Le piante marine aiutano a far respirare la fauna in un mare sempre più caldo

Università di Padova e Kaust: sono la camera iperbarica degli animali marini

[17 Settembre 2019]

Secondo lo studio “Oxygen supersaturation protects coastal marine fauna from ocean warming”, pubblicato recentemente su Science Advances da un team di ricercatori del dipartimento di biologia dell’università di Padova e del Red Sea Research Center della King Abdullah University of Science and Technology (Rsrc – Kaust), la ridotta disponibilità di ossigeno negli habitat acquatici è una minaccia crescente per gli ecosistemi marini di tutto il mondo. La mancanza di ossigeno innesca diverse azioni fisiologiche negli animali marini, mettendo generalmente in pericolo la loro omeostasi e rendendoli vulnerabili alle modifiche nell’ambiente, come temperatura, salinità e contaminanti.

All’università di Padova sottolineano che «Il Mar Rosso rappresenta un laboratorio naturale unico in cui testare le ipotesi di Marco Fusi (Kaust) relative al cambiamento climatico e al riscaldamento globale. L’ambiente del Mar Rosso ispira anche soluzioni a preesistenti problemi di ectoterma/alta temperatura. I risultati della ricerca del team interdisciplinare possono aiutare a evidenziare come gli altri mari risponderanno agli aumenti delle temperature marine globali causati dai cambiamenti climatici». I ricercatori ritengono che «L’iperossia sia un aspetto importante da prendere in considerazione quando si tratta del futuro sviluppo costiero sostenibile. Prevedono inoltre che l’effetto di questo meccanismo sottostimato abbia una rilevanza a livello oceanico».

Il team di ricerca ha passato gli ultimi 12 mesi a studiare l’impatto del riscaldamento degli oceani sulla sopravvivenza e l’idoneità degli organismi marini nel Mar Rosso e ha scoperto che «Negli habitat costieri, come quello del Mar Rosso, gli animali vivono in stretta associazione con organismi fotosintetici il cui apporto di ossigeno supporta le loro esigenze metaboliche e possono compensare il riscaldamento acuto».

Secondo Alberto Barausse, del Dipartimento di biologia dell’università di Padova, «I nostri dati mostrano che i livelli di ossigeno disciolto fluttuano fortemente nell’acqua del Mar Rosso, raggiungendo l’iper-ossigenazione durante le ore più calde del giorno. L’ossigeno disciolto può anche essere pari al 200-250% della concentrazione di saturazione, un valore enorme. Questo eccesso di ossigeno è prodotto dagli organismi foto-sintetizzatori e trasforma l’acqua nell’equivalente di una camera iperbarica nelle ore più calde».

Fusi  spiega che «La ridotta disponibilità di ossigeno innesca molti processi fisiologici negli animali marini che di solito mettono a repentaglio la loro omeostasi. La disponibilità di ossigeno negli habitat acquatici può rappresentare una grave minaccia per le specie ectotermiche, poiché è strettamente connessa alla loro capacità di sopportare il riscaldamento e lo stress termico, e alla fine influenza la sopravvivenza dell’organismo. Il nostro documento getta una nuova luce sul ruolo dell’ossigeno nella tolleranza termica degli animali acquatici che vivono nelle acque costiere. Questa scoperta può aiutare a spiegare perché — anche nel mare più caldo del mondo, il Mar Rosso⁠ — l’acqua costiera ospita una fiorente diversità di specie marine che vanno dai pesci alle stelle marine e dai molluschi alle aragoste e così via».

Secondo Fusi, «Il nostro studio ha dimostrato che gli ecosistemi costieri fotosintetici svolgono un ruolo importante nella protezione della fauna marina. Precedenti studi hanno dimostrato che questi ecosistemi tamponano l’acidificazione degli oceani rimuovendo l’anidride carbonica e, con il nostro studio, dimostriamo che aggiungendo ossigeno all’acqua, questi ecosistemi estendono la tolleranza termica fino a 3° C delle specie ectotermi loro associate, proteggendola da eventi di caldo e dalle temperature più elevate. Tuttavia, lo sforzo per proteggere questi ecosistemi in tutto il mondo è ancora scarso e in gran parte inefficace. Speriamo che con questo contributo, possiamo creare consapevolezza dei molteplici benefici di un ambiente costiero sano al fine di pianificare una gestione costiera efficace e aumentare la sostenibilità e protezione di tali importanti risorse naturali, specialmente in mari come il Mar Rosso».

Lo studio ha le sue origini negli anni trascorsi da Fusi a immergersi nelle foreste di mangrovie e nelle praterie marine lungo costa dell’Oceano Indiano durante il suo dottorato di ricerca. Il ricercatore italiano conferma: «Ho passato molto tempo a studiare gli effetti del riscaldamento globale sulle specie chiave delle mangrovie. Mi ha sorpreso che alcune di queste specie acquatiche, durante la parte più calda della giornata – invece di trovare riparo nelle loro tane o sotto il baldacchino della foresta per evitare le alte temperature – si riparassero densamente nelle pozze di marea o in alcune parti del mangrove creek popolato da piante marine e altre alghe, dove la temperatura dell’acqua raggiungeva regolarmente i 40° C, vicino al limite letale per queste specie. Ho pensato: “Deve esserci qualcos’altro”, quindi ho iniziato a misurare altri parametri e ho scoperto che questi “rifugiati” erano altamente iperossici, con saturazione di ossigeno nell’acqua fino al 200-250%. Il legame tra le mie osservazioni e l’effetto dell’iperossia è stato abbastanza immediato. Quando mi sono unito al Kaust Esm Lab, ho proposto [l’ipotesi di ricerca al professor Daffonchio … Insieme al dott. Folco Giomi e al professor Duarte e al laboratorio del professor Agusti, abbiamo testato l’ipotesi che livelli più alti di ossigeno nell’acqua fossero l’elemento chiave … ampliando la tolleranza termica degli animali marini che vivono in associazione con gli  ecosistemi marini fotosintetici come le mangrovie, le alghe marine e le barriere coralline».

Giomi, con un trascorso anche all’ateneo patavino, aggiunge: «Il passo successivo dello studio è stato ricreare in laboratorio queste condizioni ambientali per testare l’effetto dei cambiamenti di temperatura e ossigeno sulla fisiologia di granchi, cetrioli di mare, stelle marine, bivalvi e pesci. Il risultato degli esperimenti in acquario è stato sorprendente: gli animali esposti ad acqua ricca di ossigeno durante il giorno sono molto più resistenti allo stress termico, ad esempio sono in grado di sopravvivere a ondate di calore con temperature fino a 4°C maggiori rispetto ad animali nell’acqua con il livello di ossigeno che si ha in assenza di fotosintesi. Inoltre, l’acqua iper-ossigenata permette agli animali di sostenere un metabolismo migliore, persino di notte quando i livelli di ossigeno disciolto scendono naturalmente».

Fusi conferma: «Abbiamo dimostrato un chiaro accoppiamento tra i cambiamenti nella temperatura dell’acqua e l’ossigeno disciolto negli habitat costieri vegetati nel Mar Rosso e dimostriamo sperimentalmente che l’iperossia durante le ore più calde della giornata migliora il range di sopravvivenza degli animali marini  a temperature dell’acqua estreme. Abbiamo dimostrato sperimentalmente che la sovrasaturazione di ossigeno estende la sopravvivenza a temperature più estreme per 6 specie di quattro phyla. Abbiamo chiarito le basi meccanicistiche della tolleranza termica estesa, dimostrando che l’iperossia soddisfa l’aumento della domanda metabolica alle alte temperature. Inoltre, questi risultati possono anche spiegare uno dei meccanismi con cui gli animali possono essere protetti da eventi anomali come le ondate di caldo e questo studio migliora la nostra comprensione della variabilità giornaliera dell’ossigeno e delle temperature, un aspetto spesso trascurato in molti articoli che trattano di specie marine e cambiamenti climatici. Mentre molti studi si basano sul test delle variazioni di temperatura, ce ne sono pochi che testano le diverse concentrazioni di ossigeno. Con questo studio, miriamo a spianare la strada all’importanza di approcci ecologicamente rilevanti i cui risultati produrrebbero previsioni più efficienti e affidabili per prevedere efficacemente gli scenari dei cambiamenti climatici».

All’università di Padova sono convinti che «Questo studio sottolinea l’importanza di proteggere e ripristinare ambienti costieri in pericolo come le praterie di fanerogame, le foreste di mangrovie e le barriere coralline, la cui flora acquatica è fondamentale per proteggere gli altri organismi marini dal riscaldamento globale».

Fusi conclude: «Sono state adottate soluzioni negli ambienti urbani terrestri per fornire ambienti più sani e più puliti⁠, come il progetto visionario di  La Fabbrica dell’Aria, il primo prototipo di un concetto innovativo che riduce l’inquinamento interno, creato del neurobiologo Stefano Mancuso e dal  PNAT, un collettivo composto da designer, architetti e biologi. Speriamo che questo studio possa ispirare sistemi simili per migliorare la salute delle nostre acque costiere».