Scoperto il primo branco di dinosauri italiano

Trovati i fossili di almeno 7 esemplari di Tethyshadros insularis, tra cui “Bruno”, il più grande e completo dinosauro mai rinvenuto in Italia

[3 Dicembre 2021]

Lo studio “An Italian dinosaur Lagerstätte reveals the tempo and mode of hadrosauriform body size evolution” da un team internazionale di ricercatori a forte presenza italiana, rivela la scoperta di almeno 7  esemplari di Tethyshadros insularis, tra il quali “Bruno”, il più grande e completo dinosauro mai rinvenuto in Italia.

All’università di Bologna, che ha partecipato allo studio con Federico Fanti e Marco Muscioni del Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali spiega che i resti degli esemplari di quelli che componevano il primo branco di dinosauri mai trovato in Italia  risalgono a 80 milioni di anni fa, 10 milioni di anni più antichi di quanto si era ipotizzato inizialmente, e che «Erano più grandi di quanto pensato finora e vivevano in un ecosistema unico sulle sponde di un antico oceano».

I ricercatori ricordano che «Prima di oggi solo un altro esemplare era venuto alla luce nel sito del Villaggio del Pescatore, nei primi anni ’90: un piccolo dinosauro, soprannominato “Antonio”, le cui dimensioni ridotte avevano fatto ipotizzare che Tethyshadros insularis potesse essere una specie “nana”. Ora, la scoperta di Bruno – più grande e con proporzioni più massicce – dimostra che Antonio fosse semplicemente un individuo giovane. Anzi, le strutture ossee analizzate al microscopio dai ricercatori mostrano che Bruno potesse ancora crescere al momento della morte».

Il principale autore dello studio, Alfio Alessandro Chiarenza del Grupo de Ecología Animal, Centro de Investigacion Mariña dell’Universidade de Vigo, sottolinea che «Questi nuovi scheletri ci permettono di capire meglio la storia evolutiva di un gruppo di dinosauri chiamati hadrosauriformi: i dinosauri a becco d’anatra a cui appartengono Bruno e Antonio”,. “Siamo riusciti a ricostruire come questi dinosauri siano arrivati fino nel cuore dell’attuale Mediterraneo durante il periodo Cretaceo, circa 80 milioni di anni fa: se un tempo di pensava ad un mondo fatto solo di piccole isole tropicali, poco ospitali per i grandi dinosauri, nuovi dati dimostrano come ampie terre emerse connesse con Asia ed Europa occidentale permettessero ad animali come quelli del Villaggio del Pescatore di sopravvivere e, cosa ancora più importante, di fossilizzarsi giungendo intatti fino ai giorni nostri».

Fra 230 e 66 milioni di anni fa, quello che ora è il Mar Mediterraneo sarebbe stata difficile da tracciare in una mappa, come spiegano i ricercatori era «Un insieme di piccole isole lontane dalle grandi masse continentali europee, africane e asiatiche, e di conseguenza un luogo davvero poco adatto ad ospitare grandi branchi di questi animali. Non a caso, per lungo tempo i geologi hanno considerato l’area che oggi è il Villaggio del Pescatore come un’isola situata nel mezzo di un antico oceano chiamato Tetide».
Il sito di Villaggio del Pescatore diventò famoso alla fine degli anni ’80, quando due appassionati di geologia, Alceo Tarlao e Giorgio Rimoli, si imbatterono in qualcosa di inaspettato: resti fossilizzati di ossa. Qualche anno più tardi poi, nel 1994, una studentessa di geologia, Tiziana Brazzatti, durante un sopralluogo nella cava, scoprì il primo scheletro completo del sito. Le successive indagini svelarono a chi appartenevano quelle ossa ma, come spiegano all’UniBo, «La caccia al dinosauro si rivelò particolarmente complicata, con lame diamantate, ruspe e bulldozer per estrarre gli enormi blocchi di dura roccia calcarea che preservavano i resti. E i problemi continuarono anche in seguito: per svelare i reperti fossilizzati, le grandi rocce dovettero infatti affrontare lunghi bagni nell’acido. E’ solo a questo punto che affiorò Antonio: un dinosauro a becco d’anatra, lungo quasi 5 metri, perfettamente preservato. Il primo esemplare di Tethyshadros insularis. La datazione del reperto inizialmente fissata a 70 milioni di anni fa, le dimensioni relativamente ridotte del dinosauro e il fatto che il Villaggio del Pescatore in quell’epoca lontana fosse un’isola in mezzo all’oceano, fece ipotizzare che Antonio appartenesse a una specie “nana”, adattata per sopravvivere alle scarse risorse ambientali delle piccole isole. La scoperta ora di altri esemplari, e in particolare di Bruno – più grande e con proporzioni più massicce di Antonio – ha portato però gli studiosi a rivedere questa ipotesi».

Infatti, come spiega Fanti, «Bruno appartiene alla stessa specie di Antonio, anche se è più grande e massiccio: il motivo è semplice, non hanno la stessa età. Bruno è più grande, adulto, di Antonio, e proprio come in qualsiasi specie che conosciamo oggi ha un aspetto diverso proprio a causa della sua età: insieme, questi due animali, ci mostrano un aspetto molto raro da vedere nei dinosauri, ovvero come cambiavano mano a mano che crescevano».
Inoltre, la nuova datazione, che fa risalire i dinosauri ritrovati a 80 milioni di anni fa, consente ai ricercatori di dedurre che «A quell’epoca l’area del Villaggio del Pescatore non fosse un’isola, ma una terra che si affacciava sull’oceano della Tetide ed era connessa con l’Europa occidentale e con l’Asia: ampie zone emerse che rappresentavano vie migratorie per i grandi animali terrestri come i dinosauri».

Fanti conclude: «Il sito del Villaggio del Pescatore rappresenta un’occasione unica per far conoscere i dinosauri agli italiani, per far capire come la paleontologia e la geologia facciano parte del nostro patrimonio culturale. Rappresenta allo stesso tempo un traguardo e un punto di partenza per capire la storia dei dinosauri e di tutta l’area mediterranea di milioni di anni fa».