vertebrati, Ecologia e Conservazione della natura all’Istituto di zoologia l’Università degli Studi di Milan, già Direttore generale dell’INFS e responsabile del Servizio di Consulenza Faunistica dell’ISPRA; Marco Apollonio, Professore ordinario di Zoologia all’Università di Sassari e membro dei consigli direttivi di due parchi nazionali per 15 anni, della Commissione CITES italiana e di consigli direttivi o scientifici di aree protette regionali; Francesco Dessì Fulgheri, già pofessore ordinario di Zoologia Università della Calabria, di Etologia all’Università di Firenze, Presidente della Società Italiana di Etologia e direttore della rivista Ethology Ecology & Evolution, scrivono: «Gentile Presidente, Avendo visto il rilievo mediatico che ha avuto il progetto di eradicazione del muflone all’Isola del Giglio, condividendo le finalità del progetto, con alcuni colleghi abbiamo ritenuto utile inviarLe l’allegata nota. Con essa esterniamo il nostro pensiero e L’autorizziamo a utilizzarla e a diffonderla nelle forme che riterrà più opportune».
La nota fa il punto della situazione e chiarisce alcuni punti sollevati dallo studio e da chi lo ha ripreso e rilanciato. Ecco cosa dice il gruppo di studiosi. La riportiamo di seguito integralmente:
Siamo rimasti stupiti dal negativo clamore mediatico che un’iniziativa opportuna e utile attivata dall’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ha recentemente avuto. Ci riferiamo al programma di eliminazione di specie non locali e/o inselvatichite dalle isole dell’Arcipelago.
La gestione della fauna di un’area protetta prevede l’eliminazione o la forte riduzione dei fattori ecologici e antropici che alterano gli originari ecosistemi, oggetto di tutela. Il problema di ospitare specie domestiche inselvatichite e specie selvatiche introdotte dall’uomo è comune a molti ecosistemi insulari, dove di norma queste entità faunistiche hanno rappresentato e rappresentano fattori di forte alterazione dei locali equilibri ecologici. Intervenire per tempo su esse attraverso catture e abbattimenti appare la forma più efficace di rimozione.
I danni prodotti dal rilascio volontario o involontario di fauna domestica e di specie non locali negli ecosistemi insulari sono dunque ben noti ed esiste una ricca documentazione in proposito a livello mondiale. Dall’assenza di fossili di capre e pecore nelle isole del Mediterraneo si deduce che, almeno nell’Olocene e Pleistocene superiore, questi erbivori erano assenti in Europa. Solo in epoca storica, forse già dal Neolitico fino a tempi recentissimi, l’uomo portò capre e pecore a diversi livelli di addomesticamento nelle isole del Mediterraneo. Mentre gli insediamenti più antichi nelle isole maggiori possono essere tollerati in quanto ormai ben integrati nei locali ecosistemi, i rilasci avvenuti negli ultimi secoli in piccole isole sono motivo di preoccupazione ed elementi di probabile disturbo, oltre a costituire entità faunistiche del tutto estranee a quegli ecosistemi. Da qui l’opportunità di eliminarne la presenza, ove possibile. Pertanto, se consideriamo le argomentazioni precedenti, il recente tentativo di eradicazione del muflone dall’isola del Giglio nel PN Arcipelago Toscano appare un’azione dalle finalità del tutto corrette.
Quanto alla eventuale permanenza di geni ancestrali nella popolazione di mufloni introdotta nell’Isola del Giglio negli anni ‘50, entriamo in merito soltanto per ricordare che, in base a fonti diverse, i mufloni del Giglio dovrebbero o provenire tutti dagli allevamenti di Miemo (Pisa) o essere stati immessi al Giglio dalla Sardegna e Corsica per poi venire importati a Miemo. Comunque sia, a Miemo vivono oggi centinaia di individui, presumibilmente anch’essi latori della stessa caratteristica genetica dei mufloni del Giglio, anche se venisse confermata l’assenza di questa nelle popolazioni attuali di Sardegna e Corsica. Non pensiamo pertanto che esistano oggi gli estremi per una campagna mediatica negativa sull’iniziativa del Parco, che ci appare giustificata da appropriati scopi,
Folco Giusti di Massa
Juan Herrero
Sandro Lovari
Pier Giuseppe Meneguz
Silvano Toso
Francesco Dessì Fulgheri