Spedizione scientifica russa: drammatico spostamento dell’ecosistema nei mari dell’Artico

Trovate un gran numero di specie che prima erano inesistenti nelle remote e gelide acque artiche della Russia

[27 Novembre 2019]

I ricercatori che hanno partecipato alla recente spedizione transartica a bordo della nave da ricerca russa Professor Levanidov  hanno scoperto l’ippoglosso nero (Reinhardtius hippoglossoides) a oltre 200 metri di profondità nel Mare di Laptev e la grancevola artica (Chionoecetes opilio) nell’area nord-orientale del Mare della Siberia Orientale e del Mare di Chukchi. Hanno anche trovato il pollock dell’Alaska (Theragra chalcogramma) nelle acque del mare di Chukchi e un gran numero di grandi merluzzi polari (Boreogadus saida), sessualmente maturi, nel mare di Kara. Quest’ultimo pesce è praticamente estinto nel Mare di Barents dove hanno preso il suo posto altre specie provenienti da mari più meridionali.

Secondo l’istituto di ricerca russo VNIRO, «E’ il massiccio afflusso di acque dell’Atlantico nel 2019 che ha spinto la diffusione delle nuove specie nella regione». Infatti, tutte le specie menzionate vivono tradizionalmente in regioni marine lontane e sono migrate nei mari dell’estremo nord russo solo negli ultimi anni.

I ricercatori russi dicono che «I cambiamenti climatici dell’ultimo decennio hanno spazzato via i confini tra le masse d’acqua dell’Artico, dell’Atlantico e del Pacifico, comprese le rispettive caratteristiche di queste acque, e hanno portato allo spostamento della vita marina negli oceani».

Il professor Levanidov era partito a luglio è partito da Vladivostok sulla costa orientale della Russia e il 2 ottobre è arrivato a Murmansk. La nave da ricerca di proprietà del VNIRO ha condotto studi su ecosistemi unici, comprese risorse biologiche locali, ecosistemi, siti di alimentazione, ma anche sulle condizioni climatiche e idrografiche dell’Artico Russo.

La spedizione ha anche studiato l’età dell’acqua, raccogliendo 8 campioni nelle profondità marine di tutti i mari attraversati.

Al VNIRO evidenziano che «Per rilevare le microplastiche, che ora sono considerate uno dei principali inquinanti dell’oceano», è stata utilizzata una rete di tipo Manta di nuova concezione che ha raccolto campioni in 39 siti di tutti i mari artici e «Sono state rilevate differenze nella composizione del neuston (gli organismi che vivono sull’interfaccia aria-acqua, ndr) e nella quantità di microplastica lungo il percorso di ricerca». Alla fine del viaggio, tutti i campioni verranno consegnati per l’elaborazione presso il laboratorio VNIRO.

Invece, «Per la raccolta di campioni genetici sono state utilizzate le moderne tecnologie che consentono di stabilire la presenza di idrobionti studiando l’acqua di mare usando metodi molecolari (aqua DNA – eDNA). Ogni organismo, indipendentemente dalle sue dimensioni, lascia una “traccia” sotto forma di microparticelle di muco, scaglie, sangue, che vengono conservate in acqua da alcune ore a diversi giorni. Per l’analisi del DNA dell’acqua, i campioni sono stati prelevati da due ambiti: vicino alla superficie e sul fondo, quindi sono stati filtrati e congelati a una temperatura di -20° C per il trasferimento al laboratorio VNIRO».

La spedizione russa ha così raccolto e congelato oltre 400 kg di campioni. .

Tuttavia, si può già affermare che i dati ottenuti nel corso della ricerca scientifica nei mari del nord possono aumentare significativamente le previsioni relative alle riserve di risorse per l’organizzazione della pesca e rafforzare la posizione della Russia nel campo delle raccomandazioni per la gestione delle risorse biologiche acquatiche dell’Artico ai sensi dell’Accordo sulla prevenzione della pesca non regolamentata nell’area aperta mari della parte centrale dell’Oceano Artico, firmati nell’ottobre 2018 e altre convenzioni.

Una mole di campioni che richiederà molto tempo per essere studiata completamente ma, in base ai primi risultati, il direttore dell’istituto, Kirill Kolonchin, ha già anticipato che «La spedizione transartica è la prima in assoluto nel suo genere per la ricerca marina e sulla pesca in Russia. Le risorse marine identificate durante la spedizione probabilmente porteranno presto all’avvio della pesca commerciale nella zona. Già ora possiamo confermare che i dati ottenuti nel corso delle spedizioni di ricerca nelle acque settentrionali ci consentono di aumentare in modo significativo la previsione per le risorse di cattura e di conseguenza rafforzare la posizione della Russia per quanto riguarda la gestione delle risorse biologiche dell’Artico ai sensi dell’accordo internazionale per la prevenzione Pesca d’altura non regolamentata nell’Oceano Artico centrale».

Ma i problemi per la ricerca scientifica marina russa non mancano: il giornale norvegese Barents Observer rivela che «Dopo la spedizione di quest’anno, si ritiene che il professor Levanidov rimarrà a Murmansk per unirsi alla flotta regionale di navi per la ricerca nel settore della pesca. Per diversi anni, i ricercatori marini di Murmansk hanno avuto un disperato bisogno di nuove navi. Nel 2018, i russi non sono riusciti a prendere parte a una spedizione congiunta con i colleghi norvegesi quando la loro nave 35enne Vilnyus si è rotta e ha dovuto attraccare».