Squali bianchi e balene, un nuovo modello per il turismo naturalistico marino

L’area marine protetta di Tenerife è diventata Whale Heritage Sites. Come far convivere turismo e salvaguardia del mare

[8 Marzo 2021]

Oggi il governo autonomo delle Isole Canarie ha annunciato con grande soddisfazione che «La a costa ovest di Tenerife è stata dichiarata sito Patrimonio per la Conservazione e Salvaguardia delle Balene (Whale Heritage Sites – WHS). È la prima area marina protetta europea a ottenere questo riconoscimento ed essere insignita della certificazione Responsible Watching dal World Cetacean Alliance, l’arcipelago si conferma tra le maggiori mete nel mondo per l’avvistamento dei cetacei».

Un riconoscimento che arriva a pochi giorni dalla pubblicazione su su Conservation Letters  dello studio “A multidisciplinary framework to assess the sustainability and acceptability of wildlife tourism operations”, da parte di un team di ricercatori australiani che analizza proprio il turismo legato alla fauna selvatica marina, comprese le  immersioni in gabbia con gli squali bianchi, che sta crescendo in popolarità». I ricercatori ricordano che questa nuova branca del turismo naturalistico fa molto discutere turisti, ambientalisti e scienziati : «Molti esprimono preoccupazioni sui possibili impatti negativi, specialmente quando si rivolge ad animali potenzialmente pericolosi, mentre i sostenitori citano i vantaggi socioeconomici per giustificare le attività di turismo naturalistico».

Alle Canarie, dove, lungo la costa che va da Faro di Rasca a Punta de Teno, un tratto di mare che si estende per 22 chilometri tra Tenerife e La Gomera, vive una colonia stanziale di oltre 500 globicefali e dove nell’arco dell’anno transitano 26 delle oltre 79 specie di cetacei conosciute, compresi delfini, orche e balenottere azzurre, il tutto a soli 20 minuti di navigazione da Tenerife, l’avvistamento di cetacei è qualcosa di quotidiano e normale. Nonostante questo (o proprio per questo) a Tenerife l’osservazione dei cetacei è regolamentata a livello legislativo da 20 anni e le imbarcazioni che fanno whale watching devono avere un permesso rilasciato dal ministero dell’ambiente del Governo delle Isole Canarie che spiega: «La normativa impone turni di avvistamento all’interno di un’area di 500 metri in cui possono navigare contemporaneamente solo tre barche che devono mantenere una distanza minima di 60 metri dalle balene».  Regole e vincoli che sono ben accetti da parte di s Mercedes Reyes, biologa e co-presidente dell’Associazione degli imprenditori per l’avvistamento e la conservazione dei cetacei di Tenerife (ACEST): «I turisti sono sempre più responsabili, ma è comunque necessario informarli puntualmente sulle regole che sussistono e far capire loro l’alto livello di salvaguardia nelle Canarie. Non conosco nessuno che torni dall’osservazione dei cetacei senza un grande sorriso e con un cuore pieno di felicità. Quando andiamo per mare dobbiamo esser consapevoli che stiamo entrando nel loro mondo, nel loro habitat: ecco perché l’unico modo per farlo è rispettare questi meravigliosi mammiferi».

Lo studio australiano evidenzia però che «In realtà, il turismo della fauna selvatica marina è complesso e richiede ai manager di bilanciare i vantaggi e gli svantaggi per determinare ciò che è accettabile per tali industrie». Per aiutare a rispondere alla domanda “il turismo della fauna selvatica è buono o cattivo?”, gli scienziati della Flinders University, del Georgia Aquarium e della Southern Cross University con l’aiuto di Aree marine protette e manager del turismo del South Australian Department for Environment and Water hanno realizzato uno strumento per valutare l’industria turistica marina della fauna selvatica che utilizza 26 fattori e 5 categorie per valutare la sostenibilità del settore, i suoi valori socioeconomici e gli effetti sulla conservazione, sul benessere degli animali e sugli impatti sull’ecosistema.

Lauren Meyer, responsabile ricerca, del Southern  Shark Ecology Group della Flinders University e del Georgia Aquarium evidenzia che «Riunire queste 5 categorie distinte in un unico quadro consente una valutazione più completa, combinando i vari pro e contro tipici delle industrie del turismo naturalistico».

Un altro autore dello studio, Charlie Huveneers  della Flinders University, aggiunge che «L’ultimo studio fornisce un inventario dei fattori rilevanti che incorporano una gamma di diversi settori industriali, conoscenze attuali e esigenze di ricerca».

Per mettere alla prova il nuovo quadro, gli autori lo hanno applicato  all’industria turistica delle immersioni in gabbia con gli squali bianchi  nella penisola di Eyre, nella South Australia, dove tre operatori ospitano fino a 10.000 subacquei all’anno con un giro d’affari di circa 8 milioni di dollari all’anno.

Lo studio sottolinea che «Il settore è ben regolamentato con limiti al numero di licenze, ai giorni in cui possono operare e alla quantità di esche che possono utilizzare».

Una recente ricerca guidata dalla Meyer ha scoperto che «Mentre le attrattive a base di cibo (esche e berley) non hanno avuto alcun impatto sulla  dieta degli squali bianchi  (nuotano ancora mangiando i loro normali soggetti da preda), possono influenzare la dieta di pesci e razze che vivono in questi luoghi al largo delle isole».

Il quadro realizzato dai ricercatori australiani ha anche consentito di fare un confronto dei costi e dei benefici per gli squali bianchi  rispetto agli altri pesci e razze, rivelando «L’accettabilità globale del settore e identificando le aree chiave per il miglioramento». La Meyer aggiunge che «I risultati dimostrano che mentre il sentimento dell’opinione pubblica varia verso le  immersioni in gabbia con gli squali bianchi , il contributo all’istruzione e alla consapevolezza pubblica e alla ricerca scientifica è elevato. I risultati di conservazione per specie bersaglio e non bersaglio sono elevati, grazie allo status protetto del Neptune Islands Group Marine Park Sanctuary Zone nel quale opera l’industria».

Quindi, anche in Australia, come nelle canarie e in moltissimi altri posti del mondo, l’istituzione di un’Area marina protetta è diventata occasione di sviluppo economico e i ricercatori dicono che «Non sorprende che l’industria turistica offra notevoli vantaggi economici regionali, ma mentre gli effetti sullo squalo bianco sono   stati ben gestiti, è stato identificato che il benessere dei pesci e delle razze richiede ulteriore attenzione».

Huveneers, che studia il comportamento e l’ecologia degli squali, compresi gli squali bianchi, da più di 10 anni, è convinto che «Il nuovo quadro mostra come una collaborazione efficiente tra scienziati, manager e industria aiuterà a ridurre al minimo gli effetti negativi sugli squali bianchi , ma ha inoltre evidenziato aree che potrebbero essere ulteriormente migliorate. In particolare, il quadro ha identificato le priorità chiave per la futura ricerca biologica, socioeconomica e sul patrimonio culturale, garantendo la gestione completa di un’industria divisiva».

Divisioni che non esistono più  nell’area marina protetta tra Tenerife e La Gomera che ha ottenuto la certificazione e che ospita 1.500 specie, comprese 10 autoctone, dove nuotano tursiopi e tartarughe Caretta caretta e dove, in un solo giorno si possono osservare anche 9 diverse specie tra balene e delfini. Ed è proprio sulla difesa del mare e sul turismo della fauna selvatica che le Isole Canarie puntano per una rapida ripresa dalla crisi del Covid-19.