Respirare la foresta fa bene

Studio Cnr, Lamma e Cai: come varia e come prevedere la concentrazione di olii essenziali

[30 Dicembre 2019]

Il recente studio ”Economic value of protected areas via visitor mental health”. Pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori australiani della Griffith University, valuta in almeno l’8% del Pil mondiale il valore economico delle aree protette, considerando soltanto gli effetti sulla salute mentale dei visitatori. Partendo da questi dati, lo studio ”Temporal and Spatial Variability of Volatile Organic Compounds in the Forest Atmosphere”. Pubblicato sul Journal of Environmental Research and Public Health da Francesco Meneguzzo, Lorenzo Albanese e Federeica Zabini del Consiglio nazionale delle ricerche – HCT-Agrifood Laboratory dell’Istituto per la bioeconomia (Cnr-Ibe), e Giorgio Bartolini del Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile (Consorzio Lamma costituito tra Cnr e Regione Toscana), in collaborazione con il Club alpino italiano (Cai) si è occupato della concentrazione dei composti bioattivi presenti nell’aria forestale emessi dalle piante e dal suolo e di come beneficiarne al meglio.

Al Cnr-Ibe spiegano che «I composti organici volatili biogenici – gli oli essenziali emessi dalle piante e dal suolo – sono tra i principali elementi che concorrono a rendere l’ambiente forestale benefico per la salute delle persone, come dimostrato da numerosi studi scientifici che hanno esaminato la risposta fisiologica e psicologica a seguito dell’inalazione delle sostanze volatili aromatiche presenti nelle foreste. Non tutti i siti e i percorsi forestali, né tutte le stagioni o momenti della giornata sono però uguali, anzi le concentrazioni di questi composti cambiano nel tempo e nello spazio molto più rapidamente di quanto ritenuto finora. Tali concentrazioni sono tuttavia in gran parte prevedibili, consentendo di scegliere le situazioni migliori per sfruttare gli effetti benefici di tale ambiente».

La Zabini, ideatrice della ricerca, sottolinea che «L’interesse per le conifere e la loro valorizzazione del nostro laboratorio ci ha indirizzati verso lo studio delle proprietà trasferite da queste piante nell’atmosfera, oggetto tra l’altro della Terapia forestale, pratica che, sotto assistenza psicologica e medica, in paesi come Giappone e Corea è sostenuta dai servizi sanitari con risultati in termini psico-fisiologici riportati da una crescente produzione scientifica. Il nostro studio potrebbe quindi rendere più efficaci queste pratiche emergenti. Finora, infatti, nessuno ha pensato a ottimizzare questa pratica in funzione delle proprietà dell’atmosfera forestale. Un anno fa abbiamo cominciato a testare le proprietà bioattive degli aghi di abete bianco, ottenendo mediante cavitazione idrodinamica un estratto con proprietà antiossidanti significative».

Meneguzzo, del Cnr-Ibe e del Comitato scientifico toscano “Fiorenzo Gei” del Cai, per il quale sta conducendo il progetto Riforest, rccongta come si è svolta la ricerca: «Armati di zaino, scarponi e di un “naso elettronico”, da agosto a ottobre di quest’anno abbiamo percorso strade forestali e sentieri del Cai sull’Appennino Tosco-Emiliano, in particolare tra la Foresta del Teso in provincia di Pistoia e l’Abetina Reale in provincia di Reggio Emilia. Abbiamo così scoperto che la concentrazione dei composti organici volatili emessi da piante e suolo cambiava radicalmente nel giro di meno di un’ora e di poche centinaia di metri. Secondo le evidenze emerse incrociando i dati biochimici raccolti in foresta con i dati meteorologici, emerge che gli orari migliori per cogliere gli effetti benefici della foresta sono il primo mattino e le ore dopo mezzogiorno, in giornate soleggiate e con vento debole. E che in montagna le foreste di conifere sono più efficienti di quelle costituite da solo faggio».

Albanese conclude: «Occorreranno altri studi prima di poter costruire un modello generale per la selezione ottimale di siti, percorsi, stagioni e orari, dettagliando la composizione dei composti bioattivi presenti nell’aria forestale e correlandoli ai rispettivi effetti già verificati sulla salute delle persone. Il nostro studio offre però una metodologia innovativa e ampiamente applicabile, oltre che i primi risultati».